Alla fine hanno vinto loro. Alessandro Pinarello e Giulio Pellizzari correranno nel 2022 con la Bardiani CSF Faizanè. A nulla è valsa l’opposizione della FCI decisa ad applicare a tutti i costi la norma che prevede la necessità di trascorrere almeno due anni tra gli Under 23 per approdare al professionismo.
Pinarello e Pellizzari quest’anno avranno comunque status di professionisti e faranno parte della formazione della famiglia Reverberi. Come è stato possibile tutto questo? A spiegarcelo è Alex Carera, il procuratore che, insieme al fratello Johnny, rappresenta i due giovani atleti: “La FCI attraverso gli organi preposti non ha dato l’abilitazione al passaggio al professionismo per Pinarello e Pellizzari. Nel rispetto della legge italiana e della volontà delle relative famiglie abbiamo trovato una soluzione alternativa”.
Di cosa si tratta?
“L’UCI è favorevole al passaggio al professionismo di atleti juniores e un’altra federazione ha accettato di tesserarli. Per questo entrambi i ragazzi hanno spostato la propria residenza in Slovenia e hanno così ottenuto l’abilitazione al professionismo. Abbiamo scelto la Slovenia perchè è il Paese più vicino che permette loro di concludere gli studi fino a giugno senza sobbarcarsi trasferte esagerate. In ogni caso entrano a far parte di un programma triennale creato appositamente per i giovani dalla famiglia Reverberi all’interno del quale potranno crescere e maturare gradualmente”.
Portata a termine questa vicenda, Alex Carera ci tiene a fare il punto della situazione: “Che la legge italiana sia giusta o meno, ognuno è libero di pensarla come vuole ma se tutto il mondo ha un certo tipo di regolamento e l’Italia ha una normativa diversa non ci siamo. Non viviamo in un sistema chiuso ma in un mondo interconnesso: le squadre straniere corrono al Giro d’Italia Under 23, al Giro della Valle d’Aosta e al Lunigiana, quindi i giovani italiani già competono con gli stranieri, che senso ha avere una regola diversa? E’ vero che la realtà italiana è particolare rispetto all’estero ma perchè dobbiamo penalizzare i nostri ragazzi?”
Ma guardando alla crescita dei giovani allora per il futuro dobbiamo pensare ad un progressivo svuotamento della categoria Under 23?
“Credo che la regola debba prevedere che un giovane possa scegliere se passare professionista o meno. Detto questo va precisato che non per tutti passare così giovani è un vantaggio. Guardate ad esempio Edoardo Zambanini: nel 2020, quando era al primo anno nella categoria, ha vinto la maglia giovani al Giro U23 ma non era fisicamente pronto per affrontare il salto nel professionismo. Per questo ha atteso un anno e nel 2022 correrà con la Bahrain. Poi dipende anche in che squadra si passa: Gianmarco Garofoli lo scorso anno è andato alla continental del Team DSM, ha fatto secondo al Valle d’Aosta e ha affrontato qualche gara con la formazione World Tour in un ottica di crescita. Abbiamo valutato che non sia ancora pronto per il professionismo per questo correrà anche nel 2022 nella formazione continental della Astana e a gennaio 2023 passerà nella prima squadra. Qui forse qualche dirigente non vuole rendersi conto che nel 2021 la Settimana di Coppi e Bartali è stata vinta da Jonas Vingegaard: un ragazzo di 25 anni che due mesi dopo ha fatto secondo al Tour. E allora tutti i ragazzi delle formazioni continental che erano alla Coppi e Bartali si sono bruciati correndo con lui? Oggi non esiste più nessuna gara dove si va a passeggio perchè il livello si è alzato tantissimo”.
La squadra giovani della Bardiani CSF mette una pietra tombale sulle speranze degli Elite di passare professionisti? A 24-25 anni si è già fuori mercato?
“No a quell’età non si è vecchi perchè la maturazione per alcuni atleti può richiedere più tempo.”
Però è oggettivo che si fa più fatica a passare, perchè?
“Perchè 15 anni fa tra i direttori sportivi c’era il passaparola e ci si basava solo sugli input che arrivavano dai tecnici delle categorie giovanili. Oggi le cose sono cambiate: sulla rete si trovano tutti i dati di tutti gli atleti dai 18 anni in su quindi ci si basa sui numeri. Ma a 25 anni se uno ha motore ha ancora una chanche, guardate Roglic. Si chiama meritocrazia”.