“Air France” Cimolai: «Giro e Mondiale: sto preparando un regalo per Mia»
Il 32enne velocista di Fontanafredda correrà con la transalpina Cofidis «Il 2021? Mi è mancata una tappa alla corsa rosa, voglio rimediare»
Massimo Pighinl’intervista
Massimo Pighin
L’abbraccio della “sua” gente al Giro d'Italia in Friuli è l’immagine simbolo del 2021 sportivo di Davide Cimolai, ma la fotografia che non smetterà di scaldargli il cuore è quella di sua figlia, nata poco dopo la fine della corsa rosa. Un anno che non dimenticherà, il velocista di Fontanafredda, il cui sguardo è però già proiettato al presente: una nuova squadra, la francese Cofidis, e un sogno: essere protagonista ai Mondiali e agli Europei. Intanto lavora a Calpe (Spagna) per farsi trovare pronto al primo appuntamento dell'anno, il Saudi Tour in Arabia Saudita (1-5 febbraio).
È stato un anno denso di emozioni: qual è l'immagine simbolo del suo 2021 sportivo?
«Sicuramente il Giro d’Italia, dove la “mia” gente mi ha abbracciato in maniera straordinaria. Non mi era mai capitato che passasse così vicino a casa, non mi aspettavo tante persone, tutte per me, sulla salita del Castello di Caneva e alla partenza di tappa di Sacile».
Sulla salita di Caneva, poi, si è andato oltre il ciclismo.
«Sì, l'abbraccio con la mia compagna incinta è stata una sensazione che non scorderò».
Infatti è facile dire che l’emozione più grande del 2021 è arrivata fuori dalle corse.
«Senza ombra di dubbio. Se avessi perso la nascita di mia figlia Mia non avrei capito tante cose: ora nutro ancora più rispetto per le donne, in particolare per la mia compagna, per il modo in cui si è comportata durante il parto. È stato straordinario».
Diventare padre l’ha cambiata?
«Siamo fortunati, la bimba è brava, ci fa dormire abbastanza. Quando diventi padre maturi su tante cose, anche su quelle a cui non avresti mai pensato».
Tornando al ciclismo, non è arrivata la vittoria, ma cinque top ten – fra cui tre podi - al Giro e il secondo posto nella classifica a punti: soddisfatto?
«Direi di sì, non ero partito per fare classifica nella maglia ciclamino. Rispetto alle volate, quando ti batte gente come Ewan, Sagan e Gaviria c’è poco da fare: sono campioni. Il rammarico più grande è per il primo podio: ero riuscito a vincere la volata di gruppo, ma la corsa l’aveva già vinta Van der Hoorn... Peccato, abbiamo un po’ dormito dietro, se avessi avuto qualche aiuto dalla squadra me la sarei potuta giocare».
A proposito di squadra, è passato alla Cofidis. Quali sono i suoi obiettivi?
«Inizio ogni stagione con la voglia di farla diventare la migliore della mia carriera. È da agosto che non corro, nelle prime gare farò un po’ di fatica. Parteciperò alla Milano-Sanremo, alla Tirreno-Adriatico e al Giro d’Italia».
È stato salutato con affetto dal suo vecchio team, l'Israel Start-Up Nation.
«Vuol dire che qualcosa di buono ho lasciato. Per il primo anno, il 2019, posso solo ringraziarli: è stata la stagione migliore nonostante fossimo una Professional. Il 2020 è stato caratterizzato dal Covid, e poi non eravamo pronti per fare il salto qualità nel World Tour: sono mancate tante cose. Il 2021 era iniziato male a causa della cancellazione di alcune corse in Spagna, così non ho potuto affinare la preparazione».
Qual è lo stato di salute del ciclismo italiano?
«Ci manca il post Nibali, ma a livello di pista, cronometro, volate, corse di un giorno siamo competitivi. È ovvio, la gente vuole il “nuovo” Nibali perché un corridore che vince i grandi giri viene esaltato di più. Mi è dispiaciuto per Aru, poteva essere l'uomo che tanti cercano. Ciccone? È difficile ripetere quello che ha fatto Nibali: può star simpatico o no, ma pochi al mondo hanno vinto quanto lui».
E di quello friulano?
«Abbiamo quel "cavallone pazzo" di Jonathan Milan che ci fa ben sperare, è un bel talento».
La maglia della nazionale per lei è sempre stata speciale.
«Dopo il Giro vorrei concentrarmi per andare agli Europei e ai Mondiali. I percorsi sono adatti a me. Ho corso col nuovo ct Daniele Bennati alla Liquigas, è preparato, abbiamo un buon rapporto». —
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