Keagan Girdlestone ha un’etichetta addosso: «100% miracolato». Keagan è il giovanissimo ciclista sudafricano (ma vive a Christchurch, in Nuova Zelanda), 20 anni, che il 5 giugno 2016 andò talmente vicino alla morte da ritrovarsi la bacheca di Twitter ricolma di messaggi di condoglianze. Il tremendo incidente accadde in Italia, durante la Corsa della Pace – gara internazionale per under 23/élite – a Sant’Ermete di Rimini: il 19enne della Dimension Data Development (la formazione giovanile del team di Mark Cavendish) finì con la testa nel lunotto posteriore della sua ammiraglia procurandosi una lesione della giugulare e della carotide. Dopo 10 giorni di coma e tre settimane di terapia intensiva iniziò un sorprendente processo di recupero che ora sta per raggiungere il suo momento più importante: mercoledì 17 gennaio, a 591 giorni dal terribile schianto, Keagan prenderà di nuovo parte a una corsa Uci, la New Zealand Classic in cinque tappe, con il team Frezzor Racing.
medici — Un evento ancora più miracoloso se si pensa alle condizioni in cui il giovane talento arrivò all’ospedale Infermi di Rimini: due ore e mezza senza ossigeno al cervello, quasi quattro litri di sangue persi e un arresto cardiaco proprio sul tavolo operatorio. «I medici prima dissero che non sarei sopravvissuto più di 24 ore, poi che avrei riportato danni permanenti al cervello» ripete Keagan. Lui ha smentito ogni previsione nefasta, al punto da tornare in sella cinque mesi dopo l’intervento salvavita. Con il tempo, la voce è tornata squillante (una corda vocale era rimasta lesionata), i muscoli hanno ripreso forza e anche i nervi che si pensavano danneggiati sono tornati a funzionare. Da gennaio 2017 ha pure iniziato a prendere parte a gare locali, ma sarà mercoledì il primo vero impegno. Keagan sorride molto, dell’incidente non gli resta che una profonda cicatrice sul collo e un tatuaggio sul braccio sinistro – una croce in legno con un casco, un vetro e la data del 5 giugno 2016, a significare che il vecchio Keagan è morto a Rimini: il fu Mattia Pascal della bicicletta.
Keagan, come si sente a poche ore da una gara tanto significativa?
«Sto benissimo, sono nella forma migliore che abbia mai avuto dopo l’incidente. Chiaro, non ho grosse aspettative, solo una lista di obiettivi che cancellerò durante il tour mano a mano che li raggiungo: finire in gruppo, poi finire nei primi 20, poi provare ad attaccare, poi finire sul podio, poi… Sono un opportunista: se c’è una chance di ottenere il risultato e le gambe stanno bene, io ci provo».
Prima dell’incidente diceva che il suo sogno era di diventare professionista e di vincere corse come il Tour de France e l’Olimpiade. Adesso?
«Gli obiettivi sono sempre gli stessi. Non è cambiato nulla».
Si sente un miracolato?
«Lo sono al 100%! Penso che quel giorno tutto sia andato “perfettamente”, vista la situazione. Se solo qualcosa fosse andato diversamente, oggi non sarei vivo».
Girdlestone aveva ricominciato con qualche gara amatoriale

Girdlestone aveva ricominciato con qualche gara amatoriale

Dove ha trovato la forza per ripartire?
«La mia forza viene da Dio. Ho grande volontà e determinazione, amo il ciclismo e posso superare anche i momenti più duri per fare ciò che amo».
Chi l’ha aiutata in questo periodo?
«Mamma e papà sono stati fondamentali, poi ho ricevuto un sacco di messaggi da ciclisti pro’. Il momento più bello è stato quando Edvald Boasson Haghen mi ha dedicato la vittoria di tappa al Delfinato».
Questa esperienza le ha insegnato qualcosa?
«Ad avere tanta pazienza (ride, ndr). Mi ha insegnato che se si crede in se stessi, si lavora duro e non ci si lascia condizionare dalle opinioni altrui, si può raggiungere tutto quello che si vuole. Mi auguro che la mia storia possa infondere speranza nelle persone. Avevo molti idoli nel ciclismo che si sono rivelati dei truffatori: è avvilente. Così spero di essere io quel cambiamento nel nostro sport che ho sempre voluto vedere: il corpo umano e la mente sono in grado da soli di realizzare cose incredibili».
Cosa ricorda dell’incidente e dei suoi giorni in ospedale?
«Dello schianto ricordo solo la sensazione di un liquido caldo – del sangue – che corre sul mio collo, e uno spettatore che urla: “Piano, piano”. Dei giorni in terapia intensiva ricordo un gran dolore, ma anche che dicevo ai miei genitori: “Tornerò in bici!”».
E tornerà anche in Italia?
«Certo! Magari non quest’anno, ma il prossimo è possibile: voglio correre di nuovo in Italia e in Europa».
Ha letto dell’incidente a Claudia Cretti durante l’ultimo Giro Rosa? Anche lei dopo il coma ha recuperato ed è tornata a fare i primi chilometri in bici.
«È stata una notizia terribile, ma è bello sapere che sta recuperando. Il mio consiglio è di essere sempre grati per quello che si ha, amare ciò che si fa, non perdere mai la speranza. E non lasciarsi scoraggiare dai momenti negativi».