Righi, la vittoria è correre
Il gregario della Lampre: "Sono professionista dal 2000, non ho mai conquistato un successo. Mi sono dedicato ai compagni: borracce, coprire, portare avanti, chiudere, inseguire"
Daniele Righi, in maglia Lampre, al Giro delle Fiandre 2006. Sunada
Daniele Righi, in maglia Lampre, al Giro delle Fiandre 2006. Sunada
MILANO, 7 dicembre 2006 — Avete presente San Gimignano? Quel dedalo di vicoli, quella foresta di torri, quello stradone che s’impenna e poi precipita come un muro fiammingo? Daniele Righi è nato lì. Il primo belato ha il copyright di Colle Val d’Elsa, perché a San Gimignano ci sono chiese e osterie, ma non un reparto maternità. Però da zero a 12 anni ha vissuto lì, e da otto a 12 ha pedalato lì.
- Perché la bici?
"Perché c’era Guido Ceccarelli, il Signor Ciclismo. Teneva alcune bici in un magazzino. Era la scuderia corse. Io, amici, cugini, tutti equipaggiati con le sue bici. Però, nonostante le cure di Ceccarelli, la bici era più grande di me. Fa niente. Era tutto un gioco, un divertimento".
- Poi?
"Poi ho continuato a pedalare, a studiare e a pedalare, a diplomarmi perito meccanico e a pedalare, a lavorare in un’azienda di pannelli di lamiera e a pedalare. Finché un giorno mi sono seduto a tavola con i miei genitori, e insieme ci siamo dati due anni. Due anni di tempo. Due anni per capire se con il ciclismo avrei potuto vivere o se al ciclismo avrei dovuto rinunciare".
- Ha potuto vivere.
"Professionista dal 2000. Due anni all’Alexia, uno alla Index, poi alla Lampre. Ho appena fatto la visita d’idoneità: mi dispiace per Saronni, ma mi hanno dato il via libera. Sarà il quinto anno con la sua squadra".
- Vittorie: zero.
"Qualche volta ci sono andato vicino. Nel 2004 il terzo posto al Gran premio Indurain, in Spagna. Volata, una cinquantina, all’ultima curva tutti sgomitano, io penso "lo fanno tutti, lo faccio anch’io", ed entro un po’ cattivo. La faccio grossa: perché chiudo nientemeno che Valverde. Vince Kessler".
- Le vittorie non sono tutto.
"Dipende. Se vinci, sì. Se vince un tuo compagno, pure. Io ho avuto subito chiari i miei limiti. E mi sono dedicato ai compagni, a lavorare per loro: borracce, coprire, portare avanti, chiudere, inseguire, anche andare in fuga perché i compagni risparmino e gli altri spendano".
- Al Tour era in fuga con Floyd Landis il giorno fatidico.
"Andava come una moto. In salita. Prima ci ha raggiunto, poi ci ha sfilato a uno a uno dalla sua ruota, senza mai chiedere un cambio. Ricordo anche una fuga al Tour 2005, la tappa vinta da Savoldelli. E una fuga alla Sanremo. E una fuga al Giro d’Italia: ripresi a 10 chilometri dall’arrivo, ma almeno quel giorno mi assegnarono il Trofeo Piaggio per la combattività".
- In fuga si calcola, si sogna, ci s’illude?
"Giro 2004, tappa di Bormio 2000. In fuga subito, sul Tonale, con Patxi Vila. Giù come un matto, in discesa. Quando si attacca il Gavia, dico a Patxi "vai". Sarebbe andato lo stesso: ero vuoto. Piano piano, io, forte forte, gli altri: ripreso, staccato, proseguo con il mio passo. Il ciclismo è come i soldi: hai una certa somma, se spendi tutto subito, poi non ne hai più".
- Il bello del ciclismo?
"La gente, le strade, i posti. Il Giro del Giappone: abbiamo dormito su quei tappetini di canapa, indossato il kimono, girato fra i bambù, visitato il museo della Honda, visto templi, velodromi e circuiti motociclistici. Tour Down Under in Australia: abbiamo passato una giornata in un parco nazionale. San Francisco: Alcatraz no, ma Golden Gate sì. E poi il Giro della Malesia".
- La corsa più bella?
"Il Fiandre. Quei muri di folla, quei muri di pavè. Caduto, rientrato, staccato sul Grammont, ritirato. Avrei anche potuto continuare, ma sarebbe stato non come arrampicarsi su un muro, ma sbatterci contro. Il prossimo anno, però, voglio proprio arrivare fino in fondo".
- E sua moglie che cosa dice di questa vita da nomade?
"Quando ci siamo conosciuti, lei sapeva che cosa fosse la bicicletta, non il ciclismo. Francesca continua a sapere poco di ciclismo, ma almeno ha capito che bicicletta e ciclismo non sono la stessa cosa".