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Phil Gaimon e le bici di Cancellara: "I suoi compagni parlavano di motorini"

La parola all'autore di un discusso libro: "Non ho mai pensato che il doping meccanico potesse aver preso piede nel ciclismo però ho ascoltato di persona alcuni membri della sua squadra riferirsi a biciclette truccate"

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La carriera di Phil Gaimon non è stata esattamente ricca di soddisfazioni. Il corridore americano ha vinto una corsa in tre anni da professionista, prima di lasciare il ciclismo nel 2016. Però, nel poco tempo avuto, ha imparato molte cose. In Draft Animals, Living the Pro Cycling Dream ( Once in a While), il suo libro-confessione pubblicato nei giorni scorsi negli Stati Uniti, il confine labilissimo tra ciclismo e cinismo viene sfondato a colpi di ironia tagliente. E poi, si arriva a pagina 120.

Lì si parla di Fabian Cancellara, lo svizzero vincitore di sette classiche e due ori olimpici.
"Non ho mai pensato che il doping meccanico potesse aver preso piede nel ciclismo e non lo penso ancora oggi. Però ho ascoltato di persona alcuni compagni di squadra di Cancellara parlare di bici motorizzate".

Se ne parla dal 2010. Cosa ha sentito, lei?
"Raccontavano che Fabian avesse avuto un meccanico di fiducia diverso da quello del club e la sua bici venisse tenuta distinta dalle altre. Alcune sue accelerazioni mi sono sembrate sospette, ad esempio alla Sanremo 2008, o al Fiandre e alla Roubaix 2010. Ho riportato testualmente quel che ho sentito".

Non sono prove, ma rumors quindi?
"Circostanziati, solidi. Mi dispiace solo che questa mia frase sia stata interpretata come la prova che nel ciclismo sia dilagato in questi anni il doping meccanico. Non è così e credo che quello di Cancellara sia stato un caso isolato".

L'Uci intende vederci chiaro con un'inchiesta a partire dalle sue parole e Cancellara ha chiesto il ritiro del libro.
"Sono felice che l'Uci, col nuovo presidente Lappartient, abbia questa priorità. Il doping meccanico è se possibile ancor più odioso di quello farmacologico".

Nel suo libro si parla anche di quello.
"Io ho iniziato a correre nel World Tour, con la Slipstream (targata Garmin e poi Cannondale), in un'éra che ho definito "post- Dopocalypse", successiva cioè a un'epoca totalmente condizionata dalla farmacia. Molti sponsor, a quel punto, avevano deciso di allontanarsi, abbiamo rischiato di arrivare alla chiusura definitiva di un intero sport. La differenza l'ha fatta la confessione di Lance Armstrong da Oprah Winfrey. Se tutti gli americani ricordano dov'erano l'11 settembre 2001, tutti i ciclisti ricordano perfettamente dov'erano quel giorno, quando Lance vuotò il sacco. Quello è stato un punto di non ritorno. Non dico che il doping sia scomparso, anche perché soprattutto sulle ammiraglie c'è gente che viene dagli anni del doping. Molto però è migliorato".

È un libro dedicato a quelli che non ce l'hanno fatta. Perché?
"Sono la parte più sana e più dimenticata, i veri animali da soma dello sport. Non c'è uno sport così antidemocratico, più ingiusto del ciclismo. Ma è da sempre così. È il segreto della sua bellezza, in fondo".
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