Cenghialta e il diesse WorldTour: prima dei corridori c’è l’ufficio

27.11.2021
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I direttori sportivi non staccano e, se lo fanno, non è certo adesso. Dopo averne parlato con Bruno Cenghialta, uno degli uomini di Martinelli alla Astana, il quadro è piuttosto lucido e racconta di una realtà… aziendale in cui guidare gli atleti fa parte del pacchetto, ma non è tutto. Per questo e per il notevole numero di corridori di cui è composto un team WorldTour, è un bene che i direttori abbiano un ristretto numero di atleti con cui lavorare.

Ciascuno ha le sue mansioni extra sportive. C’è chi si occupa dei mezzi. Chi della logistica. Qualcuno del calendario. E qualcuno delle bici. Cenghialta si occupa dell’abbigliamento da gara: dalle scarpe ai caschi, nulla escluso. Anche ora che si lavora per la preparazione in Kazakhstan, c’è da predisporre le nuove divise.

«Si parte il 2 dicembre – dice – si sta un paio di giorni e poi si va in Spagna. Dopo diventa più facile, anche se per modo di dire. Ormai una squadra WorldTour è un’azienda. Cominciò tutto dopo il Team Sky, che ha cambiato le abitudini e costretto gli altri ad adeguarsi. E così bisogna dividersi i compiti. Non è solo guidare la squadra, ognuno di noi ha altre 5-6 mansioni. Anche se dirigere i corridori è l’aspetto prioritario. Perciò dopo che a dicembre s’è fatta la prima consegna dei materiali, si comincia a parlare di corse…».

Gregario di lusso

Cenghialta veleggia verso i sessanta, ma non lo diresti. Sempre tirato, alto, scuro di carnagione e nero di capelli, è stato corridore dal 1986 al 1998 e ha scritto le cose migliori con la maglia dell’Ariostea, quella della Gewiss e anche quella della nazionale. Per mestiere tirava in favore degli altri, ma si portò a casa una tappa al Tour del 1991 e anche un secondo posto all’Amstel. Correva con la stessa serietà che serve per fare il tecnico e infatti da tecnico si è rivelato ugualmente una sicurezza. Raccolse il testimone della Ballan, da cui nacque la Alessio in cui sarebbe dovuto passare professionista Nibali (fu Bruno ad adocchiarlo per primo). Ma la squadra si sciolse ed entrambi – lo Squalo e il vicentino – approdarono alla Fassa Bortolo. All’Astana c’è arrivato dopo l’Acqua e Sapone e il lavoro con Riis alla Saxo Bank. Lui un certo modo di fare ciclismo lo ha visto vincere e lo racconta.

Di programmi si comincia a parlare in ritiro?

Diciamo che Martinelli e Shefer fanno la prima scelta di gare, all’80 per cento. Non puoi prescindere da Giro, Tour e Vuelta. Poi ne aggiungiamo altre per necessità e per scelta. In mezzo ci sono i training camp, che vanno previsti in base ai programmi. Loro due iniziano, poi ci riuniamo, valutiamo e quando è tutto a posto, approviamo. In modo che nel ritiro di dicembre se ne inizia a parlare con i corridori.

Martinelli e Shefer individuano le corse. Mazzoleni (a sinistra) calibra la preparazione
Martinelli e Shefer individuano le corse. Mazzoleni (a sinistra) calibra la preparazione
Può capitare di cambiare qualcosa?

Qualche aggiustamento si fa sempre ed è una delle fasi fondamentali. Come è fondamentale azzeccare la programmazione dei ritiri. L’anno scorso ad esempio abbiamo risentito tantissimo dell’assenza di quello di dicembre, annullato causa Covid. Saltammo una fase importante di lavoro che ci avrebbe permesso di essere più aggressivi nelle prime corse. I preparatori in questa fase sono importantissimi. Alcuni corridori andranno via dal primo ritiro con le date già totalmente definite.

Quindi il ritiro di dicembre per voi non è il classico momento in cui finalmente ci si ritrova e, pur dovendo lavorare, si molla un po’ la tensione…

Noi in ritiro siamo a tutta, la sera arriviamo sfiniti. Seguiamo gli allenamenti, poi di pomeriggio o quando si può facciamo i colloqui individuali con i corridori. Ci facciamo dire cosa hanno fatto fino a quel punto, raccogliamo i dati degli allenamenti, vediamo se ci sono correttivi da fare. Dicembre è fondamentale, perché si costruisce la base forte dell’allenamento e si crea il dialogo con i ragazzi.

E poi è l’unico ritiro in cui ci sono tutti, giusto?

Esatto. Quando faremo il ritiro di gennaio, alcuni saranno già partiti per l’Argentina. E quest’anno va anche bene. Ci sono stati anni, in cui a gennaio partiva il gruppo per l’Australia, mentre quelli della Vuelta a San Juan, poi restavano fuori fino al Tour Colombia. Per questo a dicembre si fanno tutte le foto. Pensate che l’anno scorso al ritiro di gennaio vidi il canadese Perry e poi non l’ho incrociato più sino a fine anno. E ora ha smesso e chissà se lo vedrò mai più.

La Astana 2022 ritrova due talenti di ritorno dopo scelte e parabole diverse: Lopez e Nibali
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Per questo lavorate con piccoli gruppi?

E’ l’unico modo. Ogni inizio di settimana, il lunedì o il martedì, facciamo dei meeting in cui li valutiamo e condividiamo le osservazioni con gli altri. E se hanno corso sotto la guida di altri direttori, ognuno riferisce ai tecnici di riferimento, perché siano aggiornati su tutto. In questo modo sai come stanno andando e come aggiornare la preparazione.

Era più facile alla Alessio, dì la verità…

Sono mondi diversi, ora è tutto più impegnativo, ma per contro è più facile calcolare e prevedere. Allora si faceva tutto per coprire al meglio la doppia attività. Poi è arrivata Sky. E adesso ci sono giorni che sei in tutto il mondo e volendo potresti fare di più…