Belli, un altro Giro di giostra
Il bergamasco lo scorso anno ha dovuto lasciare per un problema alla gamba sinistra quando era 4° nella 13ª corsa rosa della carriera. "Sarebbe stato un bel modo per chiudere. Torno per finire bene"
Il bergamasco Wladimir Belli, 36 anni. Bettini
Il bergamasco Wladimir Belli, 36 anni. Bettini
MILANO, 8 novembre 2006 — Ginocchia e computer si curano nella stessa maniera: spegnere e riaccendere. Wladimir Belli aveva un guaio lungo a scrivere almeno quanto lungo a guarire: stiramento alla guaina del tendine del bicipite femorale sinistro. In parole povere: "Il tendine non scorreva più nel giusto modo, faceva attrito, procurava dolore. E mi sono dovuto ritirare dal Giro d’Italia".
- Non le è dispiaciuto?
"Da matti. In quel momento ero 4°, davanti a campioni ben più celebrati di me, come Cunego e Savoldelli. E se fossi riuscito ad arrivare a Milano fra i primi cinque, sarebbe stato un bel modo di chiudere la carriera".
- Poi?
"Gianni Savio, il team manager, ha cominciato a lavorarmi ai fianchi, come si fa ai pugili chiusi nell’angolo. Mi ripeteva: non puoi finire così, meriti di più, in giro non c’è granché. Alla fine ho ceduto. In due mesi avevo messo su un po’ di chiletti, perché ci vuole poco a ingrassare: stai fermo e continui ad avere lo stesso appetito di quando fai 150 chilometri al giorno".
- Così?
"Spento e riacceso. In bici da agosto, prima per smaltire, poi per ricominciare, adesso per allenarmi più seriamente. E siccome a Bergamo è inverno, sono venuto in Liguria, a Diano Marina, dove è, al massimo, autunno. Quattro ore al giorno, 120 chilometri, da solo".
- Però.
"In gennaio c’è la Vuelta Tachira, in Venezuela. E bisogna arrivare preparati. Non tirati al massimo, ma preparati, Altrimenti, più che farti bene, ti fa male. Il mio obiettivo è il Giro d’Italia. Per chiudere, stavolta, bene".
- Si può dire che il Giro sia la sua corsa?
"Si può dire sì: ne ho corsi 13, da spalla per Fondriest, Tonkov, Zuelle, Casagrande e Frigo. Ma si può dire anche no: mai vinta una tappa. E l’anno in cui ero terzo, ho dato un pugno a un tifoso e sono stato espulso. In quel momento ho contato fino a 2, se fossi arrivato almeno fino a 3 forse mi sarei trattenuto. Ma ho perso la testa. Anzi, il pugno".
- Adesso?
"Non sono più in uno squadrone, ma mi trovo comunque bene. Non pretendo nulla. Tanto non mi rimane che correre sugli altri".
- Ma il fisico, a 36 anni, che cosa le dice?
"Con l’età, non si può negare, qualcosa si perde in velocità, ma in un certo senso mi devo considerare fortunato: io, la velocità, non l’ho mai avuta. E’ più una questione di testa. Perché è la testa che, quando piove, ti consiglia di rimanere a casa. E’ la testa che, quando si va in discesa, ti ordina di non rischiare. E’ la testa che, quando i figli ti guardano, ti spinge a restare con loro".
- Invece?
"A Diano Marina, prima da solo, metà giornata in bici, l’altra a cercare un appartamento per tornare qui con la famiglia. In Venezuela, a rincorrere gli scalatori colombiani. E a Bergamo, al rondò di Via delle valli, da una parte la Seriana, dall’altra la Brembana, con i soliti: Commesso, Guerini, Celestino, Possoni, Tiralongo, Mazzoleni...".
- Belli, ha rimpianti?
"Da dilettante ho vinto almeno quanto i Pantani e i Gotti, da professionista no. Ma sono contento di quello che ho fatto, e di quello che sono: sereno".
- E che cosa farà da grande, dopo il Giro?
"Oxirev. E’ il nome di un tessuto speciale: in titanio, platino e alluminio. Un po’ caro, ma straordinario per il comfort. Stiamo preparando un’intera linea di abbigliamento tecnico per corridori, dalla maglia ai pantaloncini, dal giubbetto alla canottiera. L’Oxirev tiene caldo quando fa freddo, tiene freddo quando fa caldo. Testato da Simone Moro, l’alpinista, sull’Himalaya: figurarsi sul Mortirolo, che in confronto è uno strappetto".