Simone Consonni i compagni della Nazionale e Eddy Merckx sul podio della Cote Picarde

Simone Consonni i compagni della Nazionale e Eddy Merckx sul podio della Cote Picarde

Quindici anni in sella, quattro vittorie nel corso di pochi giorni, l'emozione di un Mondiale su pista. Ma non ha dubbi nel definire il successo alla Cote Picarde, in Coppa delle Nazioni, "il più importante, il primo con la maglia della Nazionale". Simone Consonni, 20 anni, velocista del team Colpack, negli ultimi 25 giorni ha messo a referto quattro successi uno più bello dell’altro. Prima della Cote Picarde nel nord ovest della Francia, il GP Perignano il 21 marzo, la Milano-Busseto il 28 marzo e, 24 ore dopo, la Piccola Sanremo. Ma ha anche una delusione.
Consonni cominciamo da qui. Che cosa è successo sabato al Fiandre under 23 dove il suo compagno di squadra Gianni Moscon è arrivato secondo?
"Ad una sessantina di km dall'arrivo mi si è rotto il filo del cambio".
Oggi è andata diversamente. Che emozione è stata?
"Non c'è paragone con le corse in Italia. È stata una sensazione fantastica, soprattutto quando è salita sul podio delle premiazioni tutta la squadra".
È il sentirsi parte di un gruppo?
"In questo sport a vincere è uno solo, qui ha vinto l'Italia".
Al Fiandre il c.t. Amadori, alla fine della gara, ha detto che avete lavorato da vera squadra.
"Siamo un gruppo, siamo tutti forti, ognuno fa quello che deve".
Altri ringraziamenti?
"Per tante persone. A cominciare dal mio presidente, Beppe Colleoni. Un appassionato vero”.
Quando ha cominciato ad andare in bici?
Un'esitazione per lo sforzo di memoria: "Direi da Giovanissimo G1, quindi all’età di sei anni".
Come ha cominciato?
"Un amico di mio papà mi disse che c'erano dei bambini che si allenavano da noi a Brembate di Sopra (in provincia di Bergamo, ndr). Così mi sono aggregato".
E la prima vittoria?
"Quando ero G4".
E finché non ha vinto, non le è pesato?
"Non l'ho mai presa troppo sul serio".
Lei alterna la strada con la pista.
"Sì, mi piace molto. Ho cominciato da esordiente. Poi dopo Mosca 2011 ho fatto quasi tutti gli anni gli europei".
A Parigi lo scorso febbraio era al Mondiale dei grandi, accanto a gente come Baugé, Pervis, Viviani.
"È stata un'emozione fantastica. Ho fatto una sola gara, l'inseguimento a squadre. Dovevo ritornare prima in Italia. Ma ho insistito con Marco (Villa, il c.t. pista, ndr) per rimanere a guardare, è stata una figata".
Si allena al velodromo di Montichiari?
"Sì, una volta a settimana".
E su strada?
"A Bergamo, dalle mie parti".
Cosa fa quando non pedala?
"Non ho tanti hobby. Mi piace ascoltare musica e uscire con gli amici".
Che studi ha fatto?
"Ho finito lo scorso anno l'istituto per geometri. E ora che non studio, e posso allenarmi di più, si sente".
C'è qualche ciclista che la ispira?
"Non ho idoli, mi piace vedere le corse".
Che gara sogna di vincere?
"Mi piacerebbe fare bene il Liberazione. Mi è bruciato il secondo posto dello scorso anno".
E delle gare dei pro' quale sogna?
"Non andiamo troppo in là".
Come si definirebbe come ciclista?
"Gli altri dicono che sono un velocista, ma io non mi vedo così".
Uno poliedrico, alla Degenkolb o alla Kristoff?
"Lo dite voi, ma il paragone mi sembra esagerato".