Ascani punta tutto sul 2007
Due anni da professionista, una vittoria, in Cina. "Ci credo, mi sacrifico, ma adesso ho bisogno di risultati. Se non vinci, non conti niente, non sei nessuno. Se non vado forte stavolta, addio"
Luca Ascani, 23 anni.
Luca Ascani, 23 anni.
MILANO, 26 dicembre 2006 — Quest’anno, dice, hanno vinto le beccacce. Furbissime. Più furbe che mai. Sentono tutto, s’insospettiscono per niente, si accovacciano contro il suolo, si mimetizzano con le piume color della terra. Di giorno non escono mai all’aperto. Di notte sì, in cerca di cibo.
Luca Ascani ha la passione per la caccia. «Caccia e ciclismo si assomigliano. In tutte e due ci vogliono passione e pazienza. E per andare a segno, colpo d’occhio e scatto. Come una fucilata». In 15 giorni dedicati alla caccia, lui è uscito 10 volte e ha preso due beccacce. Meglio è andato con i tordi.
E la bicicletta?
"Ricominciato. Oggi tre ore e mezzo, con alcune ripetute in salita. Mi sento un po’ appesantito. Non so se più per il lavoro o per il Natale".
Da solo?
"Sì, come al solito. Mi piace la solitudine: quando devo fare allenamenti specifici la preferisco alla compagnia. Perché io vado molto a sensazioni, e la compagnia mi distrae".
C’è una salita-verità?
"Più di una. Io abito a Castelfidardo, nelle Marche. In questi giorni le mie salite sono dalle parti di Fabriano e Matelica. Ma dipende dalle stagioni, dal tempo, dai programmi. Adesso c’è anche la neve".
Due anni da professionista, una vittoria.
"Al Giro della Cina, nel 2005. Una tappa lunga, impegnativa, sui 210 chilometri. Confusa, fin dal mattino. Però qualcosa, come un sesto senso, mi diceva che avrei avuto soddisfazione. Ci siamo staccati, in sei o sette, ma il gruppo navigava a 30-40 secondi. Così che neanche ci credevamo fino in fondo. Finché, all’improvviso, ha mollato. C’era un gran premio della montagna, poi 10 chilometri di discesa, e l’arrivo. Ho attaccato a un chilometro e mezzo dal Gpm, da solo, e ho resistito".
Sensazioni?
"Fantastiche. C’era una marea di gente. A un chilometro dal traguardo ho dovuto addirittura frenare per paura di investire qualcuno. Per i cinesi il Tour del Lago Qinghai è una grandissima festa. Un giornalista di "Bicisport" mi ha regalato un cd con le fotografie scattate lungo il percorso: da non credere".
E l’organizzazione?
"Niente da invidiare a Giro d’Italia e Tour de France. Mi hanno raccontato che, all’inizio, era un po’ amatoriale, ma dal 2005 è diventata professionale. Alberghi lussuosi, mangiare e bere europeo, con posate o bacchette, conferenze-stampa con interpreti e traduttori inglese-cinese e cinese-inglese. Con l’inglese me la cavo".
Precauzioni?
"Era il periodo della influenza aviaria. Quindi: niente polli. Ma gran piatti di riso e vitello. Dall’Italia eravamo partiti con scorte di pasta e parmigiano: le abbiamo riportate indietro. E occhio all’acqua. Solo quella minerale, anche per lavarsi i denti".
Il 2006?
"Avevo cominciato abbastanza bene con la Tirreno-Adriatico, poi mi è venuta l’influenza, due giorni prima della Sanremo mi sentivo stanco e nauseato, ma sono partito lo stesso. Risultato: ritirato. Sono tornato a Francoforte: settimo. Alla Quattro Giorni di Dunquerque ho rotto il telaio della bici e mi sono lussato la spalla. Sono tornato al campionato italiano: quarto. Poi sempre a rincorrere la forma e gli avversari".
E il 2007?
"Chiedo molto. Per me e per la squadra: mi scadrà anche il contratto. Io ho sempre voluto fare il corridore. Da piccolo facevo tanti sport, dal nuoto al go-kart, poi solo bici. Ci credo, mi sacrifico, ma adesso ho bisogno di risultati. Se non vinci, non conti niente, non sei nessuno".
Che fare?
"Allenarsi. Sapete chi era uno che si allenava da matti? Cipollini. Altro che playboy e califfo. Giro della Provincia di Lucca 2005: discesa, sbaglio una curva, rischio di mandare all’aria il gruppo, mi volto e dietro di me c’è Cipollini. Non solo non mi insulta, ma si affianca e mi spiega che in curva bisogna fare così e così".
Poi?
"Soffrire. Sapete chi è uno che sa soffrire da matti? Zabel. Non molla mai. Capace di rompersi anche l’osso del collo per un quindicesimo posto".
Si può imparare a vincere?
"Chi dice che s’impara a vincere vincendo, chi dice perdendo. Io dico che l’importante è, dopo una sconfitta, sapersi rialzare".
Lei si rialza?
"L’ho fatto anche l’altro giorno. Ero in macchina, andavo tranquillo, ma c’era un po’ di nebbia e un po’ di bagnato, ho perso il controllo e sono finito in un fosso. Bmw M3 da buttare. Adesso giro soltanto in bici. Se non vado forte stavolta, addio".