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Ganna, pista e Roubaix: "Ma ho solo vent'anni"

L'Italia non spera solo in Viviani & C. Al Mondiale di Doha tra gli Under 23 correrà un predestinato che non teme inseguimento o pavè

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PISTA più strada, km e km di pista più strada, una vita divisa a metà tra linoleum e catrame, liscezza assoluta e le pietre della Roubaix, e sotto la corona dentata spinta da gambe smisurate, esercitate a questa contraddizione esistenziale. Nella gamma del ciclisticamente possibile, a Filippo Ganna mancava il deserto. Alla vigilia della crono U23 del Mondiale di Doha, nella quale è tra i favoriti, l'ha sentito passare dalle narici nei polmoni: "Mi sono allenato duramente, tanto, tanto, poi arrivo qui e passo dai 40° del percorso ai 15 dell'albergo. Immaginate come sto".

Non bene, ma è il Mondiale.
"L'unica regola nella cronometro è la mancanza di regole, non c'è tattica, solo tecnica, c'è una bella differenza".

Percorso così, quello della Perla del Qatar, l'isola artificiale dentro Doha: stradoni, mille curve, ma larghissime.
"Pochi rilanci, percorso filante, bene per me, per la mia struttura fisica".

Vincere sarà dura, però quando sei Filippo Ganna, il campione mondiale dell'inseguimento su pista, il vincitore della Roubaix U23, pro dal 2017 con la Project Tj Sport, non hai molte opzioni.
"Ho abituato bene i miei tifosi, è stato un 2016 fantastico, ma sono sempre un ragazzo di 20 anni, dobbiamo dare tempo al tempo".

Non è il suo primo Mondiale.
"Ne ho fatti già tre da juniores, Firenze, Ponferrada e Richmond. Ricordi belli, miglior piazzamento un 4° posto, diciamo che la predestinazione ci ha messo un po' ad attivarsi".

Com'è arrivato al ciclismo?
"Mio padre Marco è stato campione nella canoa sprint, ha gareggiato a Los Angeles 1984. Viviamo a Vignone, nel Verbano, lui mi disse "prova con la bici", ero in prima media, perché no, in fondo non avevo niente da perdere e il fisico, anche allora, c'era. La crescita è stata lenta ma continua, poi ho iniziato ad abbinare alla strada anche la pista. È una filosofia federale, quella della multidisciplinarietà".

La pista, il Mondiale di Londra nell'inseguimento individuale, l'oro: non tra gli U23 ma quello assoluto, il primo in questa specialità per l'Italia 40 anni dopo Moser.
"Alla fine non avevo più nulla in corpo, solo voglia di stendermi, voglia di una spiaggia".

Ripescato col quartetto dell'inseguimento, va a Rio e per poco non arriva il podio.
"Io, Consonni, Lamon, Scartezzini e Bertazzo, sesti e non dovevamo nemmeno esserci".

Come ha vissuto i Giochi?
"Come una vacanza, eravamo alloggiati in un villaggio turistico, un po' ai margini della grande festa, ma è stato bello lo stesso, vorrò di sicuro tornarci".

Se le dico Roubaix, a cosa pensa per prima cosa?
"Al dolore dovunque, ai sobbalzi, alla fatica fatta e all'idea che poi, dopo averla vinta - io l'ho fatto tra gli U23 dopo averla sfiorata nel 2014 - ti frulla in testa: "La rifaccio domani". Questa è. Questo è il velodromo, quando arriva, alla fine, l'ho fatto a occhi chiusi immaginandomi da un'altra parte, canticchiando "Andiamo a comandare", ma è bello, a pensarci, che la Roubaix si chiuda in un velodromo, se non è questa la corsa perfetta per me, quale altra?"

Qual è il suo idolo?
"Fabian Cancellara. Ho le sue caratteristiche, se sarò bravo, sarò competitivo nelle sue gare, il Fiandre, la Roubaix, le crono, intanto però restiamo su questo Mondiale".

Farà la crono e la prova in linea, la seconda da gregario per i due velocisti Minali e Mareczko. Polemichetta sulla presenza di quest'ultimo, già pro con la Wilier.
"Se il regolamento permette a un corridore in età giusta, anche se pro, di correre tra gli U23 va bene, è una possibilità in più per noi, su questo circuito veloce, per velocisti. Anche se magari la corsa, per via del vento, si metterà più dura".

C'è una canzone che canticchierà durante la crono?
"Ho Spotify nelle cuffie, a random, vedremo su quale delle canzoni il mio cervello si sincronizzerà ".

Tra un anno la troveremo a comandare tra i grandi?
"Magari...".
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