Ongarato, docente di umanità
Il velocista, un veterano del gruppo, è ormai un professore di geografia delle persone. Ci racconta personaggi e aneddoti del mestiere. E applaude Cipollini e Petacchi
Alberto Ongarato si impone in volata al Giro di Vallonia nel 2005. Afp
Alberto Ongarato si impone in volata al Giro di Vallonia nel 2005. Afp
MILANO, 27 dicembre 2006 — I velocisti vanno di fretta. Cognomi rapidi: due sillabe, come per Zabel o per Grillo; se poi le sillabe sono tre o quattro, si tagliano. E’ così che Petacchi diventa "Peta" e Ongarato si dimezza in "Onga". "Onga" ha 31 anni, e il 2007 sarà il suo decimo da professionista. Ormai è quasi un professore di geografia umana: nel senso che può raccontare il gruppo e descrivere i corridori.
- Il più duro?
"Sella. Uno che a forza di stringere i denti, rischia di consumarseli, e per fortuna che li ha belli grossi. Lo conosco da quando era dilettante, e adesso è mio compagno di allenamento. Ha grinta da vendere. Va sempre a tutta, anche in quelle giornate grigie in cui preferiresti rimanere sotto le lenzuola".
- Il più carismatico?
"Cipollini. Fino al 2002 avevo corso in squadre di seconda fascia ed ero abituato a una vita semplice. A Pescara, per la partenza del Giro d’Italia 2001, ci ero andato in treno. Nel 2003 sono passato nella squadra di Cipollini: avevamo un pullman, foderato da una sua gigantografia, che ci veniva a prendere all’aeroporto. Ma Mario non era solo apparenza: si allenava come un matto. Un giorno ho voluto seguire una sua tabella per curare l’esplosività da volata. Sono riuscito a fare solo un terzo del programma e sono tornato a casa con i giramenti di testa".
- Il più preciso?
"Sacchi. Ha una memoria da elefante. Ricorda tutto nei minimi dettagli, chilometro per chilometro, curva dopo curva. Un giorno siamo andati a visionare l’ultima parte del Giro delle Fiandre, in macchina, perché pioveva. Davanti Ferretti e Sacchi, dietro Vandenbroucke e io. Ferretti guidava e Sacchi lo anticipava: gira di qui, attento qua, vedi lì, guarda là".
- Il più affamato?
"Manzoni. Capace di mangiare tre o quattro piatti di pasta, e forse, volendo, anche cinque o sei. Ma tutti i corridori hanno una fame da lupi. Una mattina Paolo Belli, il cantante, ha assistito a una nostra colazione in una tappa di montagna: cappuccino e brioche, poi pane e marmellata, quindi un piatto di pasta, infine mozzarella e prosciutto. Non poteva crederci".
- Il più cotto?
"I velocisti sulle salite. Soffrono come gli scalatori, ma la loro fatica dura di più. E io ne so qualcosa: 10 chilometri di salita per me valgono il doppio. Ricordo una Vuelta: Peta, Velo e io, in crisi. Per la disperazione, Velo si è attaccato a un’ambulanza. Siccome non c’erano appigli, con le unghie si è aggrappato alla gomma dei finestrini. Poi è slittato fino al portellone posteriore, che si è spalancato lasciando un infermiere allo scoperto. Cinquanta metri dopo abbiamo messo i piedi a terra: morivamo dal ridere".
- Il più generoso in corsa?
"Sacchi. Va avanti e indietro, a prendere e portare le borracce. E’ così generoso che lo fa anche quando non ce n’è bisogno".
- Il più generoso dopo la corsa?
"Petacchi. Dopo la Sanremo 2005 ha regalato agli altri otto corridori della Fassa Bortolo un orologio Bulgari con la scritta "Milano-Sanremo 2005". Poteva anche non farlo".
- Il più pazzo?
"Celestino. In discesa vale almeno quanto Savoldelli. In ogni curva ti dà 100 metri. Va così forte che a volte sulla strada ci lascia dei pezzi. Come la clavicola alla Parigi-Nizza 2006".
- Il più scattante?
"Bettini. Quando sta bene, non guarda il contachilometri né l’altimetria, e se ne va".
- Il più attaccante?
"Pagnin e Roscioli. Il primo attaccava sempre nei momenti sbagliati. Il secondo, almeno, ti avvertiva".
- Il più allegro?
"Cadamuro. Dopo la cena, racconta quello che ha visto durante la tappa, fra litigate e cadute, e lo trasforma in uno show. Purtroppo qualche volta la sua allegria viene scambiata per mancanza di serietà".
- Il più bravo a insegnare?
"Lo dico sempre: è dai campioni che s’impara. Io devo ringraziare Cipollini e Petacchi. Al primo ritiro, Mario mi disse: "Cambia posizione". Aveva ragione. E l’altro giorno Alessandro ha guardato la mia bici nuova e mi ha detto: "Così, a occhio, è più in piedi dell’altra". Abbiamo misurato: un grado di inclinazione di differenza".