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«La vittoria arriva quando meno te lo aspetti»

16.04.2018 11:41

Intervista a Davide Formolo: il veronese della Bora-Hansgrohe mette nel mirino la Liegi-Bastogne-Liegi e il Giro d’Italia


28 giugno 2014. È questa la data in cui Davide Formolo, una delle maggiori promesse del ciclismo nostrano, si rivelò al mondo ciclistico piazzandosi al secondo posto al campionato italiano alle spalle di Vincenzo Nibali. Quando sono trascorsi quasi quattro anni da quel momento il veronese ha ottenuto un solo successo, per altro in modo scintillante: l'allora ventiduenne sorprese tutti in quel di La Spezia, nella quarta tappa del Giro d’Italia 2015, in quello che era la prima grande corsa a tappe della carriera. Nello scorso bienio il nativo di Marano di Valpolicella si è messo in luce centrando buoni piazzamenti, terminando tra i migliori 10 sia la Vuelta a España 2016 e che il Giro d’Italia 2017. Ma nella mente degli appassionati brilla però la notevole prestazione all'ultima Liegi-Bastogne-Liegi, in cui fu uno dei pochi coraggiosi ad attaccare, venendo raggiunto a soli 400 metri dal traguardo di Ans.

Per lui è giunto il momento di effettuare quel salto di qualità che ancora gli manca, sia nelle classiche che nei grandi giri: per riuscirvi il venticinquenne è approdato alla Bora Hansgrohe, formazione nella quale giovani come Emanuel Buchmann e Patrick Konrad hanno effettuato importanti passi in avanti. Al termine di un periodo di preparazione in altura sul Teide abbiamo sentito il veronese, parlando dell'ambientamento nella nuova squadra e dei prossimi obiettivi stagionali.

Dopo tre anni alla corte di Vaughters sei passato alla Bora: come mai questa scelta?
«La decisione di cambiare aria è stata presa perché volevo crescere in una squadra giovane e attenta alla crescita dei talenti. Lo scorso anno hanno vinto la prima tappa del Giro d'Italia con Pöstlberger e anche da questo si vede che anche se è un team nato di recente ha tanta qualità per raggiungere ottimi risultati»

Nella squadra tedesca non sei l’unico italiano del roster dato sono presenti anche Matteo Pelucchi, Daniel Oss e Cesare Benedetti: che rapporto hai con loro?
«Con Daniel ho un ottimo rapporto: provenendo entrambi dal Lago di Garda ci allenavamo nelle stesse zone, incrociandoci spesso. A febbraio abbiamo trascorso una ventina di giorni in ritiro a Sierra Nevada prima della Tirreno Adriatico. Anche Cesare abita vicino a me e quindi avevo già provato a vederlo sulle salite che faccio durante i miei allenamenti. Mentre con Pelucchi, avendo delle caratteristiche un po’ diverse dalle mie, purtroppo non ho avuto l’occasione di correre assieme ma a dicembre abbiamo fatto un ritiro e quindi parlando la stessa lingua ci siamo già conosciuti»

Cos'è cambiato nella tua preparazione?
«Ho cambiato il modo di lavorare diminuendo le ore di allenamento e aumentando gli esercizi specifici. Ho diminuito quindi la quantità ma ho aumentando l’intensità»

Quest’anno sei più maturo e anche più consapevole dei tuoi mezzi
«Ogni anno facendo nuove esperienze sto scoprendo sempre di più i miei limiti. Tutto ciò mi porta a credere di più in me stesso e sotto questo aspetto mi ritengo fortunato. Mantengo sempre i piedi per terra ma scopro sempre qualcosa di più di me stesso rispetto quello che mi aspettavo. Per questo motivo sono felice e vedrò dove mi porterà la strada della vita. Il ciclismo è uno sport duro ma alla fine i sacrifici vengono ripagati. O meglio, tutti i corridori sono molto preparati e professionali ma se vuoi arrivare ad alti livelli nel World Tour bisogna compiere grandi sacrifici. E non è da tutti arrivare dove siamo arrivati noi ragazzi che militiamo in grandi squadre»

Insomma sei ancora di più una roccia
«Sì, sono una roccia (ride). Questo soprannome me lo è stato dato quando avevo circa sette anni e quindi ero ancora ragazzino. Al campo scuola facevamo un gioco di resistenza e non mollavo mai visto che ero sempre combattivo. Anche quando ero mezzo morto attaccavo sempre e per questo motivo hanno iniziato a chiamarmi roccia»

Che giudizio dai di questi tuoi primi mesi del 2018?
«Il mio inizio di stagione è stato buono perché ho iniziato bene ad Abu Dhabi con una bella prestazione che è stata confermata alla Tirreno Adriatico. Sfortunatamente però non è arrivata la vittoria ma imporsi non è mai facile. Quando il livello è molto alto e mi trovo davanti con i migliori vuol dire che la gamba c’è. E per questo motivo sono molto fiducioso e spero di tornare a vincere. Per la mia esperienza so che il successo arriva quando sei più rilassato e convinto dei tuoi mezzi. E se la vittoria vuole arrivare prima o poi arriverà anche lei»

Uno dei tuoi grandi obiettivi stagionali è la Liegi-Bastone-Liegi, che hai sfiorato l’anno scorso
«Dato che sono quasi un novizio di queste prove sono contento di come sia andata. Alla vigilia mai avrei pensato di poter centrare il successo: eppure, per poco, quasi ci riuscivo. La vita ci porta delle sorprese che nemmeno noi ci possiamo immaginare mentre in altre occasioni ci presenta delle delusioni perciò ogni giorno bisogna vivere con rilassatezza e come dicono in Spagna “desfrutar” ogni cosa. Ogni giorno infatti dobbiamo essere felici di ogni cosa che riceviamo»

Cosa ti è passato per la testa quando sei passato sotto l’arco degli ultimi mille metri?
«Ho pensato "mena che questa è la volta buona". Poi però mi è passato Daniel Martin ed ho detto "dai continuiamo". Ma quando è arrivato il gruppetto con Alejandro Valverde che stava già rimontando su di lui mi è crollato il mondo addosso. Però questo è lo sport. La mia giovane età mi ha fatto mollare e quindi non ho lottato per un piazzamento che sarebbe stato ottimo in una corsa come la Liegi. Alla fine, come dicevo prima, bisogna essere felici di quello che la vita ci regala tutti i giorni e sono contento di come è andata. Ogni volta voglio fare un passo in più per andare alla caccia di grandi risultati»

E subito dopo la classica belga sarai il capitano della Bora Hansgrohe al Giro d’Italia: con quali ambizioni partirai da Gerusalemme?
«Io e König cercheremo di curare la classifica generale. Un grande giro, durando tre settimane, è molto lungo e bisogna evitare di  ammalarsi e di cadere. Ogni giorno bisogna avere la fortuna di recuperare bene dagli sforzi fatti senza stressarsi troppo. Il mio obiettivo sarà quello di dare il massimo come sempre. A me piacerebbe comunque migliorare il nono posto della Vuelta 2016 e di sicuro partirò con più consapevolezza nei miei mezzi rispetto a due anni fa. Però alla fine le migliori prestazioni arrivano quando meno te lo aspetti e per questo motivo voglio essere calmo»

Qual è la tappa che più di ogni altra pensi possa essere decisiva ai fini della classifica generale?
«Il Giro che ci aspetta sarà molto duro sin dalla Sicilia con le prime salite, per cui bisogna partire già al massimo senza dimenticare che bisogna arrivare all’ultima settimana con energie residue. La tappa chiave però potrà essere quella dello Zoncolan che sicuramente sarà spettacolare, senza dimenticarsi dell'arrivo a Sappada. Nell’ultima settimana di corsa però tutte le salite possono diventare decisive perché basta un niente per uscire di classifica e, viceversa, recuperare molto se uno si ritrova una gamba super»

Sei andato a fare una ricognizione di qualche frazione?
«Ho avuto la possibilità di vedere la cronometro di Rovereto. L’anno scorso ho fatto un ritiro sull’Etna e quindi conosco bene la salita. Poi le altre asperità le ho già affrontate nelle passate edizioni del Giro che ho disputato oppure le ho viste mediante dei video»

Il tuo programma per la seconda parte di stagione cosa prevede?
«Dopo il Giro d’Italia vedrò insieme alla mia squadra quali corse disputare perché ora voglio pensare solo alla corsa rosa. Però probabilmente farò il Tour of Pologne e successivamente la Vuelta a España che è il classico programma che ho già fatto le passate stagioni. Penso che molti girini possano avere un medesimo piano di gare in estate»

E poi c’è il mondiale di Innsbruck che strizza l’occhio agli scalatori come te
«Vincenzo Nibali è andato in Austria a provare il percorso e ha detto che è durissimo. Essendo uno scalatore non voglio tirarmi indietro perché partire per una rassegna iridata sarebbe spettacolare. Se dovessi essere convocato so già che dovrò essere in supporto per un altro corridore ma sarei contentissimo lo stesso in quanto credo che questo Mondiale può essere vinto dalla nostra nazionale»

Cosa dovrai fare per convincere il Commissario Tecnico Davide Cassani?
«Dovrò andare forte alla Vuelta (ride). Di sicuro bisognerà che mi faccia trovare pronto al momento giusto. E questo è quello che dovrò fare»

Quando non corri in bicicletta cosa ti piace fare?
«Mi piace andare a fare un giro con la mia vespa e guardare i cani. Quando non pedalo faccio una vita normale ed una cosa che spesso amo fare è osservare i paesaggi»

Di cosa nella tua vita non puoi fare a meno?
«Sicuramente mia moglie Mirna, che è la ragazza della mia vita e sono felice di vivere con lei»

Qual è il complimento più bello che hai ricevuto?
«Nel mio primo anno da professionista sono arrivato al secondo posto del campionato italiano e proprio in quella stagione sono stato la riserva ai mondiali di Ponferrada. In Spagna c’era anche Giancarlo Ferretti e ricordo che mi disse: "non ti avevo mai visto e mi hai sorpreso". Ricevere i complimenti da una persona così importante mi ha davvero lusingato. Nella stagione successiva ho vinto una tappa al Giro d’Italia ma poi non ho più ottenuto risultati di spicco e lui mi ha chiesto perché ero sparito. Ogni anno cerco di alzare l’asticella nelle gare che disputo e sicuramente ottenere un podio nelle corse minori è più facile rispetto che a stare con i migliori nelle corse World Tour»

Progetti per il futuro?
«La vita di un corridore è impegnativa e per il momento penso ad andare in bicicletta. Accolgo tutto quello che la vita mi dà ogni giorno ed in futuro vedrò cosa mi regalerà»

La vita da marito come va?
«Prosegue tutto bene perché come dicevo prima sono molto felice di stare con mia moglie visto che non è facile stare via tanti giorni all’anno per correre ma lei mi supporta sempre. Alla grande!»
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