Sonny Colbrelli

Tre settimane da gregario per Colbrelli

22.09.2020
3 min
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Alla fine del Tour de France, con un nono posto come miglior risultato, Sonny Colbrelli si è detto che un altro grande Giro solo per tirare non lo farà più. Dopo il terzo posto ai campionati italiani, c’era da sperare che la Bahrain-McLaren lo portasse alla Grande Boucle per vincere una tappa o lottare per la maglia verde. Invece le parole dei manager sono state chiare: si va al Tour e si tira per Landa. Null’altro. E Colbrelli ha accettato, difficile capire se perché sprovvisto di alternative. Il suo Tour de France si è chiuso con l’11° posto a Parigi e il 93° posto in classifica finale a quattro ore e mezza da Pogacar.

Sonny Colbrelli, Wouter Poels, Damiano Caruso, Tour de France 2020
Una Grande Boucle inattesa per il bresciano, che si è ritrovato a lavorare in salita
Sonny Colbrelli, Wouter Poels, Damiano Caruso, Tour de France 2020
Una Boucle inattesa per il bresciano, che si è ritrovato a lavorare in salita
Cominciamo dagli altri: credevi che Roglic potesse perdere così?

Una ripassata del genere è stata fuori dal normale, anche perché Roglic nella crono finale ha chiuso nei primi cinque. Non è andato proprio piano. Pogacar ha avuto davvero un giorno di grazia.

Che cosa hai pensato quando ti hanno detto che avresti dovuto lavorare e basta?

Che è il mio lavoro. All’inizio è stata un po’ dura, poi mi sono abituato. Sapevo che non avrei avuto occasioni per me e quando a Lione mi sono ritrovato davanti, ho fatto la volata per orgoglio. Diciamo che mi hanno voluto a tutti i costi, ma un po’ mi è dispiaciuto non aver potuto lottare davanti. Quando c’era Nibali, mi capitava di tirare, ma nelle tappe veloci avevo i miei spazi. Se non altro ho capito di poter essere leader in certe corse e gregario in altre.

Dopo tanto lavorare in salita, si poteva sperare in un posto per i mondiali?

Sapevo che sarebbe stato difficile. Quando Cassani ha la sua idea su un percorso o un corridore, difficilmente gliela fai cambiare. Eppure io uno veloce lo avrei portato, come jolly. E non parlo per forza di me, magari ci sarebbe stato bene Trentin che regge a certi dislivelli. I mondiali duri sono difficili da interpretare: Innsbruck doveva essere durissimo, ma sono arrivati sotto l’ultimo muro col gruppo quasi compatto.

Dopo il primo Tour non volevi più tornarci, ora è cambiato qualcosa?

La stanchezza è arrivata per tutti nell’ultima settimana, ma l’ho gestita. Il primo Tour fu devastante, lo confermo, ma era il mio primo anno in un team WorldTour e serviva tempo per fare esperienza.

Come è stato il Tour nell’anno del Covid?

La verità è che mi pare non sia cambiato niente, a parte metterci la mascherina. Non c’era gente ai pullman e alla partenza, ma sui percorsi era pieno di tifosi. Per il resto eravamo blindati.

Due soli italiani, Caruso e Colbrelli, come è andata?

Eravamo in camera insieme, Caruso ed io, ma dopo una settimana abbiamo litigato e per una notte ci siamo separati. C’è stata tensione dopo il giorno dei ventagli, poi però abbiamo fatto pace.

Che Tour è stato?

Folle, corso a mille all’ora. Non un sol giorno che siamo stati tranquilli, non so perché. A ogni tappa facevo il record dei watt o dei fuori soglia.