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"Vedrete che Boonen
alla Sanremo"

Tornado Tom si confessa e svela un obiettivo: vincere la Classicissima. "Sento che questo è l'anno giusto. Il Mondiale di Varese? Ci sto pensando...

Tom Boonen è nato il 15 ottobre 1980 a Mol (Belgio). Ansa
Tom Boonen è nato il 15 ottobre 1980 a Mol (Belgio). Ansa
BENICASSIM (Spagna), 17 gennaio 2008 - "Non esistono due Boonen. Esiste un uomo che ogni tanto deve tirare il fiato e lasciare riposare soprattutto la testa. Il 2005, con le vittorie a Fiandre, Roubaix e Mondiale, è stato incredibile. Ma non avete idea a quali pressioni sono stato sottoposto dopo. Nel 2006, comunque, ho vinto 21 gare Uci: tante. Della scorsa stagione sono contento. Mi è mancata la grande vittoria, ma ho centrato 11 corse. A Fiandre e Roubaix sono andato forte e la maglia verde del Tour è un grande traguardo: per me è più importante di una grande classica. Poi non sempre posso essere a tutta. Corro circa 100 giorni all’anno, di questi 60 per vincere. E una ventina di volte vinco. Non è poco".
Parole di Tom Boonen, 27 anni, idolo sportivo del suo Belgio, atteso alla stagione della verità. Nel suo palmares ci sono due Fiandre, una Roubaix e una maglia iridata, ma le ultime due annate, in termini di qualità, forse non sono state all’altezza delle attese. C’è da dire che il 2007 di Tornado Tom è stato contrassegnato da problemi fisici. "Ho cominciato e finito la stagione col mal di schiena, ma erano due problemi differenti. All’inizio ho avuto problemi con la misura della bici. Non era lei che doveva adattarsi a me, ma viceversa. Mi hanno dato una bici più corta di un centimetro e mezzo rispetto alla mia misura e stare così "gobbo" era tremendo. Poi hanno fatto un telaio adatto a me e le cose sono migliorate. L’altro guaio è capitato alla Vuelta per una caduta e mi ha fatto saltare il Mondiale di Stoccarda".
Sono state le pressioni a farle scegliere di trasferirsi a Montecarlo?
"A Montecarlo ho molto meno stress e il tempo è una meraviglia. In Belgio non potevo più uscire di casa. Ma appena chiudo la carriera torno a casa: sono fiammingo, orgoglioso delle mie radici".
A Montecarlo vive anche Bettini. Vi allenate assieme?
"No, Paolo non lo incontro mai. Mi alleno sempre con Steegmans, alcune volte con Pozzato".
Montecarlo per molti significa anche bella vita: auto, donne...
"La Corvette l’ho venduta a Leif Hoste, ma gli è durata poco. La relazione con Sophie (la sedicenne olandese figlia dell’ex pro' Leo Van Vliet, conosciuta in vacanza a Curaçao; ndr) è già finita. Non faccio neanche più pubblicità. Quindi non mi resta che pedalare. Ma sono contento così, resto più concentrato. Vedrete alla Sanremo".
Dove debutterà?
"Al Giro del Qatar".
In Qatar negli ultimi due anni ha vinto 8 tappe su 11. Non è partito troppo forte?
"Forse sì. Quest’anno proverò a partire più piano. Però in passato non ho svolto una preparazione specifica, è venuto così: il Qatar non è un obiettivo".
Il primo grande traguardo sarà la Sanremo. Poi?
"Per la Sanremo potrebbe essere l’anno giusto. Ho buone sensazioni e mi sto facendo preparare una bici particolare, diciamo primaverile. Poi ci saranno, come al solito, Fiandre e Roubaix".
Come preparerà queste corse?
"Dopo il Qatar, Giro di California, Het Volk, Kuurne-Bruxelles-Kuurne e Parigi-Nizza".
Per Sanremo ci si prepara meglio alla Tirreno-Adriatico...
"Ma ho tanti compagni di squadra italiani che vogliono fare bene alla Tirreno, quindi andrò come al solito in Francia".
Varese e Pechino le dicono niente?
"Al Mondiale ci penso. Se dopo il Tour la testa tiene... L’Olimpiade è un traguardo più difficile, anzi impossibile. Per quel giorno vedo favoriti Contador, Evans...".
In Belgio hanno parlato di un suo possibile impegno nel quartetto in pista.
"Subito dopo il Tour sono morto. Finito. Dove volete che vada..."
La sponsorizzazione della Quick Step scade a fine anno. La sua immagine e i suoi risultati potrebbero essere decisivi nella ricerca di nuovi partner.
"È un onore e una grande responsabilità. Vincere subito, nelle classiche, potrebbe essere importante per tenere il gruppo unito e costruire un futuro perché di squadre belle come la Quick Step in giro non ce ne sono".
dal nostro inviatoClaudio Ghisalberti

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