Bradley Wiggins, 34 anni, al Giro delle Fiandre. Bettini

Bradley Wiggins, 34 anni, al Giro delle Fiandre. Bettini

Non si è limitato a rivedere le videocassette delle mitiche Roubaix di inizio Anni '90, quelle dei miti Duclos-Lassalle, Ballerini e un giovane Museeuw. Sarebbe stato tutto sommato normale, e in Bradley Wiggins di ordinario in effetti c'è poco. Il Baronetto, che domenica inseguirà il successo nell'Inferno del Nord nell'ultima gara su strada ad alto livello di una carriera inimitabile, ha fatto di più. È andato a prendersi tutte le copie della rivista Cycling Weekly di quel periodo che aveva conservato, si è procurato le poche che non aveva. Ha letto, studiato, ripassato ogni particolare. È l'attenzione quasi maniacale per i dettagli, la stessa che è stata parte fondamentale della scommessa pazza eppure vinta del Tour 2012. E sentite quest'altra: Sir Brad ha cronometrato tutti i settori di pavé (27, per un totale di 52,7 chilometri) e pure il tempo che ci vuole tra l'uno e l'altro. Sa perfettamente che "il più lungo è il terzo, Quievy-Saint Python, ci vogliono circa cinque minuti. Per il Carrefour de l'Arbre, che spesso è decisivo, bastano tre minuti e 20 secondi". Non si saprà prima di domenica pomeriggio l'esito dell'interrogazione, ma di sicuro lui si è preparato come solo un primo della classe sa fare. Se quella del Tour per lui sembrava un'impresa impossibile, non è che trionfare nella regina delle Classiche - che correrà con la bici Pinarello con la sospensione posteriore come già il Fiandre - sia da meno. L'ha già corsa sette volte: nelle prime tre (2003, 2004, 2005) si è ritirato. E nelle successive tre era stato tutt'altro che brillante: 49° nel 2006, 25° nel 2009, 90° nel 2011. È stato il nono posto dello scorso anno a fargli definitivamente capire che può avere una chance. Ma l'amore, quello, c'è stato fin da subito, fin da quando era diretto dall'ex vincitore Marc Madiot alla Française des Jeux da neopro' (2002-2003). "Brad non è il favorito. Ma può farcela", ha ben sintetizzato il francese. Si è concesso l'ennesima trasformazione fisica, ritornando simile al pistard signore dei velodromi: pesa 5 chili in più rispetto al vittorioso Mondiale crono di settembre, 8 se il paragone è il Tour 2012. Soprattutto, prima di ritornare in pista (il record dell'ora, per il quale ha prenotato il weekend del 6-7 giugno a Londra, e l'oro dell'inseguimento a squadre a Rio 2016), ha ricominciato a divertirsi come non gli capitava da tempo. Per l'incontro con i cronisti di venerdì scorso a Courtrai (oggi il bis), Sky si era raccomandata: "Dieci minuti al massimo". Dopo 20' sir Brad era ancora lì che parlava.
Wiggins sul pavé con la Dogma K8-S. Bettini

Wiggins sul pavé con la Dogma K8-S. Bettini

Wiggins, che cosa significherebbe per lei vincere la Roubaix?
"Partecipare e avere una chance di vincere, è già una favola. Diciamo che vincere sarebbe il lieto fine perfetto di questa favole. Ma ragazzi, sarà difficile, molto difficile. Sono convinto che anche la nuova bici sarà utile".
Che cosa desidera per la gara?
"Darei tutto per essere, quando comincerà il Carrefour de l'Arbre, nella esatta posizione in cui ero lo scorso anno. Sarebbe già abbastanza per me".
Vuole dire che poi firmerebbe pure per lo stesso finale?
"Ehi, certo che no! Non fraintendetemi. Non sto dicendo ok, accetto il nono posto. Ma vorrei avere di nuovo una gara lineare, niente cadute, solo un cambio di ruota e non per una foratura".
La squadra le dà fiducia?
"L'anno scorso eravamo in 3 nei 15: Thomas, io, Eisel. Abbiamo Stannard, Rowe, Fenn, Knees, Puccio. Siamo forti".
Che sensazione le dà essere alla fine della carriera ad alto livello su strada?
"Difficile non pensarci perché tante cose te lo ricordano. Pozzato questa settimana mi ha chiesto una bici per la collezione, ne ha una per tutti i suoi corridori favoriti. Eravamo juniores insieme! Così realizzi che sei alla fine, diventi nostalgico... E Paolini, che in Qatar mi ha chiamato in coda al gruppo e si è voluto fare la foto con me".
Riesce a percepire l'interesse che c'è attorno a questo suo tentativo?
"Sì, l'anno scorso non era paragonabile. In squadra avremo una ventina di membri dello staff. In generale, ho visto in giro ogni parassita e pure il suo cane, l'autista del bus ha portato il gatto (sorride, ndr)...".
Come e perché ha ritrovato il divertimento e il gusto di essere ciclista? Al Tour, 3 anni fa, sembrava che lo avesse perso.
"Il Tour era diventato come una scimmia sulle spalle. Durante, c'era tutta quella pressione. E dopo, sì, per un periodo ho odiato avere vinto il Tour, ho odiato il ciclismo, ho odiato i media che mi facevano sempre domande su Armstrong, ho odiato Armstrong perché aveva dato quella intervista a Oprah. Poi la scimmia se n'è andata via, nessuno mi parla più del Tour. E io sono tornato a divertirmi".
Divertirsi sta per...
"Ho cominciato a ricordare perché il ciclismo era la mia priorità, perché lo amavo, perché idealizzavo i miei eroi. I miei vicini impazzivano per l'Arsenal, il Tottenham, i calciatori. Per me i "calciatori" erano Museeuw, Ballerini, Indurain".
Quando si arriva nel velodromo di Roubaix, che sensazione si prova?
"Beh, i velodromi significano qualcosa nella mia carriera, non è casuale che abbia scelto di chiudere ad alto livello su strada con questa corsa. È l'unica che finisce così, è l'unica che vuoi concludere anche con una clavicola rotta solo per entrare lì e poi tuffarti sull'erba. In ogni caso sarà divertente. Il Tour è una storia lunga un mese che diventa una vita. La Roubaix in definitiva dura poco più di sei ore. Non hai una seconda possibilità".
Che cosa si aspetta in definitiva per domenica? Dire vincere non vale.
"Semplicemente, godermi ogni momento di una corsa magica. Catturarlo. Poi voltarmi indietro, riassaporarlo, ricordarmelo per sempre" .