I Volti Nuovi del Gruppo, Lorenzo Fortunato: “Speravo di passare prima, ma adesso voglio dare qualcosa in più”

Prosegue il nostro percorso per conoscere meglio i Volti Nuovi del Gruppo nella stagione 2019. Attraverso questa rubrica andremo a presentare i corridori italiani che si affacciano quest’anno tra i professionisti. Quest’oggi è il turno di Lorenzo Fortunato, che nel 2019 esordirà coi grandi indossando la maglia della Neri Sottoli-KTM. Nato a Bologna il 9 maggio 1996 e residente a Castel de’ Britti (paese in cui è cresciuto anche Alberto Tomba), dal 2015 al 2018 ha militato nelle fila della Hopplà Maserati Petroli Firenze, ma negli anni precedenti aveva già avuto l’occasione di testarsi coi professionisti, visto che nel 2016 è stato stagista con la Tinkoff e nel 2017 con la Bardiani-CSF. Il grande salto è arrivato però con la formazione di Angelo Citracca e Luca Scinto.

Quando hai iniziato col ciclismo e come hai capito che sarebbe diventata la tua professione?
La mia prima passione è stata il calcio. Ho giocato fino ai 10 anni e mi ritenevo anche forte. Facevo parecchi gol ma la mia squadra non era granché, così anche se ne facevo uno poi ne prendevamo quattro. Alla fine mi sono stancato e ho optato per il ciclismo. Mi è subito piaciuto, mi divertivo, e con gli esordienti e allievi ho anche cominciato a vincere. Poi con a Petroli Firenze sono cresciuto e ho trovato la mia dimensione. E ora eccomi qui.

Per chi non ti conoscesse, quali sono le tue caratteristiche come corridore?
Il mio terreno è la salita. Non sono proprio uno scalatore puro però, mi definirei più uno scattista-scalatore. Mi piacciono le corse a tappe, nei dilettanti mi sono sempre trovato bene, ma è ancora troppo presto per dire se potrò fare bene su questo terreno anche coi professionisti.

Dove pensi di dover migliorare?
Dappertutto. Per me è una categoria nuova e dovrò lavorare tanto. Poi è chiaro che per uno con le mie caratteristiche è fondamentale migliorare soprattutto in salita; si può dire che non farò i salti mortali per migliorare in volata.

Come reputi il tuo 2018?
La prima parte di stagione è stata abbastanza negativa, mentre nella seconda parte sono riuscito a riscattarmi un po’. Dal Giro della Valle d’Aosta, che ho chiuso sesto, in poi le cose sono andate meglio e ho centrato qualche buon piazzamento. Nel complesso una stagione così così.

Quando è previsto il tuo esordio?
Al Tour Colombia, dal 12 al 17 febbraio, dopodiché non so ancora a che corse prenderò parte. L’esclusione dal Giro d’Italia ha cambiato un po’ i piani della squadra, quindi non sappiamo ancora bene che corse ci attenderanno. Non vedo l’ora di iniziare, anche perché in Colombia ci attende un bello spettacolo di tifosi.

In questo 2019 punti ad accumulare esperienza o anche qualcosa di più?
Spero sia un’annata in cui posso riscattarmi. Coi dilettanti non penso di aver dato tutto me stesso. Mi sono espresso su discreti livelli, sono riuscito a passare professionista, ma voglio riuscire a dare qualcosa in più rispetto a quanto fatto fino ad ora.

Nel 2016 hai avuto un primo assaggio di professionismo con la Tinkoff.
Si, ero al secondo anno di dilettanti e ho avuto questa opportunità. In quel periodo andavo forte e la Tinkoff mi ha fatto partecipare a diverse corse. In particolare ricordo con piacere il Tour des Fjords, che ho chiuso 13° in classifica generale dopo anche un ottavo posto di tappa. Poi il fatto che fosse l’ultimo anno della squadra non mi ha aiutato per niente. A quel punto mi sono un po’ rilassato e i risultati hanno cominciato a venire meno. L’anno dopo ho fatto anche un’esperienza con la Bardiani, che però non è andata come speravo.

Alla luce di tutte queste esperienze, pensavi di passare professionista un po’ prima?
Sinceramente, sì. Ovviamente è colpa mia, pensavo e speravo di passare, invece mi sono un po’ “seduto” e non ce l’ho fatta. In realtà poi, non avevo dimostrato chissà che cosa, però avevo questa illusione. Per fortuna ho capito che dovevo rimboccarmi le maniche e, una volta fatto, sono riuscito a fare questo salto.

L’età è comunque ancora dalla tua parte.
Sì, assolutamente, alla fine sono passato professionista nell’età giusta, quando solitamente è giusto passare. Ogni tanto è controproducente fare questo passaggio quando si è troppo giovani. In fin dei conti, sono contento di aver fatto quattro anni da dilettante con la Petroli Firenze, per me è stata come una famiglia. L’ultimo anno è arrivato anche Orlando Maini che mi ha aiutato molto ed è stato fondamentale per il mio passaggio tra i professionisti. Gli devo molto.

La corsa dei tuoi sogni?
Il Giro dell’Emilia. Per un bolognese, con la scalata simbolo del San Luca, non può che essere la corsa regina.

Il corridore al quale ti ispiri?
Marco Pantani. Ero molto piccolo durante il suo periodo d’oro, ma ho avuto la fortuna di farmelo raccontare da chi lo conosceva bene, Orlando Maini, che più volte mi ha narrato delle sue imprese. E poi su internet è pieno di video con le vittorie e i suoi attacchi memorabili.

Se ti dovessimo richiamare tra un anno, cosa speri di poterci raccontare?
Beh, spero tu mi possa richiamare prima, magari a metà stagione. Così vorrà dire che starò facendo bene…

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