Mori fa 13, ma non molla
Otto anni accanto a Cipollini, uno con Pantani e una sola vittoria in proprio, Massimiliano si appresta a iniziare la 13ª stagione tra i pro': "La mia specialità? Tirare le volate"
Massimiliano Mori, 32, alla 13 stagione da pro'. Ansa
Massimiliano Mori, 32, alla 13 stagione da pro'. Ansa
MILANO, 1 dicembre 2006 — Numeri: 32 anni, quasi 33, 12 da professionista, 13 con il prossimo (nella Lampre-Fondital), 1 vittoria a proprio nome, una cinquantina a nome di Mario Cipollini. Perché Massimiliano Mori faceva parte del suo treno: vagone numero tre, o quattro, dipendeva dai binari, dalla tratta, dall’orario. Altro numero: 4, come i continenti —America, Asia, Europa, Oceania — in cui ha corso.
- America?
"Secondo a Filadelfia. La più importante corsa statunitense. Avevo già vinto, mi sono girato a destra per controllare gli avversari e godermi il trionfo, e George Hincapie mi ha passato sulla sinistra. Poi un sesto e un ottavo posto a San Francisco. Poi il Giro della Georgia. Fuori dalle città: strade ampie e lisce come autostrade. Dentro le città: strade piene di curve e buche. Così ho imparato: mai fidarsi degli americani".
- Asia?
"Giro della Malesia: ricordo un cinese che tamponò una mucca nascosta dietro a un camion, e ricordo anche batteri grossi come rane per via del clima caldo-umido. Japan Cup: la prima volta non capivo che cosa mangiassi, sembrava cibo sintetico, le camere erano piccole, gli stipiti delle porte basse e i letti corti; la seconda volta il cibo era occidentale, ma continuavo a sbattere contro gli stipiti delle porte e i piedi mi uscivano dal letto. E Giro del Qatar: dal niente del deserto allo sfarzo delle città, chilometri e chilometri diritti, poi alla prima curva tutti a terra. E quando si alza l’elicottero, un polverone".
- Oceania?
"Tre Tour Down Under in Australia: un clima caldo-secco, ideale per la preparazione, un Paese giovane, ideale per viverci, e un viaggio troppo lungo, ideale per perdere il senso del tempo".
- Otto anni con SuperMario.
"Tutti dicevano: Cipollini è uno che pensa solo a divertirsi. Balle: si allenava da far paura. E si accorgeva di tutto: un’incertezza, un’indecisione, un minimo calo di velocità. Si arrabbiava. E quando si arrabbiava, ti rimpiccioliva. Però sapeva anche riconoscere quando facevi il tuo dovere, sapeva dirti bravo. Mario è sempre stato uno che sapeva già tutto".
- Un anno con Marco Pantani.
"Ascoltava tutti, poi faceva di testa sua. Chiedeva e accettava le confidenze dal più forte al più debole, dal più famoso al più sconosciuto".
- Mori, la sua specialità?
"Tirare le volate. Ci vogliono scaltrezza, coraggio e occhio. Uno davanti e un altro dietro. E due di fianco. Bisogna aumentare, o almeno mantenere la velocità: 63-65 all’ora. Magari corri tutto il giorno concentrato per fare quei 400 metri, poi li fai, a tutta, e la tua corsa muore lì, a 20 secondi dal traguardo. Però, se sbagli qualcosa, butti al vento il lavoro di chi ha tirato fin dal pronti-via. E stai male".
- Nel 2007 farà 13: 13 stagioni da pro’.
"Sono rimasto fermo un mesetto, adesso mi alleno tutti i giorni, tra palestra, bici e corsa. Corro 30-40 minuti, la mattina, a digiuno. Corsa lenta. Aiuta a bruciare i grassi. Una volta dicevano che bici e corsa non andassero d’accordo. Ma se penso al triathlon e ai triatleti...".
- Strana la vita, vero?
"Da ragazzi io, Bettini, neanche lo vedevo. Poi lui è diventato campione del mondo, io uno come tanti. Li sento anch’io i discorsi di certi sportivi. Si domandano: sai chi poteva diventare un fenomeno? E si rispondono: Massimiliano Mori".
- Lei ci rimane male?
"Un po’ sì. Però poi no. Forse ho sprecato, forse ho poca grinta. E ognuno ha il suo carattere".