Chris Froome plana in Gazzetta. Andrea Monti, il direttore, accoglie il re del Giro d’Italia 2018 con una frase che spiega tutto: “E’ un onore assoluto averti con noi”. Parlano davanti alla foto di Coppi e Bartali al Tour 1952, l’immagine simbolo di questo sport. Ad accogliere la maglia rosa c’è anche Gianni Bugno, il presidente mondiale dei corridori. “Sono un tuo sostenitore – dice il monzese, iridato 1991 e 1992 – e sono contento anche delle critiche che mi hai fatto, perché mi sono servite per crescere. Noi abbiamo bisogno di te”. Al fianco di Froome, Fausto Pinarello: il costruttore delle sue bici-gioiello. Froome, ha vinto il Giro sul Colle delle Finestre con una fuga in solitario di 83 chilometri. Un’impresa pazzesca, forse la sua migliore in assoluto.
“Al Tour una volta ho vinto attaccando in discesa, un’altra in pianura con Sagan. Non sono uno che attacca solo negli ultimi chilometri di salita. Al Giro dovevo rischiare il tutto per tutto, 4° o 11° non cambiava nulla. Nella mia testa sentivo che ero pronto a dare tutto, fino al limite dell’impossibile. Sulla strada tutto è andato alla perfezione e gli avversari hanno anche fatto errori. Tecnicamente e tatticamente, è stato il giorno più bello della carriera. Sul Finestre ho fatto la mia migliore performance sportiva”.
E’ stato “il momento” della sua carriera.
“Senza dubbio. E ora tornare in Italia... Non dimenticherò come mi hanno accolto a maggio. Non avevo mai vinto una corsa così, adesso è cambiato il mio rapporto con la gente”.

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Sullo Zoncolan aveva vinto, sì, ma forse anche capito che doveva migliorare il suo rapporto peso/potenza. C’era una sola via per alleggerirsi: la rischiosissima “disidratazione controllata”.
Un attimo di silenzio. “Sì, ci si pensa sempre a come fare meglio, a come guadagnare qualcosa in tempo. Se non pensi così, fai prima a lasciare la bici. Con la squadra avevamo calcolato tutto, anche quanto e come perdere liquidi prima. Sul Finestre abbiamo messo una persona dello staff ogni 5 km. Io ho fatto la salita senza borraccia, me la passavano loro”.
Borraccia piena?
“In una salita così non devi portare peso. In ogni borraccia, la quantità giusta e necessaria per arrivare al punto dopo”.
Si è mai rivisto?
“No, mai, e non ho intenzione di farlo. Ci sarà tempo più avanti, quando sarò più vecchio. Ora preferisco rimanere concentrato sul futuro. Non mi guardo mai indietro: al passato non penso proprio”.
Fino a quando correrà?
“Sono convinto di potere resistere per altri cinque anni. Quindi fino a 38 anni. Ma dovrò essere al top della forma”.
Prossima stagione Giro o Tour?
“Non ho ancora deciso, bisogna sedersi con la squadra e ragionare. Il Giro è una corsa molto spettacolare, il Tour è il miglior modo per misurare il tuo valore come corridore. Non nascondo che i cinque successi sono un obiettivo. Voglio entrare in quel club speciale con Anquetil, Hinault, Indurain e Merckx”.

FROOME PILLOLE LIVE 31102018
Prima si è cercato di vietare le radio, ora i misuratori di potenza: più spettacolo, si dice. Ma forse il vero obiettivo è interrompere il dominio del team Sky.
“Usando o no i misuratori di potenza, i risultati non cambierebbero molto. Noi a Sky vinciamo grazie alle nostre gambe e alla nostra preparazione. Per quanto riguarda le radio, al limite potremmo toglierle dalle ammiraglie. Ma tutti i corridori devono averne una, anche comune, per le comunicazioni sulla sicurezza in corsa”.
Com’è il Froome di tutti i giorni?
“Un uomo normale. Cambio i pannolini a mio figlio, mi sveglio di notte. Se sono spalle al muro, cucino. Lo so fare, ma non mi piace... Non sopporto il ritmo lento necessario per farlo. Gioco con i figli, come attività alternativa mi piace la bici gravel, soprattutto in Africa vado fuoristrada. Oppure il running, correre a piedi ogni due o tre giorni, per restare in forma, per divertimento. Adoro l’acqua. E quindi tutti gli sport acquatici: la pesca, le immersioni, ho la licenza per immergermi in acque aperte fino a 30-50 metri. Ma la maggior parte del tempo la trascorro pensando e studiando come migliorare il mio rendimento. Ci metto una passione totale per capire ogni minimo dettaglio”.
Per un certo periodo ha pensato anche ad allenarsi di notte.
“Una follia, ma pensavo mi servisse. Credo di riuscire a fare allenamenti che pochi al mondo, forse nessuno, potrebbe sopportare. Sono di un’intensità pazzesca. Provo ogni volta a superare i miei limiti. Talvolta sono state fatiche più dure che in corsa. Si dice no pain, no gain (nessun dolore, nessun vantaggio, ndr)”.
Ci spiega meglio?
“Certo. In corsa magari per un po’ riesci a stare a ruota e tirare il fiato. In allenamento cerco sempre un’intensità che vada oltre. Succede che faccia salite più veloci che in corsa, lo Zoncolan del Giro ne è un esempio. In ricognizione sono andato fortissimo. Devi portare il tuo corpo in allenamento oltre ogni limite. Devi essere abituato a superare i limiti, come volume di intensità, perché questo limite, in corsa, deve diventare normale. Io vado più veloce e più forte in allenamento che in corsa. Io sono ossessionato da questa necessità di miglioramento, sono affamato da tutte quelle cose che mi fanno migliorare. Mi ci dedico enormemente, con un lavoro durissimo”.
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Froome straordinario corridore da giri. E le classiche?
“Ho sentito di una nuova corsa con arrivo sul Ventoux. Attira la mia attenzione. Certo, mi piacciono i Monumenti, se la Liegi capitasse in un periodo diverso potrei anche farci un pensierino, ma devo accettare che la mia strada sia quella delle corse a tappe. Non è questione fisica o di doti atletiche, quanto di preparazione. Non cambio ora, magari lo farò per l’Olimpiade di Tokyo 2020”.
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“Credo sia questione di un approccio molto più moderno allo sport”.
Approccio moderno o un fiume di soldi a disposizione?
“Quando Sky ha iniziato, nel 2010, aveva la metà del budget attuale. Poi è incrementato grazie ai successi, che sono stati una specie di volano. Certo, quando il progetto ha preso il via, i soldi dello Stato hanno permesso di fare un reclutamento molto ampio, uno screening enorme e preciso. Italia, Francia, Spagna, c’era tanta tradizione nel ciclismo quando Sky è entrata. Noi abbiamo portato un approccio moderno, fresco, senza il peso della tradizione, senza farsi influenzare dal passato. Prendete Geraint Thomas: era un ragazzino, i tecnici sono andati nella sua scuola, hanno fatto i test, gli hanno fatto vedere un’opportunità nello sport. E, come lui, centinaia di altri atleti. I soldi? Non è detto che entri nel ciclismo con 50 milioni e vinci subito”.
Lei ha iniziato ad Aigle, al Centro mondiale Uci in Svizzera.
“Esperienza fantastica. Sono stato uno dei primi corridori ad arrivare e avevamo ogni genere di supporto. Era la prima volta che venivo in Europa ed era tutto così differente rispetto all’Africa: non avevo mai visto la neve o una montagna. A casa le salite più lunghe erano di 10 minuti, in Svizzera più di un’ora”.
Se i suoi figli, un giorno, volessero fare i corridori?
“Il ciclismo è passione, amore. Una cosa che devi sentire dentro e che non si trasmette per eredità. Non imporrò nulla: se sceglieranno questa strada, sarò il primo a dare consigli”.
Ha intenzione di restare nel ciclismo dopo il ritiro? Magari guidando una squadra da d.s.
“Certo, perché no? Non lo escludo. Ho tanta passione, mi piacerebbe insegnare ai giovani, per esempio”.
E se non avesse fatto il ciclista?
“Ho un grande amore per gli animali e per la natura. Per la conservazione, per la sua difesa. Se non avessi fatto il ciclista, mi sarei occupato di quello. Salvare i rinoceronti dall’estinzione, per esempio: sulla mia bici avevo anche la loro immagine. Oppure l’esaurimento delle risorse naturali: una questione importante che non viene presa abbastanza sul serio. E’ questo che mi preoccupa per il futuro”.