Voglio essere un esempio: intervista a Teniel Campbell

La storia del lungo viaggio che ha portato Teniel Campbell al professionismo.

 

 

Teniel Campbell sa che tutto origina dalla mente. Lo sa perché lo ha letto; lo ricorda ad ogni frase perché lo ha sperimentato e lo sperimenta quotidianamente da quando ha fatto la sua scelta. I predicati verbali da lei adottati fanno spesso riferimento alla sfera del sapere, del conoscere, della consapevolezza. Thomas Jefferson aveva detto: «Nulla può fermare l’uomo con la giusta attitudine mentale dal raggiungere i suoi obiettivi come nulla può aiutare l’uomo con una attitudine mentale errata». Lei quella frase l’ha stampata e la tiene appesa alla parete della camera insieme ad una sua foto e ad altri due aforismi.

Quella parete è quasi la sua mente esteriorizzata: da un lato la certezza che l’uomo – con la sua storia, i suoi sogni, la sua voce, la sua vita – è destinato a compiere qualcosa nel mondo; dall’altro la motivazione per provare a fare quel qualcosa in qualunque modo: correndo, se possibile; camminando, se necessario rallentare; ma anche rotolando o strisciando, se le circostanze lo impongono. Forse anche per questo, quando le chiedo del suo arrivo non più in età giovanissima al ciclismo, la risposta è così netta. «Tu pensi che sia importante il momento in cui le cose si verificano? Io credo che non sia così importante il giorno in cui arrivi al tuo traguardo o il giorno in cui decidi che quello sarà il tuo traguardo. È essenziale, invece, che tu da quel giorno continui a lavorare sodo. Che non ti senta mai arrivato, nemmeno quando i risultati potrebbero fartelo credere. Quello è il momento per porti altri obiettivi. Allo stesso tempo, è importante trovare le motivazioni per continuare a fare ciò che stai facendo anche quando le cose vanno male, quando sembra vano, inutile. Tu devi lasciare un segno. Non è importante quando arrivi. È importante come ti comporti da quel momento in poi».

©UCI, Twitter

Certo, in molti potrebbero dire la stessa cosa salvo poi cadere al momento dei fatti. Lei no. Con Teniel Campbell non si corre questo rischio perché Teniel, nonostante i suoi ventidue anni, ha già dimostrato di saper mettere in pratica quelle parole. Lo ha fatto quando il peso della pressione per la leadership della squadra si era fatto ingombrante e sembrava rimettere tutto in discussione. «Essere leader è difficile. Tutti si aspettano molto da te: le compagne, lo staff, i tifosi. Tu devi vincere, devi fare risultato, devi essere quasi impeccabile. È pesante, molto pesante. Bisogna essere freddi, lucidi, distaccati. Imparare a gestire la responsabilità. Pensare che su quella bici, ancora prima del tuo fisico da atleta, ci sono la tua mente e il tuo cervello. Se non resti positiva, se non pensi a quelle parole di Jefferson, se non credi in te stessa, il cortocircuito è inevitabile».

Così ha resistito, così ha vinto quattro medaglie ai giochi dell’America Centrale e dei Caraibi nel 2018; l’anno successivo, poi, si è imposta nella prova in linea dei campionati Panamericani. Grazie a Mr. Desmond – presidente della sua squadra locale di ciclismo, uomo appassionato e grande motivatore -, alla sua famiglia ed in particolare a suo fratello. «Se mio fratello è una figura importante per me? Mio fratello è tutto. Per me lui è il ragazzo con la bicicletta. Lui è l’uomo. Anche mio padre è appassionato di ciclismo, ma se ho iniziato a praticare questo sport lo devo in gran parte a mio fratello. Credo che senza di lui molte cose non sarebbero state uguali. Molte non sarebbero avvenute ed io non sarei ciò che sono: una ciclista professionista».

Nel pronunciare queste parole la voce di Teniel Campbell cede un attimo. Inizialmente sembra un momento di commozione, poi appare chiara una risata di sollievo. Probabilmente sono entrambe le cose, come quando accade qualcosa di talmente bello e ti commuovi e piangi, ma come ci ripensi non ti trattieni e ridi anche di gusto. «Non avrei mai pensato di arrivare a questo punto. Nessuno probabilmente lo avrebbe mai pensato. I risultati sono cresciuti gara dopo gara e con quelli la mia consapevolezza, la voglia di competere in più settori, di mettermi alla prova. Così sono stata notata e apprezzata dai direttori sportivi e corteggiata da diverse squadre». Ha scelto la Valcar-Travel & Service per la disponibilità e la competenza del personale. Ha scelto l’Italia «perché qui da voi ogni stralcio di cielo e di paesaggio è un quadro, una foto, una cartolina: una varietà incredibile di ambienti e di bellezze. Per non parlare dell’aspetto culinario: la cucina italiana è buonissima. Poi tanti negozi, tante novità, tanti usi e costumi diversi». Sorride divertita quando le chiedo le prime parole imparate in italiano; un sorriso che diventa risata fragorosa quando le chiedo di cimentarsi con il dialetto bergamasco.

In gruppo, sulla sinistra. ©TC, Twitter

Prima di arrivare in Italia, però, si è formata grazie all’esperienza svizzera nel team UCI Women’s World Tour. Un’esperienza che ricorda come estremamente preziosa tanto per l’aspetto atletico quanto per quello umano. «Cambiare nazione vuol dire, spesso, cambiare modo di approcciarsi allo sport e alle gare. In Svizzera ho imparato molto: la completa dedizione a un traguardo, la concentrazione, una sorta di focus continuo su ciò che vuoi raggiungere fino a quando non ci riesci». Un’esperienza condivisa con tante altre ragazze. «Sono molto affezionata a questo ricordo speciale. Eravamo tutte ragazze provenienti da paesi diversi, gli uni agli antipodi degli altri. Cercavamo di capirci in ogni modo e dove non arrivava il linguaggio verbale arrivava quello non verbale: sguardi, occhiate, pacche sulle spalle e gesti. Ci univa la distanza dalla famiglia. I nostri genitori e i nostri familiari erano distanti, non potevano supportarci. Così dovevamo essere un punto di appoggio l’una per l’altra. Dovevamo farci coraggio l’un l’altra».

La famiglia le manca, come la sua terra, ma anche qui è la razionalità a tenere banco. Campbell è ben consapevole di essere una ciclista professionista, di aver scelto una strada che sapeva l’avrebbe portata lontana da casa. Nello stesso modo, sa che la sua famiglia c’è anche se non ci parla tutti i giorni al telefono perché in viaggio o perché impegnata negli allenamenti. Anche per questo, vorrebbe una maggiore copertura delle gare femminili. «Molte volte vorrei che anche da casa mi vedessero in corsa, ma non si trovano streaming adatti. Alcune gare non sono coperte. Questo mi spiace davvero». Sa che i suoi momenti difficili sono i momenti difficili di tutte le ragazze; certe volte un po’ più difficili perché la lontananza vuol dire tanto. È però sempre possibile parlare e confrontarsi con quelle compagne che con lei condividono la strada e il perfezionismo. «Lo ammetto: sono una perfezionista. In particolare quando si tratta dell’etica del lavoro, che sia in sella o giù dalla bici. Cerco sempre di dare il massimo in tutto quello che faccio. In questo processo di correzione e miglioramento costante di me stessa, so essere la mia critica più acuta. Ho obiettivi prestigiosi e ambiziosi.  Tutto accadrà quando sarà il momento, ma per questo è importante che io mi faccia sempre trovare pronta. Al mattino, quando mi sveglio, è importante che io mi prenda sempre cura dei miei pensieri».

©UCI, Twitter

Teniel Campbell è una ciclista e quando parla di  leggenda – «to be legendary», dice lei – si riferisce indubbiamente ai risultati sportivi e all’impatto che ogni singolo risultato, anzi di più, ogni singolo gesto può avere sulla vita degli altri. Ma non solo. Già, perché qui ritorna quell’immagine della bicicletta che oltre al corpo dell’atleta trasporta anche la sua testa, la sua mente, la sua mentalità. «Da noi, a Trinidad e Tobago, il ciclismo non è così sviluppato come qui. Però ci sono tantissimi talenti: ragazzi e ragazze che, spronati e calati nella giusta realtà, potrebbero raggiungere qualunque traguardo. Potrebbero diventare leggendari, potrebbero continuare a portare negli anni la torcia olimpica per Trinidad e Tobago. Hanno bisogno solo di qualcuno che li ispiri, che spieghi loro che nella vita è davvero tutto possibile, che non bisogna mai mollare, per nessuna ragione. Io, un domani, vorrei tornare nel mio paese ed essere una fonte di ispirazione per loro. Perché un conto è dire che tutto si può fare, un altro è mostrarlo. Io vorrei essere una persona in grado di mostrarlo, acquisendo in questo processo le abilità necessarie per aiutarli a raggiungere i loro obiettivi».

Ringrazia il ciclismo per la sua internazionalità, per darle la possibilità di diventare ciò che vuole essere. Magari avvicinandosi ad una delle atlete che stima di più: Marianne Vos. Momentaneamente ha scelto di dedicarsi maggiormente al ciclismo su strada che non a quello su pista, ma l’idea c’è ed è chiara. «Ho iniziato con la pista, ho ottenuto risultati importanti in pista, ho imparato a gestire il mezzo in pista. Ci tornerò e lo farò, come sempre, con tutta me stessa».

©Valcar-Travel & Service, Twitter

Tuttavia, i Giochi Olimpici si sono allontanati; proprio in quei giorni durante i quali Campbell avrebbe voluto avere conferme rispetto alla sua partecipazione. L’emergenza mondiale Covid-19 ha rimandato l’appuntamento: sarà comunque Tokyo 2020 ma un anno più tardi, nel 2021. Nessun problema, Teniel Campbell sa aspettare. «I Giochi Olimpici sono sempre stati un punto di arrivo. Sin da piccolissima hanno significato molto. Del resto, sono il coronamento di un sogno per tutti gli sportivi. Esserci per me sarebbe veramente importante: per gli sforzi che ho profuso e che continuo a mettere in campo ogni giorno, per la mia carriera, per la mia terra che si vedrebbe rappresentata e per la mia famiglia. Loro, i miei familiari, hanno sempre creduto in me anche quando non ero nessuno. Glielo devo».

 

 

Foto in evidenza: ©UCI, Twitter

Stefano Zago

Stefano Zago

Redattore e inviato di http://www.direttaciclismo.it/