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Vandenbroucke confessa
"Volevo uccidermi, mi curerò"

Il belga, dimesso dall'ospedale di Magenta, ammette: "Non vedevo più futuro, ho capito di avere sbagliato. Ho ritrovato l'affetto dei genitori, torno in Belgio"

Vandenbroucke, 32 anni, all'uscita dell'ospedale di Magenta. Bettini
Vandenbroucke, 32 anni, all'uscita dell'ospedale di Magenta. Bettini
MAGENTA (Milano), 12 giugno 2007 - Esce dal pronto soccorso dell’ospedale Fornaroli intorno alle 13.15 di lunedì. Ha la barba incolta, i capelli biondi arruffati e l’aria dimessa di chi ha toccato il fondo e non trova più nemmeno il pudore per difendersi. Quelli di Frank Vandenbroucke, l’ex ragazzo prodigio che doveva diventare il nuovo Merckx, sono gli occhi smarriti e tristi di un uomo che ha bisogno di aiuto. Viene a stringere la mano al cronista come fosse un amico, abbozzando un sorriso perso. Poi racconta la sua verità.

Frank, che cosa l’ha spinta a tentare il suicidio?
"Per chi non conosce la depressione è difficile capire quello che ho vissuto nelle ultime settimane e in particolare negli ultimi giorni prima di mercoledì. Non vedevo più futuro, volevo farla finita con questa vita".

Ricorda cos’è successo?
"Ricordo veramente poco di quello che ho fatto. So solo di essere arrivato all’ospedale di Magenta in uno stato di forte ipoglicemia, ma per fortuna la sera stessa mi sono riavuto grazie alle prime cure".

Altre volte ha detto di aver assunto farmaci e droga per dimenticare.
"L’ho fatto anche stavolta".

È vero che ha cercato di tagliarsi le vene?
"Sì, ho provato a tagliarmi i polsi, perché volevo morire. E di questo mi pento, perché sono cristiano e ho capito di avere sbagliato".

Come sono stati i giorni in ospedale?
"Non è stato certo piacevole, ma mi hanno curato benissimo. E il grande Palmiro (il team manager Masciarelli, che ieri è partito da Chieti per prenderlo e portarlo in Belgio; ndr) mi ha telefonato continuamente. Devo ringraziare lui, suo nipote Mimmo e il mio amico Mario per quanto mi hanno aiutato".

Che cosa farà adesso Vandenbroucke?
"In ospedale ho riflettuto molto e ho pensato che la cosa più giusta sia tornare in Belgio per farmi curare. Ero qui in Italia solo per mia moglie Sarah e mia figlia Margaux, ma ormai le ho perse. Mia moglie non mi vuole più e io ho un’altra figlia in Belgio che mi manca molto (Cameron, nata dalla precedente relazione con Clotilde; ndr)".

Sua madre Chantal e suo padre Jan Jacques sono pronti a riaccoglierla.
"Aver ritrovato in questi giorni l’affetto dei miei genitori, con cui i rapporti si erano degradati, mi ha riempito di gioia. All’inizio andrò a casa loro, a Ploegsteert".
Si affiderà a una clinica specializzata nella cura delle dipendenze?
"Non lo so. Mi affiderò a Jef Brouwers, lo stesso psicologo che mi curò nel 2002, e alla dottoressa Sophie Mulaert. Devo ritrovarmi prima come uomo e poi, forse, come corridore. Non so quanto tempo ci vorrà, immagino molto, ma sogno ancora di poter tornare un giorno a correre in bici".

Qualcuno in Belgio si è detto disposto a offrirle un posto di lavoro e un futuro lontano dal ciclismo.
"Mi hanno fatto piacere le tante testimonianze di solidarietà che ho ricevuto dal mio Paese. Ma non mi arrendo: io voglio correre".

Ha rimpianti per quello che ha fatto?
"Non ho fatto male a nessuno, solo a me stesso. Ora voglio guarire e dimostrare a tutti che sono una persona perbene".

Sua moglie Sarah ha confessato alla Gazzetta che lei la picchiava e l’ha minacciata.
"Mia moglie è la persona che amo di più al mondo - dice Frank con la voce tremante -. Se ha rilasciato certe dichiarazioni è perché anche lei è disperata. Per questo la perdono. È vero, lei ha sofferto con me per 7 anni. Ma desidero che si ricostruisca una vita come donna".

Spera che un giorno possa perdonarla?
"Non so se succederà mai. Sei mesi fa abbiamo cercato di avere un altro figlio, ma non ci siamo riusciti. Ricordo ancora le sue lacrime. Poi io sono andato in Abruzzo da Masciarelli e lei è rimasta a Vermezzo. Parlavamo anche di prendere una casa assieme sul lungomare di Pescara. All’improvviso, però, tutto è cambiato, non so perché".

Crede di aver pagato un prezzo troppo alto?
"Mi fa ridere chi, come Riis, sta confessando di aver preso Epo dieci anni fa, restando impunito. Sono ipocriti. Io, per molto meno, sono stato perseguitato dalla giustizia belga per 7 anni e ho perso la mia famiglia".

Quindi sale sull’auto di Masciarelli e si mette in viaggio. Torna a casa, forse verso una nuova vita.
dal nostro inviatoLuigi Perna

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