Un altro anno tra gli U23, la scelta coraggiosa di Petrucci

27.01.2022
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Gianluca Valoti ce lo aveva detto: «Mattia Petrucci era pronto per passare già lo scorso anno». Il veronese, classe 2000, si appresta ad affrontare il suo quarto ed ultimo anno da under 23.

Per certi aspetti oggi è considerato un “vecchietto”, ma lui lo sa bene. Questo ragazzo ha davvero le idee chiare. Le sue parole ci sono parse sempre molto ponderate. Sempre Valoti ha parlato di un corridore di sostanza. E dopo i cicloni Ayuso e Baroncini può davvero prendere in mano la Colpack-Ballan.

Petrucci, a destra, sul podio del Val d’Aosta 2021 dietro a Thompson e Garofoli (foto Giro della Valle d’Aosta)
Petrucci, a destra, sul podio del Val d’Aosta 2021 dietro a Thompson e Garofoli (foto Giro della Valle d’Aosta)
Quindi, Mattia, avevi l’opportunità di passare già lo scorso anno?

Passare, diciamo che c’era stata qualche chiacchierata effettivamente. Stavamo valutando dopo il Val d’Aosta con alcune professional italiane e non. Poi c’è stato un po’ di tentennamento. Alla fine ho preso io la decisione di fare un altro anno tra gli under 23, consapevole di tutti i rischi che questo comporta: un infortunio, la condizione che non va, un malanno… Ma sto crescendo bene, mi manca “poco” per essere il corridore che vorrei. E alla fine in accordo con il team e con i miei manager, i Carera, e consapevole che farò un calendario di primissimo ordine, ho deciso di restare un altro anno.

E che corridore vorresti essere?

Mi rifaccio sempre a quel che mi disse, Mauro Bissoli, il mio preparatore che avevo già da juniores. Lui mi ha sempre detto che per il tipo di corridore che sono nelle gare a cui punto, devo essere un cecchino. Devo essere al top per quegli appuntamenti che si cerchiano in rosso. Un po’ come ha fatto l’anno scorso Baroncini: quando ha puntato il dito difficilmente ha sbagliato.

Sei andato molto bene al Val d’Aosta (terzo): ti possiamo ritenere uno scalatore?

Ora come ora no, non mi ritengo uno scalatore. Okay, posso esserlo nella categoria under 23. Un corridore che pesa 58 chili ci sta che vada forte in salita, però non credo che io possa esserlo anche tra i pro’. Lì è tutto diverso. Ho uno spunto abbastanza veloce, gli arrivi con 5-10 corridori li devo vincere. Se l’arrivo è su uno strappo dopo una corsa dura: va bene. Se l’arrivo è in fondo ad una discesa dopo una lunga salita: ancora meglio.

Dove devi migliorare?

Devo sempre migliorare in salita, ma anche in pianura e non solo per il ritmo. Penso al vento, alle dinamiche di gruppo… Devo spendere il meno possibile. Devo essere sicuro che se arriviamo in cinque vinco. E quest’anno più di qualche volta mi è mancato davvero poco per vincere, non so un 5%. Quel qualcosina che non ho avuto in volata a San Vendemiano o al Piccolo Lombardia. Se in pianura ne avessi avuta di più, magari sarei arrivato con quel 5% di energia in più nel finale e non avrei perso la volata. E magari sarebbe anche cambiato qualcosa per il passaggio al professionismo. Il ciclismo è uno sport “del cavolo”: se fai secondo o primo cambia tutto.

In effetti…

Le squadre vanno a vedere i risultati, vogliono gente che vince. Sì, essere costanti è importante, ma loro vogliono la costanza nelle vittorie. Da quel che ho potuto constatare meglio vincere 3-4 gare, che salire 20 volte sul podio. Inoltre nella mia condizione di quarto anno se non sono capace di vincere tra gli under vuol dire che di là ti fanno del male.

Raccontaci un po’ di te… 

Ho iniziato nella categoria G6, quindi a 10-11 anni. All’inizio mi sono solo divertito. Anche se poi divertito… Nei primi quattro anni non ho fatto neanche un piazzamento! Però proprio qualche tempo fa ho contato tutti gli sport che ho provato a fare e sono stati più di 15. Oltre ai più noti come il calcio, ho provato anche il softball o l’arrampicata. Ma il ciclismo c’è sempre stato. E guarda caso è stato l’unico sport in cui all’inizio non sono andato bene. Però ci ho creduto, sono migliorato sempre un po’ e da allievo ho vinto un campionato italiano.

Boscaro (a sinistra) aiuta Petrucci a indossare la radiolina: in Colpack Mattia è rinato
Petrucci aiutato ad indossare la radiolina: in Colpack Mattia è rinato
Mattia, sei stato anche all’Equipe Continentale Groupama-FDJ: che esperienza è stata?

Ho fatto il primo anno nella General Store, volevo farlo al meglio pensando anche alla scuola. Feci con loro fino al Piva. Poi accade che un corridore della Groupama passò, venni chiamato per fare dei test in Francia e mi presero. Ci fu qualche controversia con il team di provenienza, ma tutto sommato per un anno e mezzo ho fatto una bella esperienza: corse importanti, ho vissuto da solo… Però dopo i miei problemi con il Covid qualcosa si è rotto. La Colpack-Ballan si è fatta avanti e per questo non smetterò mai di ringraziarli, a partire dal presidente Beppe Colleoni. Quando dico che qui non ci manca niente so veramente cosa significa dopo questa esperienza.

Una dimostrazione di fiducia da parte della Colpack…

Nel 2021 ho fatto la prima parte di stagione con le “mani legate”. Venivo dai problemi dell’inverno precedente appunto, mi sono dovuto mettere, giustamente, a disposizione del team e fino a maggio ho davvero fatto poco. Faticavo a finire le corse, ma la squadra mi ha sempre lasciato tranquillo. A maggio poi ho vinto una corsa e man mano, soprattutto dopo l’italiano, le cose sono andate meglio.

Quali sono i tuoi obiettivi per questa stagione?

Il Giro U23 è un grandissimo obiettivo. Sono inserito in lista, non so con che ruolo, lo vedremo strada facendo. Non so se sarò leader ma avrò i miei spazi. E poi ci sono le prime gare internazionali di primavera che sono il mio pane.

Petrucci, veronese, ha seguito le orme della passione per il ciclismo di papà Maurizio
Petrucci, veronese, ha seguito le orme della passione per il ciclismo di papà Maurizio
Quindi ti senti più portato per le corse di un giorno?

Per ora sì. Dopo qualche tappa faccio un po’ fatica. Mentre le gare di un giorno più sono lunghe e dure e più mi piacciono.

Eppure al Val d’Aosta hai fatto terzo e stavi bene nel finale…

Ma il Val d’Aosta 2021 era solo di tre tappe. L’anno prima avevo faticato parecchio. Ho detto che per ora credo di essere per le gare di un giorno perché di gare a tappe dopo che stavo bene non ce ne sono state nella passata stagione. Poi magari salterà fuori che sarò più portato per le corse a tappe, ma per ora mi baso su quello che sono adesso: non ho dati per mostrare il contrario.

Hai le idee chiare! La tua scelta di restare un altro anno tra gli under 23 è coraggiosa. Come hai detto te è rischiosa, ma magari potrai arrivare al professionismo dalla porta principale del WorldTour…

Quello è l’obiettivo. Sono consapevole che arrivare in una WorldTour da quarto anno è difficile. Per riuscirci devo vincere. Se avessi fatto i risultati di questa stagione da primo o secondo anno sarei già passato, tutti cercano l’astro nascente. Però è anche vero che da juniores ho vinto parecchio e nelle prime stagioni da under ho avuto dei problemi fisici: magari questo conterà. Certo, già lo scorso ho iniziato la stagione, quasi da “vecchio” accantonato, ma io ero sicuro di me stesso. Sapevo di poter contare su una super squadra e so che quest’anno il team potrà aiutarmi. In Colpack-Ballan sanno della mia situazione, della mia età, che corridore sono e che faccio la vita da atleta al 100%.