LETIZIA BORGHESI: «VI RACCONTO LA MIA NUOVA VITA "AMERICANA"...»

INTERVISTA | 15/03/2022 | 07:50
di Giorgia Monguzzi

Letizia Borghesi è una ragazza riservata, ama dimostrare quello che vale in bici, testa bassa e tanto allenamento per raggiungere un sogno grande. Dopo tre anni in seno al team Vaiano, ha iniziato il 2022 con una rivoluzione totale, l’approdo nel team Ef Education Tibco Svb e l’inizio di un’avventura tutta nuova nel World Tour, finalmente accanto alle grandi e l'impegno in tutte le gare che contano. La ventitreenne trentina di Rallo si è fatta conoscere per la vittoria, nel 2019, della tappa del Giro d’Italia donne con arrivo a Carate che ha dato avvio ad una serie di ottimi risultati e di piazzamenti anche nelle classiche del nord.


La sfortuna ha sempre fatto il suo gioco, sembra proprio che Letizia ne sia abbonata, dopo le due buone prestazioni in Belgio era pronta per il colpaccio alle strade bianche, ma una foratura l’ha esclusa dai giochi. La trentina coglie ogni gara per imparare, tassello dopo tassello acquisisce un’esperienza fondamentale, pedala e studia, studia e pedala, non tralasciando nulla, nemmeno il suo futuro. Letizia Borghesi ci ha raccontato il suo inizio stagione e gli impegni futuri svelandoci qualche retroscena e anche come procedono i suoi studi in nutraceutica.


Anno nuovo, squadra nuova, come ti trovi con la EF Education Tibco Svb?
«Per ora posso dire che mi trovo davvero bene, c’è un clima sereno e un’organizzazione pazzesca. Siamo state in ritiro ad inizio febbraio a Calpe, è stata la prima occasione per conoscerci di persona e fare gruppo. Sono l’unica italiana e all’inizio non è stato facile, ma le mie compagne mi hanno dato veramente un grande supporto; sono simpatiche ed hanno la testa sulle spalle, hanno già dimostrato che in corsa possono fornirmi un supporto fondamentale».

Con l’inglese come sta andando?
«Lo scoglio linguistico mi preoccupava, avevo studiato inglese a livello scolastico, ma parlarlo in una squadra americana e con atlete americane è un tantino diverso. Loro parlano veramente veloce e spesso usano dei diminutivi, ma dopo un minimo spaesamento sto facendo passi da gigante. In ritiro ero in stanza con Elizabeth Banks, è inglese ed è assolutamente l’anima del gruppo, con la sua simpatia trascina tutti quanti. Lei mi ha aiutato molto, abbiamo messo in piedi uno scambio equo: lei mi aiutava in inglese ed io in cambio le facevo ripetizioni di italiano, devo dire che è una grande fan della nostra lingua, durante il primo lockdown si è messa ad impararlo insieme al marito».

Come sta andando questo inizio di stagione?
«Già nelle prime corse in Belgio ho avuto delle ottime sensazioni e mi rendo conto che rispetto all’anno scorso sono salita di diversi step. Correre in una squadra World Tour cambia molto, il  team più organizzato e sicuramente ognuna di noi maggiori responsabilità, inoltre si può essere al via delle corse più importanti del calendario con maggiori chilometraggi e grandi campionesse. Ho fatto solo tre gare ma già mi sento migliorata e spero di proseguire così per tutta la stagione».

Ti sei presentata alle strade bianche con un’ottima forma, poi però è arrivata la sfortuna…
«A Siena avevo le gambe buone e mi sentivo proprio in giornata; dopo il quinto settore ero nella prima parte nel gruppo, non stavo soffrendo troppo, anzi stavo pensando di provare a conservare qualcosa per il finale. Poi però a circa 44 km dall’arrivo nel tratto d’asfalto subito dopo i binari del treno ho bucato e a quel punto è finita la mia corsa. Ho cercato di recuperare, mi sono lanciata all’inseguimento del gruppo e ad un certo punto credevo di averlo raggiunto, ma la corsa è letteralmente scoppiata ed è stato impossibile. Praticamente ho fatto una lunghissima cronometro, c’era vento contrario ed avevo una rabbia in corpo incredibile, ho pensato di mollare, ma poi ho avuto dentro di me qualcosa di ancora più forte che non mi ha fatto mai mollare».

E non è la prima volta che le Strade Bianche per te finiscono con l’amaro in bocca…
«È una corsa che amo, ma sembra proprio che per me sia maledetta, ogni anno c’è sempre qualcosa. Nella scorsa edizione ho sbattuto con la faccia contro il guard rail ed ho dovuto ritirarmi, nel 2020 ho bucato anche in quell’occasione e sono stata costretta a rincorrere».

Quali saranno le tue prossime corse?
«Il primo appuntamento è con il Trofeo Binda di Cittiglio, poi inizia la mia campagna del nord con Gent Wevelgem, Giro delle Fiandre, Parigi Roubaix e Scheldeprijs».

E se dovessi scegliere la tua corsa preferita o quella che attendi più di tutte?
«Le corse del nord mi piacciono tutte quante, c’è lo sterrato, la fatica, penso che siano molto adatte a me anche per la mia esperienza nel ciclocross. Quella che però mi affascina di più e che sicuramente non vedo l’ora di correre è la Roubaix, per me sarà totalmente una novità e me la immagino come una corsa affascinante ma anche al massacro. Sono dell’idea che alla fine o la ami o la odi, se sei portato per il pavè ti diverti, altrimenti soffrirai sicuramente».

Ad inizio anno sei stata in ritiro con la Nazionale Italiana. Che esperienza è stata?
«E’ stata la mia prima volta con la Nazionale ed è stata una bella occasione per prepararsi bene per la stagione. Eravamo tutte insieme ma ognuna poteva allenarsi in base alle tabelle del proprio preparatore, c’era un bel clima ed avevamo più o meno tutte la stessa età. In quei giorni ho imparato tanto, in particolare da Marta Bastianelli che si è allenata con noi un paio di volte, è una grande donna di cui ammiro la determinazione e la cattiveria agonistica, è un grande modello per me. Ora non mi rimane altro che mettercela tutta per guadagnarmi la maglia azzurra».

Quando non sei via per gare e ritiri dove ti alleni?
«Dove abito io praticamente la pianura non esiste, sopra il mio paese c’è una montagna di 2000 m e tutto intorno ci sono grandi salite. In realtà la bici da corsa non è proprio l’ideale, le strade secondarie sono molto ripide e sarebbe meglio pedalare con le mountain bike, le strade principali sono piuttosto pericolose anche per le gelate, ma ci sono comunque bellissime salite con panorami fantastici, una su tutte la scalata fino al lago Tovel. Di solito mi alleno da sola, non ci sono molte atlete nella mia zona, ormai sono abituata, mi faccio compagnia con i miei pensieri, essere soli aiuta molto quando ci sono grandi blocchi di lavoro».

Oltre che essere un’atleta professionista sei iscritta all’università, come riesci a conciliare tutto quanto?
«Non è una cosa semplice, ma con il tempo ho imparato a fare i miei incastri. Mi è sempre piaciuto studiare per provare a costruire anche qualcosa d’altro oltre al ciclismo. Dopo una laurea in Scienze Motorie ho deciso di iscrivermi alla facoltà di Nutraceutica dell’università San Raffaele, ho già sostenuto l’esame di biochimica ed è andato piuttosto bene. In questi giorni sto cercando di preparare una prova sul sistema metabolico ma sono ancora in alto mare».

La squadra ha tra gli sponsor principali la Ef Education che si occupa di istruzione e di studi linguistici, in qualche modo vi supportano nello studio?
«In squadra ci tengono davvero molto, addirittura una delle prime cose che mi hanno chiesto quando sono arrivata nel team è stata “tu studi?”. Lo staff e gli sponsor sono molto sensibili all’importanza dell’istruzione, ci invogliano ad andare avanti e addirittura ci hanno proposto dei corsi formativi. Non è facile allenarsi e studiare, in ritiro rientravamo davvero tardi e poi non si aveva più la forza di stare sui libri. Sono però dell’idea che se uno ci mette un po’ di buona volontà e se ci tiene veramente può fare tutto».

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