Gerosa appeso a un filo
Il lecchese, sette anni da professionista, qualcuno trascorso anche al fianco di Garzelli e Basso aspetta un ingaggio per il 2007: "L'entusiasmo è sempre lo stesso, la parola bici mi dà i brividi"
Mauro Gerosa, 32 anni, aspetta una chiamata per il 2007
Mauro Gerosa, 32 anni, aspetta una chiamata per il 2007
MILANO, 22 novembre 2006 - Tour de France 2005, giorno di riposo, a Pau. Messa dedicata a Fabio Casartelli, 10 anni dopo la morte. Famigliari, autorità, organizzatori, perfino un paio di giornalisti. E un solo, uno solo, davvero, un solo corridore. Lui: Mauro Gerosa. Qualcosa vorrà pur dire. Gerosa è di Oggiono, vicino a Lecco. Bella faccia lombarda, pulita, trasparente. Ha addirittura le fossette sulle guance. Sposato e con un figlio: eppure sembra più giovane dei suoi 32 anni. Sette anni da professionista: vittorie zero, ma a un gregario si chiede di aiutare, non di vincere. E lui ha aiutato: nel 2000 è passato pro’ nell’Amica Chips, dove c’erano anche Ivan Basso e Pietro Caucchioli, poi due anni nella Tacconi Sport, altri due nella Vini Caldirola, con Stefano Garzelli, nel 2005 con la Liquigas-Bianchi ancora con Garzelli.
- Poi?
"Dopo il Giro di Lombardia 2005 mi dicono "arrivederci e grazie". Come arrivederci, al Lombardia, quando le squadre sono già tutte fatte? Così, per la prima volta mi devo affidare a un procuratore, perché mi sembra l’unica maniera per trovare una squadra ormai fuori tempo massimo".
- Trovata: la Miche.
"Da una squadra ProTour a una Professional, cioè da una squadra di prima fascia a una di terza. Ma va bene lo stesso: io ho sempre lo stesso entusiasmo, la stessa voglia, la stessa passione. Anzi, penso che magari, per la prima volta nella mia vita, si può aprire qualche spazio personale, chissà. Invece il calendario è ridotto, modesto. Durante il Giro d’Italia, noi facciamo la Corsa della Pace, sette tappe, poi la Bayern Rundfahrt, cinque tappe. E finalmente trovo la condizione, perché la gamba te la fai correndo. Invece, da quel momento in poi, poco o niente".
- Cioè?
"Di solito facevo 80-90 giorni di corse l’anno, compreso un grande giro. Ho disputato cinque Giri d’Italia, un Tour de France e due Vuelta di Spagna. E, ci tengo a sottolinearlo, tutti portati a termine. Invece quest’anno, se controllo la mia agenda, avrò fatto 45-50 giorni di corse. Troppo pochi".
- L’ultima corsa?
"A metà settembre il Gran premio di Misano, il giorno dopo il Gran premio Industria e Commercio a Prato, poi stop. A parte una cronocoppie a Borgomanero e qualche circuito dopo il Mondiale. Alcuni a ingaggio, altri per beneficenza".
- E adesso?
"Garzelli mi vuole nella sua nuova squadra, l’Acqua & Sapone, ma l’organico è completo: 16 corridori, ne aggiungeranno due solo se si troverà un altro sponsor. C’è un contatto con la Tenax, ma anche lì la squadra pare già a posto".
- Intanto?
"Mi alleno come se avessi un contratto. Due ore e mezzo di allenamento al giorno, tutti i giorni tranne quelli in cui piove. Ma questo autunno piove pochissimo. Abito a Costa Masnaga, nel Triangolo Lariano. Pedalo lungo il Lago di Como, sulla sponda di Varenna, dove batte il sole e fa meno freddo. Allenamenti di mantenimento, antistress, in attesa di una telefonata".
- Momenti di malinconia?
"Certe volte mi viene voglia di mollare, di chiuderla qui. Poi, però, mi basta sentire la parola bici, e mi vengono i brividi. Perché ho sempre entusiasmo, voglia, passione. Penso di poter dare ancora molto. Sarà che per il ciclismo ho sempre avuto una malattia, fin da quando ero piccolo. L’altro giorno mio fratello è stato al Museo del Ghisallo e ha comprato un libro su Cipollini".
- E allora?
"L’ho sfogliato. Ci sono almeno tre fotografie di volate in cui, dietro a "Cipo", ci sono anch’io. E neanche tanto dietro".