Bertolini ora fa il ragioniere
Il trentino si confessa: "Prima attaccavo senza pensare, ora penso e poi attacco. Al Giro 2007 sogno di fare il protagonista nelle tappe di casa. La fuga eccita, e poi dietro magari mollano..."
Alessandro Bertolini, 35 anni. Liverani
Alessandro Bertolini, 35 anni. Liverani
MILANO, 14 dicembre 2006 - Se si guarda dentro, si vede ancora ragazzino: "Con una voglia matta di fare la vita da corridore", cioè "allenarmi, sacrificarmi, trascurare perfino la famiglia". Se si guarda fuori, tanto ragazzino non lo è più. Se poi controlla la carta d’identità, piomba la conferma: nome Alessandro, cognome Bertolini, nato il 27 luglio 1971. Siamo nel 2006: 35 anni compiuti. Però.
- Bertolini, meglio guardarsi dentro o fuori?
"Dentro, dentro. Dentro mi sento un corridore. E dentro, quando sono passato professionista, mi sentivo che avrei dovuto spaccare il mondo. Invece ho scoperto che il mondo non lo spacco più, forse è già spaccato. L’impatto è stato difficile, mi è mancata una persona che mi stesse vicino e mi dicesse "devi fare questo", "devi fare quello". Quel poco che ho fatto, l’ho fatto tardi".
- Si sente cambiato?
"Sono cambiato. Ero impulsivo ed estroverso, un cavallo pazzo. Adesso sono sempre combattivo, però più riflessivo. Se prima attaccavo senza pensarci su due volte, adesso ci penso su due volte e poi attacco".
- Non si arrabbia se le diciamo che sembra poco trentino?
"Mia madre è di Malcesine: veneta, anche se di pochissimo. Mio padre è di Mori, Trentino, ma del sud, insomma un terrone del Trentino. Io sono nato a Rovereto, ma spesso mi alleno in Veneto. Sarà quello".
- Si faccia un esame di coscienza.
"Meticoloso, puntiglioso. Anche sensibile. Siccome ero convinto di avere grandi potenzialità, e poi non sono mai riuscito a tradurle in pratica, mi sono fatto un sacco di storie. Finché sono ripartito da zero, e ho cercato di tirare fuori quel poco o quel tanto che avevo. Perciò mi definirei anche tenace".
- E’ vero che, fra i trentini, lei è quello che tira il gruppo?
"Sanno che mi alleno tanto. Io parto, vado, pedalo. Chi c’è, c’è. I miei percorsi, i miei lavori, le mie salite. Chi vuole allenarsi duro, mi telefona, ci diamo un appuntamento, e via".
- Via dove?
"Adesso mi alleno sul Ballino, la strada che porta da Riva del Garda a Fiavè e poi a Thione, e sulla Panoramica di Malcesine. Quando sarò più preparato, affronterò il Monte Velo: da Arco di Trento sono 1100 metri di dislivello in 12 chilometri e mezzo. Lì, se stai bene, ti alleni; se sei indietro, ti ammazzi".
- Da lei, come ci si muove, sono soltanto salite.
"Le salite mi piacciono, e molto. Il guaio è che c’è chi va più forte di me. Preferisco quelle più corte, ma non mi fanno paura neanche quelle del Giro".
- A proposito di Giro: obiettivi 2007?
"All’anno nuovo chiedo non di vincere, sarebbe troppo, ma almeno di essere protagonista in una tappa del Giro d’Italia nel Trentino. Vorrei farmi vedere dal mondo. Ci sarebbe quella tappa che parte da Treviso, scavalca Pian delle Fugazze, passa da casa mia, raggiunge Riva, va sul Ballino e finisce alle Terme di Comano. Me la immagino così: i velocisti rassegnati al gruppetto, gli scalatori esauriti dalle Tre Cime di Lavaredo e dallo Zoncolan, via una fuga delle mie, poi una volata ristretta e io che vinco".
- Aveva detto protagonista, non vincitore.
"Mi sono lasciato prendere dalla telecronaca. Riprendo: via una fuga delle mie, poi una volata ristretta e... Finale aperto. Va bene così?".
- Lei, le sue vittorie, le ha conquistate. Due anche nel 2006.
"Una tappa del Circuito de la Sarthe, in Francia, in fuga io e Gonchar, in volata io e basta. Poi la Coppa Agostoni, la più dura del Trittico Lombardo. E un secondo posto a Castelfidardo, un sesto a Camaiore, un ottavo al Matteotti. Sono mancato al Giro d’Italia: quarta tappa, in Belgio, entrato in una fuga, ripresi a 7 chilometri dall’arrivo, poi dopo una settimana colica biliare e abbandono".
- Meglio il Giro o il Tour?
"Il Giro è il massimo per un italiano. Il Tour è il massimo per un corridore. Ho fatto sette Tour, ne ho finiti solo due, e questo mi dispiace. Ma una volta sono stato male, un’altra ho rotto tre bici... Al Tour non ho risultati, ma ti dà una condizione e una grinta che si spengono solo al Lombardia".
- Lei è uomo da fuga.
"Ci godo. Finché stai bene, la fuga ti eccita, ti esalta, ti spinge a dare l’esempio. Questo può essere un guaio: a forza di dare l’esempio, ti spremi. Ma anche quando finisci la benzina, devi continuare a crederci. Crederci, crederci sempre, fino in fondo. Non si sa mai: dietro potrebbero sempre mollare, o andare in riserva".
- Crede anche in Dio?
"Non sono uomo di chiesa, ma in Dio ci credo. Una preghierina al momento giusto so dirla. E quando le cose vanno via lisce, so dire anche grazie. A proposito...".
- Dica pure.
"Grazie per la telefonata".