De Gendt, in fuga da tutto. Anche dalla depressione…

20.01.2021
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Una vita in fuga. Eppure, anche Thomas De Gendt ha dovuto fermarsi a un certo punto della carriera e chiedere aiuto per sconfiggere un avversario troppo forte anche per lui: la depressione. Dal ritiro spagnolo di Javea con i suoi compagni, il trentaquattrenne belga della Lotto Soudal ci ha raccontato come l’ha sconfitta e quali fughe sta preparando in un 2021 che lo vedrà ai nastri di partenza di tutti e tre i grandi Giri.

Al Giro del 2012, De Gendt conquista lo Stelvio: forse l’impresa più celebre
Al Giro del 2012, De Gendt conquista lo Stelvio
Thomas, come procede il raduno?

Qui in Spagna il tempo è fantastico, per cui possiamo fare tantissime ore di allenamento. Di sicuro è meglio rispetto al meteo in Belgio, dove in questo periodo nevica e fa freddo. 

Qualche giorno fa su Twitter hai postato la foto di una roccia in mezzo all’oceano, corredata da un pensiero sulla depressione. Ci spieghi questa scelta così profonda?

Due mesi fa è uscito il mio libro, “Solo”, in cui ho raccontato anche della depressione che ho avuto tra il 2017 e il 2018. Sapendo che avrei ricevuto tante domande sul tema in questo periodo, ho pensato di esprimere il mio punto di vista. Non sono una celebrità, ma il fatto di essere ben conosciuto nel mondo del ciclismo mi dà la possibilità di essere utile e aiutare le persone che ci stanno lottando in questo momento. Parlarne fa bene per capire che è un problema comune e che può colpire anche persone che si credono felici o di successo, come è capitato a me. Sono contento di aver avuto tante risposte sul tema dai miei followers.

Un uomo (spesso) da solo al comando, ma la solitudine non riguarda soltanto la bicicletta
Un uomo (spesso) da solo al comando
Come è riuscito l’uomo delle fughe a non seguire la sua indole e affrontare di petto il problema?

La depressione è cresciuta dentro di me senza che me ne accorgessi. Uno dei problemi della mia personalità è di rimuginare troppo su certe cose e di lasciarmi andare a pensieri negativi. La situazione è peggiorata finché ho avuto problemi coniugali. A quel punto, l’unico modo che avevo per evitare di fare cose stupide era di allenarmi più del normale, soltanto per sentire un po’ di dolore aggiuntivo nelle gambe. Se le mie gambe soffrivano, magari la mia mente sarebbe stata più tranquilla. Era il 2017, durante il ritiro di tre settimane in Spagna.

Poi, cos’è successo?

Ho vinto alla prima occasione possibile, la prima tappa del Delfinato. Sembravo felice, ma dentro di me soffrivo per quello che stavo passando. Poco a poco, la situazione è migliorata perché ho cominciato a parlarne con mia moglie e dopo quattro o cinque mesi ho cominciato a stare meglio e a uscirne. Nella primavera del 2018 ero di nuovo felice e ho ricominciato a godermi tutte le piccole cose che mi ero perso per un anno.

E sei tornato a essere il re delle fughe: cosa si prova quando si è soli contro tutti?

E’ l’unico modo che conosco per vincere. Devo andare in fuga con 9 o 10 corridori e poi giocarmela con loro anziché con tutto il gruppo. Una volta centrata quella giusta, comincio a studiare i compagni di fuga. A volte capita che ci sia qualcuno che non conosco, per cui devo farlo uscire allo scoperto, per capire come sfiancarlo. Bisogna provarci più volte possibile per imparare come vincere e, una volta che accade, è tutta esperienza per le fughe successive.

Che obiettivo hai per il 2021?

Voglio vincere una corsa, visto che nel 2020 non ci sono riuscito. Mi auguro che il calendario non subisca modifiche, ma l’anno scorso abbiamo dimostrato che si possono fare le corse senza grossi problemi. Le perplessità che ho espresso al Giro erano dovute al fatto che in quel momento non mi sentivo tranquillo. Poi però, rispetto agli altri grandi Giri, siamo stati testati il doppio del Tour e abbiamo avuto pochissime positività. Hanno detto che alla Vuelta non c’è stato nessun contagio, ma alla fine della corsa un sacco di corridori e membri degli staff delle squadre si sono ammalati, anche se i media non ne hanno parlato. A ripensarci ora, il Giro era l’ambiente più sicuro.

Non sempre la fuga va a buon fine. A Camigliatello De Gendt si arrenderà a Ganna
Non sempre la fuga va a buon fine. A Camigliatello si arrenderà a Ganna
Hai già deciso su che corse punterai?

Il Giro è sicuramente nei miei programmi e sono curioso di scoprire il percorso. Mi piacerebbe vincere un’altra tappa, come feci nel 2012. Poi, vorrei vestire la maglia di miglior scalatore, perché così riuscirei ad eguagliare il mio compagno Tim Wellens, l’unico belga capace di vestire il simbolo del primato in tutti i tre grandi Giri. Correrò anche Tour e Vuelta e credo che la mia stagione finirà a Madrid, salvo cambiamenti.

Ti manca lottare per la generale?

No, perché c’è troppa pressione. Sei ossessionato dal peso forma, non puoi permetterti nemmeno una giornata storta e devi lottare in qualunque tappa: è snervante.

Che cosa ti piace fare nei pochi giorni in cui non pedali?

Giocare online alla playstation e chattare con i miei amici che conosco da 15 anni, di solito a Grand Thief Auto V, così mi tocca fuggire anche lì. Ecco la mia giornata tipo quando non pedalo: mi sveglio alle 8, faccio colazione, gioco fino a pranzo, poi gioco di nuovo, poi cena, poi tiro avanti ancora fino alle 3 di notte. Mia moglie non è molto felice, ma mi servono giornate così per disconnettermi totalmente dal ciclismo e ricaricarmi».