Vincenzo NIbali e le sue maglie. Bettini

Vincenzo NIbali e le sue maglie. Bettini

Ogni occhiata all'albo d'oro si porta appresso un sussulto. Ogni nome letto è insieme meraviglia, ammirazione e orgoglio. Ad essere nel gotha dei grandi ciclisti Vincenzo Nibali è abituato già da qualche anno, ma il Tour de France vinto, anzi dominato (4 tappe, 19 giorni in giallo su 21) nell'anno di grazia 2014 gli ha consentito il grande salto oltre i confini del suo sport elettivo. L'ennesima conferma viene dal premio di atleta dell'anno scelto da noi giornalisti della Gazzetta, come succede dal 1978. L'ha vinto lui, che sarebbe nato sei anni dopo. "E' un piacere immenso, difficile anche da descrivere a parole. Entro in un club esclusivo non solo di grandi sportivi ma di grandi uomini, che hanno fatto qualcosa di eccezionale. Ne sono orgoglioso". E' solo il terzo italiano a riuscirci - nella redazione della rosea non c'è diritto di cittadinanza per il Nazionalismo - e occhio alla compagnia. Pietro Mennea, oro olimpico a Mosca 1980 sui 200 metri. E Marco Pantani, re di Giro e Tour nel 1998. Stop.
Nibali, il mantra della sua carriera è sempre stato "un passo alla volta" e anche il suo percorso nel referendum Gazzetta riflette la stessa filosofia, lo aveva notato?
"E' proprio così. Vedo che nel 2010 la vittoria nella Vuelta non mi era bastata per primeggiare 'neppure' tra gli uomini italiani. Arrivò primo Razzoli, con l'oro olimpico di Vancouver nello speciale. L'anno scorso, successo al Giro d'Italia e nella categoria uomini italiani, mentre nel mondo vinse Bolt. Ci è voluto il Tour per mettervi d'accordo sul mio nome...".
Ha citato i 3 maggiori successi finora della carriera. Riesce a paragonarli?
"La Vuelta è stato il successo più inaspettato. Ero partito da capitano, ma non troppo. E' venuta un po' così. Il Giro d'Italia mi è costato più sacrificio perché dopo quella Vuelta ci ho messo due anni e mezzo per ritornare primo in un grande giro, e non è stato facile. Al Tour ho speso più energie, sia fisiche che mentali, e ho dovuto raddrizzare una stagione che era nata storta. Ma il mese di luglio, sì, è stato perfetto. Ogni volta che rivedo quelle immagini trovo qualche sfumatura nuova, qualche particolare".
Legga ancora una volta i nomi che le faranno compagnia nell'albo d'oro nel nostro referendum mondiale. Chi la colpisce di più?
"Eh, non solo uno... Dico Usain Bolt perché con i suoi fantastici record del mondo ha fatto fare a tutti noi un salto nel futuro. E poi Michael Schumacher, che sta lottando ogni giorno dopo quel dannato incidente sugli sci. Seguivo molto la Formula 1 quando lui era alla Ferrari, erano diventati una cosa sola e lui ha portato al titolo mondiale il simbolo forse più conosciuto dell'Italia sul pianeta. Adesso dopo Alonso tocca a Vettel. Mi sa che se lui riportasse il Mondiale alla Ferrari, per rivincere il vostro referendum dovrei almeno fare la doppietta Giro-Tour nello stesso anno... (sorride, ndr)".
Escluso Nibali, tra i grandi italiani 2014 chi avrebbe votato?
"Senz'altro merita più di una citazione Belinelli, il primo italiano della storia a conquistare il titolo Nba. E Tony Cairoli, messinese come me, che non smette di vincere. Ma lasciatemi dire Alex Zanardi, che ho avuto la fortuna di conoscere. Pazzesco quello che è riuscito e riesce a fare, è un esempio di volontà e coraggio. Ma anche di ingegno puro, per le cose che si inventa. Le sue imprese sono messaggi non solo per gli sportivi, ma per tutti".
Zanardi ci fa venire in mente anche i Giochi Olimpici, e lei non ha chiuso la porta ad una eventuale presenza ai Giochi 2024, se fossero assegnati a Roma...
"Avrei quasi 40 anni e onestamente è un orizzonte lontano, molto lontano. Sognare non costa nulla e potrebbe essere l'ultima spedizione della mia vita agonistica. Però mi fa piacere che l'Italia si sia candidata. Ho partecipato ai Giochi sia a Pechino sia a Londra provando sensazioni mai avute in nessuna 'semplice' gara ciclistica. E a proposito, sembra proprio che il percorso della gara in linea a Rio nel 2016 sia abbastanza adatto a me. Spero di avere il tempo di riuscire ad andarlo a vedere e sì, è un chiaro obiettivo...".
Nibali, come si fa a ripartire dopo avere dominato il Tour?
"Già la competizione per me è il più grande degli stimoli e poi sono deciso a non ripetere gli errori dello scorso inverno, dove per una serie di motivi non sono riuscito ad allenarmi come dovevo e ho passato mesi ad inseguire. E' andata bene, ma non significa che sia un modello da ripetere, tutt'altro. La porta al Giro non è ancora del tutto chiusa anche se la priorità per il 2015 sarà ancora il Tour. E poi ci sono le grandi classiche, i Monumenti, che renderebbero più completa la mia carriera. Ho diversi conti aperti, perché tra Liegi, Sanremo e Mondiale ho perso alcune occasioni e devo rifarmi".
Significa che già in primavera la vedremo protagonista?
"Sì, mi sto allenando bene nonostante gli impegni. Anche in queste feste. I primi banchi di prova saranno Tirreno-Adriatico e Sanremo. Ma c'è una pedalata, che non è una gara, alla quale tengo tantissimo ed è molto vicina. Appuntamento il 6 gennaio a Messina per raccogliere fondi contro la sindrome di Duchenne e Becker. Io ci sarò come sempre".
Adesso in Astana l'aria è più serena dopo i dubbi sulla licenza World Tour, poi arrivata?
"Io sono sempre stato tranquillo, l'ho detto più volte. E in ogni caso, penso che gli organizzatori delle grandi corse non si sarebbero privati a cuor leggero di Vincenzo Nibali. Quanto al doping, sarò e saremo più che rigorosi. E' l'unica strada possibile. E' quella che percorreremo".
Qual è il proposito con il quale vuole congedarsi dal 2014 e affrontare il 2015?
"Salute e serenità, che ce ne siano il più possibile per tutti perché sono le cose più importanti. Sportivamente parlando, sarebbe banale dire di continuare a vincere. Lo dico comunque ma con una aggiunta importante. Voglio proseguire nei miei successi, ma anche continuare a regalare emozioni. Perché ho capito che vincere, se non si danno emozioni, semplicemente non ha senso".