Valentina Scandolara, 24 anni, argento nella cronosquadre a Ponferrada con la Orica (Bettini)

Valentina Scandolara, 24 anni, argento nella cronosquadre a Ponferrada con la Orica (Bettini)

E’ partita con il botto. Doppio botto: vittoria di tappa e vittoria nella classifica generale, al Santos Women’s Tour, il Down Under femminile, in Australia, la prima grande corsa del 2015. Valentina Scandolara, 25 anni, veronese di Soave, è diventata australiana.
Valentina, che cos’è cambiato passando all’Orica-Ais?
“Innanzitutto il preparatore, Gene Bates. Poi il mio inverno: d’accordo con Bates, ho tralasciato ciclocross e pista e lavorato molto su forza e resistenza, i miei punti deboli. Quindi la squadra: per l’ambiente, che da subito intuivo essere fantastico, e per tutto quello che c’è da imparare qui, sia dall’Australian Institute of Sport e dallo staff, per la nutrizione e gli allenamenti, sia da atlete come Emma Johansson e Loes Gunnewijk, per l’infinita esperienza e la grande disponibilità a condividerla con chi è pronto a imparare”.
Un’opportunità unica?
“L’Australian Institute of Sport punta a preservare e far crescere i giovani talenti australiani, i posti disponibili per le non-Aussie sono pochi - tre in questo momento - ed essere stata scelta per occuparne uno è motivo di immenso orgoglio per me. Sono entrata in squadra dopo l’annata d’oro del 2013, in cui Emma Johannson ha chiuso in testa alla classifica Uci, la prima atleta a relegare Marianne Vos al secondo posto in questa classifica dopo anni, e in cui la squadra ha vinto la classifica a squadre, ancora davanti ancora alla Rabobank della Vos”.
L’Orica-Ais è davvero un’altra cosa?
“Siamo un gruppo di amiche e, oserei dire, una famiglia, prima ancora che una delle migliori squadre al mondo. Le mie compagne hanno dato anima e corpo per aiutarmi a difendere la maglia di leader, nessuna si tira indietro e tutte danno tutto. E’ un dare-e-avere che fa guadagnare tutte, fra di noi c’è grande fiducia e nessuna invidia, e questo ci aiuta enormemente”.
La mentalità?
“Gli australiani sono molto più inquadrati degli italiani, più seri nel lavoro e più rilassati quando serve. Qui il ciclismo è professionismo: non c’è spazio per chi non voglia fare questo sport dando tutto. E questo mi piace molto”.
La lingua?
“Parlavo già un buon inglese quando sono arrivata in Orica, grazie ai molti contatti con amiche e amici stranieri. Ma da quando sono qui il mio livello è sensibilmente migliorato. Non mi stancherò mai di ripetere a tutti, giovani e non, quanto sia importante parlare l’inglese”.
Le abitudini?
“In tantissime cose italiani e australiani sono totalmente opposti. Prendiamo il pranzo: per loro l’importante è mangiare, che sia anche un panino, seduti sul divano guardando la tv. Per me il pranzo in Italia è una cosa quasi sacra, faccio di tutto per tornare dall’allenamento in tempo per sedermi con la mia famiglia, nonni compresi, e mangiare qualcosa di caldo attorno a un tavolo, con le persone a cui voglio bene. Li prendo spesso in giro per le loro abitudini diverse dalle mie, ma in realtà amo l’Australia e gli australiani. Così come amo - e anche loro la amano – l’Italia”.
I prossimi impegni?
“La Cadel’s Race, in omaggio a Evans, a Melbourne il 31 gennaio e il Tour of Qatar, prima di tornare in Italia”.
E poi?
“I miei obiettivi sono Campionati italiani, Giro d’Italia e Mondiali, e anche gli Europei, quest’anno per la prima volta aperti anche alle Elite. E magari, all’inizio di stagione, qualche gara di Coppa del Mondo. Ma ogni miglioramento avrà, per me, il valore di una vittoria”.