Trentin: «Che peccato, l'Italia in bici sta sparendo»

Trentin: «Che peccato, l'Italia in bici sta sparendo»
di Francesca Monzone
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Giovedì 4 Aprile 2019, 10:30
La sua è una storia particolare, nata a Borgo Valsugana in Trentino, dove fu iscritto alla società ciclistica del suo Paese, non per passione ma perché non sapeva andare in bicicletta. Stiamo parlando di Matteo Trentin il ventinovenne della Mitchelton-Schott che indossa la maglia con le stelle di campione europeo e che nelle classiche, appena iniziate, è uno dei corridori più esperti e quotati per la vittoria. Lei è il capitano della Mitchelton Schott e nelle gambe ha già una Sanremo e una Gand-Wevelgem. 
Che corse sono state? 
«Sono state corse sia positive che negative. Alla Sanremo il mio attacco nel finale non ha portato il risultato. Venerdì scorso alla E3 Harelbeke è già andata meglio e domenica con la Gand-Wevelgem sono stato in fuga e nel finale siamo stati ripresi dal gruppo. Ho fatto un buon piazzamento e mi sento in crescita».
Riguardo la Sanremo alcuni vorrebbero vedere delle modifiche sul percorso, lei cosa pensa? 
«La Sanremo non va toccata. Il suo fascino è racchiuso in questo percorso che è praticamente lo stesso da sempre».
La scorsa settimana ancora una volta in Belgio lei è stato il migliore degli italiani. 
«Sì è vero, però preferisco essere visto con il risultato a 360 gradi. Gli italiani in queste corse sono veramente pochi, arriviamo a 10-15 corridori ed è un vero peccato».
Domenica Kristoff con la sua UAE, ha interrotto l’egemonia della Deceunick-Quick Step, squadra con la quale ha corso molti anni anche lei. Qual è il segreto del loro successo? 
«Alla Gand a dire il vero sono stati in difficoltà tutto il giorno. È la squadra del Belgio e sanno correre bene su questi terreni, ma il punto di forza è la dirigenza che sa mantenere il gruppo sereno. Non c’è il concetto del capitano e per tutti c’è spazio per vincere».
Aprile è il mese delle corse in Belgio, che da molti viene considerato la patria del ciclismo. Che differenze ci sono tra il nostro ciclismo e il loro? 
«Tanto per cominciare il corridore belga è un uomo da classiche, perché non hanno salite, mentre l’Italia è più il Paese dei corridori da grandi giri che tutto il mondo ci invidia. Poi il ciclismo per i belgi è una vera festa, domenica ci sarà il Giro delle Fiandre, lo show per eccellenza del ciclismo veramente uno spettacolo indescrivibile».
Che corsa dobbiamo aspettarci domenica? 
«Non è facile capirlo. A eccezione della Quick Step, che si può battere, le favorite saranno Trek, CCC, la Jumbo Visma che ha fatto già bene e anche la mia Mitchelton Schott».
Si parla molto del giovanissimo fenomeno Mathieu Van Der Poel che ieri ha vinto alla Dwars door Vlaanderen. 
«Un autentico fuoriclasse. Viene dal ciclocross dove è campione del mondo come Van Aert, ed entrambi, anche se poco più che ventenni, sono da tenere sotto controllo perché potrebbero anche vincere». 
Anche lei viene dal ciclocross, quanto le è servita questa disciplina? 
«Penso che il ciclocross sia fondamentale per poi andare bene su strada, ti dà una grande carica. Campioni come Alaphilippe o Stybar vengono dal ciclocross».
Quali saranno i punti chiave della corsa? 
«Sicuramente il Kapelmuur dove si può attaccare per vincere, anche se è lontano dal traguardo e poi nel circuito tornando a Oudenaarde, dal Kwaremont ogni metro sarà buono per attaccare».
Che corsa sarà per lei questo Fiandre? 
«Sarà la corsa giusta. Non voglio fare cose spettacolari questa è la corsa dove devi fare le cose giuste per vincere. Non bisogna stare sempre in testa ma farlo nel momento più adatto. Poi è importante avere in mente un piano preciso per amministrare le energie. Sarà per tutti una corsa durissima».
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