Ma questo Mas è forte davvero? Chiediamolo a Piepoli

23.01.2022
6 min
Salva

Partiti Lopez e Soler, dando per scontato che Valverde farà l’ultima stagione in assoluta libertà e aspettando che Einer Rubio e Ivan Sosa oltre al profumo mostrino l’arrosto, il leader del Movistar Team al Tour e poi alla Vuelta sarà Enric Mas. Ventisette anni, professionista dal 2017, 60 chili e quasi 1,80 di altezza, il corridore di Mallorca da qualche mese ha cambiato preparatore ed è stato affidato a Leonardo Piepoli.

Il ragazzo ha 27 anni, non è più un bambino e frequentando il mondo delle corse si è avuta spesso la sensazione di una certa insicurezza per la quale ha spesso commesso degli errori tattici.

Il secondo post finale della Vuelta ha fatto scattare una molla decisiva in termini di autostima
Il secondo post finale della Vuelta ha fatto scattare una molla decisiva in termini di autostima

«E’ un corridore che in carriera – commenta Piepoli – farà podio al Tour e vincerà un grande Giro. Due volte secondo alla Vuelta, quinto e sesto al Tour non li fai per caso. Ma è vero che non è il tipo che parte da leone, ha bisogno prima di rafforzare l’autostima e poi diventerà anche lui un leone…».

Come si faccia a trasformarlo in leone è quello che cercheremo di capire nei prossimi minuti parlando con Leonardo, da poco rientrato in Puglia dal ritiro della squadra. Anche in questo il mondo Movistar è cambiato parecchio, dagli anni recenti in cui i ritiri venivano ritenuti superflui mentre il resto del mondo ne aveva fatto un passaggio cruciale. L’arrivo di Patxi Vila alla guida dei tecnici ha razionalizzato le abitudini e allineato la Movistar con il resto del gruppo.

A Valdepenas de Jan alla Vuelta tiene testa a Roglic, mostrando un nuovo cambio di ritmo
A Valdepenas de Jan alla Vuelta tiene testa a Roglic, mostrando un nuovo cambio di ritmo
Secondo te Mas è forte davvero?

Adesso posso dire di sì. Prima non lo conoscevo. Lo avevo visto andare subito forte alla Quick Step, appena passato. Due vittorie al secondo anno e un gran lavoro al Nord per Alaphilippe. Finché è arrivato qua e ha chiesto di lavorare con me. Purito Rodriguez mi diceva che è molto forte e ha metodo nel lavoro, così a fine gennaio scorso ho cominciato a lavorarci. Come prima cosa ho guardato i file di allenamento e ho notato che nell’arco di una settimana faceva solo due salite lunghe e per giunta a Mallorca. Gli capitava di fare sei ore per cinque volte all’anno. Lo prendevo in giro dicendogli che non si allenasse e lui mi guardava strano. Infatti nonostante ciò, finiva i Giri in crescendo. All’ultimo Tour ha avuto un giorno storto, ma era con i migliori. E alla Vuelta ha fatto uno step decisivo.

Che cosa significa tutto questo?

Che c’è motore ed è allenabile. Così abbiamo preso la sua preparazione e abbiamo cambiato direzione. Ha margini importanti, ma ha fatto fatica a trovare dei miglioramenti. Al Catalunya ha fatto una gran fatica, stessa cosa al Giro dei Paesi Baschi, stentava a fare il salto di qualità.

Ancora la Vuelta, all’Altu d’El Gamoniteiru arriva 3° dietro Lopez e Roglic
Ancora la Vuelta, all’Altu d’El Gamoniteiru arriva 3° dietro Lopez e Roglic
Come mai?

Ci ho pensato parecchio. Nei primi anni era vincente già in avvio di stagione. Le corse nei dilettanti gli avevano dato brillantezza e cambio di ritmo e correndo molto, la qualità non decresceva. Quando poi da professionista il numero delle corse è andato scendendo, ha perso quella qualità. Di suo ha poco cambio di ritmo. Inquadrata questa caratteristica, abbiamo lavorato per costruirla e a quel punto c’è stata la svolta. Sull’arrivo di Valdepenas de Jaen se l’è giocata e alla fine è arrivato a 3 secondi da Roglic: l’anno prima ne avrebbe presi almeno 20. 

Perché la Vuelta è stata lo step decisivo?

Perché è rimasto a giocarsela con Roglic, sia pure con un distacco in qualche modo falsato dalle crono, dove ancora non ci siamo. Due minuti e mezzo sono troppi da regalare.

E comunque è arrivato secondo dopo il sesto posto del Tour…

Anche di questo si può parlare. Fra le due corse c’erano tre settimane in cui ha fatto poco o niente. E’ tornato a Mallorca, mentre come tutti gli altri sarebbe dovuto andare ad Andorra, dove ha la residenza, per lavorare al fresco e fare salite. Sono gli aspetti su cui intervenire, magari partendo dall’osservazione di quello che fanno gli altri.

Crono di apertura della Vuelta a Burgos, passivo di 18″
Crono di apertura della Vuelta a Burgos, passivo di 18″
Lui è convinto di volerlo fare?

E’ contento, perché la Vuelta gli ha dato fiducia. Ha perso terreno solo ai Lagos de Covadonga, ma solo perché il giorno prima era caduto male. Si è visto brillante in salita e gli è venuto morale. E intanto abbiamo iniziato lavorare sulla crono.

In che modo?

Quest’anno è arrivato Velasco, che era responsabile dei materiali all’Astana. Su lui e pochi altri ci stiamo concentrando, sperando di eliminare o ridurre quel gap.

Un inverno diverso quindi per lui?

Sta lavorando tantissimo, cosa che l’anno prima non si era riuscito a fare. Ma c’è da capirlo, con la Vuelta finita a novembre e la ripresa subito a tutta.

Quando debutterà?

Farà 2-3 prove a Mallorca, casa sua. Poi Volta Valenciana, ritiro a Sierra Nevada, Tirreno o Parigi-Nizza. Baschi. Freccia e Liegi. Altura. Delfinato e Tour. Tolti Roglic e Pogacar, il terzo posto del Tour è aperto a 4-5 corridori e lui è uno di questi. Il trend è di crescita ed è positivo che gestisca bene lo stress e situazioni come i ventagli che per uno scalatore di solito sono ostili. Ma lui è alto, si difende bene.

Come ti trovi nel tuo ruolo?

Bene, molto bene. Patxi ha portato una bella organizzazione. Io seguo i ritiri e quando serve vedere un corridore, vado a trovarlo e si fanno 3-4 giorni assieme. Quest’anno non mi dispiacerebbe affacciarmi alla Tirreno-Adriatico, che viene bene anche logisticamente. Ma resto nei miei panni di allenatore, per l’ammiraglia ci sono i direttori sportivi.