Nino Schurter, 31 anni, re del cross country dal 2012. Mosna

Nino Schurter, 31 anni, re del cross country dal 2012. Mosna

Nino Schurter sta alla mountain bike come Federer al tennis, Messi al calcio, Phelps al nuoto: dominatore, con classe. Svizzero, cresciuto nel minuscolo villaggio di Tersnaus, dove si parla il romancio, a 31 anni ha già vinto praticamente tutto, ma non ha ancora perso la fame. Il Cannibale cortese ha conquistato col sorriso tre medaglie olimpiche (bronzo a Pechino 2008, argento a Londra 2012, oro a Rio 2016), cinque maglie iridate e quattro Coppe del Mondo. In quella attuale, ha viaggiato tra Nove Mesto, Albstadt, Vallnord e Lenzerheide con il biglietto di prima classe: quattro tappe, quattro vittorie. Poi ha trovato il tempo di aggiudicarsi il sesto titolo nazionale, prima di staccare la spina per preparare i nuovi appuntamenti.
Piccola nota patriottica: nei successi del fuoriclasse della Scott-Sram c’è tanta Italia. La Toscana è per Nino una seconda patria: i suoi genitori hanno casa a Massa Marittima, nello stesso posto in cui il fratello Mario ha aperto una Bike School e il team manager Thomas Frischknecht (due volte iridato marathon, nel 2003 e 2005) l’albergo Massa Vecchia, un campo-base per la squadra.

Nino, mancava l’oro olimpico e l’ha vinto: cosa rimane ancora?
«Gareggiare è la mia vita, la motivazione non manca mai. Volevo conquistare la Cape Epic, ci sono riuscito. Ora potrei puntare al numero di vittorie di Absalon in Coppa, e poi c’è Tokyo 2020: l’obiettivo a lungo termine».
Sembra che vincere molto semplice per lei...
«Il fatto che abbia vinto le prime quattro tappe di Coppa del Mondo non significa che sia stato facile. A Lenzerheide, se ci fosse stato un giro in più, avrei perso. Sono al mio massimo adesso: migliorare significa cercare piccoli guadagni in diverse aree. Non è facile».
Come si rimane al top?
«Devo selezionare i miei obiettivi. Preferisco correre meno ed essere competitivo. Ecco perché ho saltato gli Europei. Rientro questo weekend in Canada e dopo sarò in Val di Sole».
Che cosa ha di speciale l’Italia?
«La adoro. La mia famiglia ha una casa a Massa Marittima e ogni anno, per qualche settimana, sono con loro. In autunno, dopo le gare, andrò in vacanza in Sardegna. L’Italia è perfetta per allenarsi, ma amo anche la cultura, il cibo, la dolcevita».
Che importanza ha l’Italia nella sua preparazione?
«Sono tornato da poco dal nostro training camp di Massa Marittima, il podere Massa Vecchia, dove mi sono allenato con Matthias Stirnemann e Andri Frischknecht. Mio fratello e mio papà, poi, sono trail builder e nella zona hanno sviluppato una grande rete di tracciati. Io faccio uscite pure su strada: è uno dei posti migliori al mondo dove allenarsi».
Non ha mai pensato di lasciare il cross country per la strada, come Evans o Peraud?
«Nel 2014 ho corso con l’Orica-GreenEdge. Ho finito il Romandia e il Giro di Svizzera, ma ho capito che per eccellere bisogna concentrarsi solo su una disciplina. E le mie radici e il mio cuore appartengono alla mountain bike...».