Bennati, ct del ciclismo azzurro: la tv, Zanardi, Jovanotti. «Così voglio vincere il Mondiale»

di Marco Bonarrigo

Daniele Bennati prende il testimone di Davide Cassani: «Cerco un titolo mondiale che manca da 14 anni: Colbrelli e Trentin le nostre carte migliori»

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In un viaggio lungo un secolo che unisce miti assoluti (Girardengo, Binda, Guerra, Magni), fuoriclasse moderni (Bettini e Ballerini) e il leggendario Alfredo Martini, il ruolo di commissario tecnico del ciclismo italiano professionistico non poteva finire in mani banali. Tre mesi fa, e dopo sette stagioni al volante dell’ammiraglia azzurra, Davide Cassani l’ha consegnato a Daniele Bennati.

Si presenti, Daniele.
«Ho 42 anni, sono stato corridore professionista per 18 stagioni e tre vite diverse. Nella prima ero l’uomo che pedalava pensando solo a come portare Mario Cipollini a conquistare titoli mondiali, tappe di Tour e Giro negli ultimi 200 metri. Nella seconda sono stato tra i pochi italiani a vincere volate (58) in tutti i grandi giri. Nella terza sono tornato a lavorare da gregario ma per un fuoriclasse come Contador, pedalando a tutta dal primo chilometro».

Cosa ha imparato?
«Nella prima il mestiere, nella seconda la gloria del successo, nella terza lo spirito di sacrificio. È stato un percorso completo, affascinante. Credo di essere stato scelto dal presidente federale Dagnoni per questo motivo».

Ma non è mai salito in ammiraglia a guidare dei corridori.
«Mai. Mi sono preparato sul campo e commentando tutte le corse in tv per la Rai, ho seguito i corsi da direttore sportivo e superato tutti gli esami. Avrò vicino gente come Roberto Amadio, Marco Velo o Mario Scirea, da cui ho tantissimo da imparare».

Lei eredita la poltrona di Davide Cassani, che ha rivoluzionato il concetto di Nazionale, unendo pista, strada e fuoristrada e dando enorme visibilità alla maglia azzurra.
«Eredito la sua poltrona ma anche quella di Alfredo Martini, che è stato mio grandissimo maestro, e del povero Franco Ballerini, guida e amico: era il mio testimone di nozze. Da ognuno ho imparato qualcosa».

Cassani è stato amato (ma anche criticato) per la sua onnipresenza, dalla tv ai campi di gara alle pubbliche relazioni che hanno fruttato fior di contratti alla Federazione...
«A me è stato chiesto di dirigere la Nazionale dei professionisti. Non sarò un duplicato di Davide, che pure ammiro, mi terrò in contatto con gli altri c.t. ma mi limiterò a guidare i ragazzi a caccia di un titolo mondiale che ci manca da 14 anni».

Perché non vinciamo un Mondiale dal 2008, quando Alessandro Ballan trionfò a Varese?
«Per un pizzico di sfortuna, perché il livello del ciclismo internazionale è altissimo ma anche per carenza di fuoriclasse nostrani. Però attenzione: nelle prossime due edizioni, tra Australia e Scozia, ci saranno due percorsi da velocisti resistenti adatti a gente come Colbrelli e Trentin. Potrebbe essere l’occasione».

Cosa copierà a Cassani?
«Vorrei portare avanti il suo progetto di team Nazionale che partecipa anche alle corse minori e non solo a Mondiali, Europei e Olimpiadi. Non sarà facilissimo perché la struttura del calendario è cambiata e i team Continental faranno fatica a prestarci gli atleti. Ma ci proverò».

Cosa innoverà?
«Non userò le corse per convocare decine di corridori e metterli alla prova per trovare la formula giusta: la maglia azzurra va meritata anche nelle corse minori».

Siamo in un mondo dove i grandi talenti, da Evenepoel a Pogacar, sono giovanissimi.
«Parliamo di due fenomeni irripetibili. A 21 anni bisogna avere tempo per maturare senza pressioni, altrimenti ti bruci. A me quel tempo è stato concesso, forse per questo ho corso 18 anni».

Come Davide Cassani, lei è passato per la tv.
«Mi è servita molto. Ho imparato a parlare, a ragionare, a guardarmi attorno. Un c.t. moderno deve saperlo fare».

La vittoria che ha più amato, la gara più bella?
«Il successo sui Campi Elisi nell’ultima tappa del Tour de France 2007 non ha paragoni. Le gare più belle sono quelle dove non ho mai brillato: Parigi-Roubaix e Giro d’Italia».

Lei è amico intimo di un fuoriclasse anomalo del ciclismo, Jovanotti.
«Una forza della natura, un vecchio ragazzo che prepara le tournée come fossero grandi giri, un innamorato totale del ciclismo. Un lungo viaggio assieme in bicicletta è il nostro progetto-sogno».

Lei era a fianco di Alex Zanardi nel tragico incidente in hand bike a Siena.
«Non voglio ricordare quei momenti terribili, ma quello che Alex mi disse pochi minuti prima del via di quella tappa: Benna, questo è uno dei giorni più belli della mia vita. Sapere che è finalmente a casa e sta recuperando è una gioia immensa».

19 gennaio 2022 (modifica il 19 gennaio 2022 | 07:55)