Velo, l'ombra di Petacchi
Il bresciano, ultimo uomo in volata di Ale-Jet, punta a un grande 2007 a fianco del suo capitano: "Lo vedo finalmente più cattivo, tornerà presto a vincere"
Marco Velo, bresciano di 32 anni. Liverani
Marco Velo, bresciano di 32 anni. Liverani
MILANO, 24 novembre 2006 - Ogni volta che prendeva un aereo, scattava l’allarme rosso. Colpa di una placca metallica che saldava la clavicola destra in tre punti. "Due settimane fa l’ho finalemte tolta. Anestesia totale per un’operazione quasi da falegname. Sette viti e via la placca. Adesso ho messo la placca in un cassetto della cucina. Non si sa mai". Marco Velo, 32 anni, professionista dal 1996, era la gioia dello speaker al Tour de France: "velo", in francese, significa bicicletta. Marco sembra un predestinato.
Il 2006?
"Cominciato bene, proseguito male per la caduta, niente Giro per Alessandro Petacchi, ma Tour e Vuelta per Erik Zabel. E proprio all’ultima gara, una vittoria: alla cronocoppie di Borgomanero, con Fabio Sacchi, 50 km a 50 all’ora".
Petacchi: saprà tornare ai livelli della Sanremo 2005?
"Alla Sanremo 2006 andava ancora più forte. Poi l’incidente al Giro gli ha rovinato la stagione. Ho visto la gamba infortunata: era la metà dell’altra. Aveva saputo riprendersi, finché alla Vuelta, con quel gesto di stizza - un pugno contro un pullnam - si è rotto la mano. Ci siamo visti in vacanza, alle Maldive, si sta già allenando, fra i suoi piani c’è il Giro del Qatar. Non aveva mai voluto farlo. Significa che è già concentrato, e magari con un po’ di quella cattiveria che non ha mai dimostrato".
Andrà in Qatar anche lei?
"Credo di sì. Con Ale divido corsa e camera. E’ un miracolo che non sia sul suo passaporto".
Il forte e il debole di Petacchi?
"Il forte è la progressione: numero 1 al mondo. Il debole la fragilità del carattere".
Zabel?
"Mi stupisce la sua professionalità. Dà sempre il 120 per cento. In ritiro, a gennaio: se l’appuntamento era alle 9.30, lui usciva già alle 9. Se il rientro era alle 15, lui chiudeva alle 16. Adesso sta correndo le Sei Giorni. Non smette mai di pedalare. Ha 36 anni, ha perso un po’ di spunto, ma è sempre lì"
Differenze fra le volate per Petacchi e quelle per Zabel?
"Con Alessandro è più facile: cerchi di impostare una volata di testa, lo lasci ai 200 metri, lui non sta a guardare se sono 10 metri in più o in meno, sa rimediare anche ai nostri errori di valutazione o di forze. Zabel ci chiedeva di portarlo nelle prime posizioni, poi ci avrebbe pensato lui, perché è abituato a fare le volate con un velocista come punto di riferimento. Alla Vuelta ho cercato di spiegargli che era meglio prendere la volata in testa. E l’ho persuaso. Lo lasciavamo a 120-150 metri. E ha vinto due volte".
E al Mondiale?
"E’ partito troppo lungo. Se avesse aspettato altri 50 metri, forse Paolo Bettini non sarebbe riuscito a rimontarlo".
Dopo la caduta e la frattura, ha dovuto vincere un po’ di paura nelle volate?
"No, mi sono ributtato immediatamente nelle mischie. Se hai paura, meglio cambiare mestiere. L’importante è non pensarci: se ci pensi, non lo fai. A volte chiudi perfino gli occhi. Ma i kamikaze li lascio passare. A ogni volata s’impara qualcosa di nuovo. Rispetto a un anno fa, mi sento più sicuro e smaliziato. Ormai questo è il mio ruolo".
Non è vero. Questa estate ha cambiato ruolo: ha fatto l’attore.
"Ma no, ho fatto la comparsa. Per il film su Marco Pantani. Due scene in bici, altre due a tavola, un’altra ancora durante una conferenza stampa. Divertente: è stato qualcosa di nuovo. Interessante: non avrei mai immaginato che, per girare una scena di 2 minuti, ci volessero 5-6 ore. E commovente: perché ho rivissuto i miei anni accanto al "Panta".
E’ tornato in bici?
"Da qualche giorno, 2-3 ore alternate a palestra. La mia palestra è la piscina. Per sviluppare quei muscoli che durante la stagione si trascurano - braccia, addominali, dorsali - preferisco il nuoto ai pesi. Tonifica, ma non gonfia. Piscina da 25 metri, 60-70 vasche, di fila, a stile libero. Sarebbe meglio il dorso, ma poi finirebbe a testate".
Idee per la testa?
"Si era parlato di quartetto su pista per l’inseguimento, con obiettivo Olimpiade 2008. Mi piacerebbe. E si sta parlando di organizzare un circuito post-Giro nel centro storico di Brescia".
E’ questo che vuole fare da grande?
"Forse sì. Ma non ci penso. Se pensi al dopo, hai già smesso di correre".