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C'era una volta la promessa Cunego: "Lo so, valevo di più"

Dieci anni fa vinceva il Giro litigando con Simoni. Venerdì via alla corsa da Belfast: con poca Italia

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DOMANI saranno dieci anni esatti. Al via da Genova, in quel 2004, nessuno avrebbe scommesso una lira su un piccolo biondino veronese alla corte del cupo trentino Simoni, numero uno della Saeco. Avrebbe dovuto aiutare lo scalatore di Palù, a rivincere il Giro d'Italia dominato l'anno precedente. Ha finito per sfrecciare in rosa a Milano a soli 22 anni; non senza litigi e polemiche. Famosa, quella nella tappa di Falzes, vinta fra gli insulti del suo capitano destituito con l'autorità di chi pedalava più forte. "Ho solo rispettato gli ordini di squadra", dirà a bocce ferme. Dieci anni dopo ricomincia l'avventura: da Belfast, dove dopodomani prenderà il via con una cronosquadre il Giro d'Italia numero 97. Dieci anni non privi di successi (una cinquantina nel palmares) alcuni di grande spessore: tre Giri di Lombardia, un'Amstel Gold Race, a riprova del talento. Ma l'attesa del nuovo messia del ciclismo nostrano per i grandi giri è andata delusa. "Molti mi dicono che avrei dovuto e potuto ottenere molto di più, lo so. Per molto tempo questo mi ha dato fastidio. Ora non più. Sono un ragazzo semplice, ma preciso: per me il ciclismo è stato ed è disciplina, sacrificio, forza di volontà. Mi dispiace per chi si aspettava di più, ma io penso di aver dato sempre il massimo".

Beh, oggettivamente con quelle premesse era lecito attendersi di più dal "piccolo principe" non crede?
"Certo, ma in questo sport nessuno ti regala neanche una briciola. Non è facile. E il mio bilancio ad oggi è positivo. Sono soddisfatto alla grande di me e di quello che ho fatto".

C'è comunque l'attenuante di aver vissuto anni tormentati da doping, scandali continui e avversari che baravano. Quanto ha influito tutto questo per uno che ha sempre proclamato di essere un corridore pulito?
"Non nego di aver pagato un prezzo anche per questo".

Però è rimasto in una squadra che è incappata in vicende tuttora oscure che hanno portato atleti e dirigenti addirittura in tribunale.
"Quelle sono problematiche che sarebbe meglio non avere. Ma sono a posto, la giustizia alla fine mi darà ragione, vedrete".

Non le fa rabbia?
"In ogni caso non voglio andare oltre sull'argomento".

Sarà il Giro del riscatto per lei dopo la deludente stagione passata?
"Lo so, ho avuto un 2013 difficile. Una sola vittoria alla Coppi e Bartali. Il trasferimento a Lugano ha creato problemi. Ci siamo ritrovati un po' spaesati e lontani da amici e conoscenti. Tutte cose che hanno contribuito a togliermi la serenità necessaria".

Ha litigato con la moglie?
"No, assolutamente: il cambio di ambiente mi ha tolto concentrazione e serenità, che sono fondamentali per un ciclista".

E ora al Giro?
"È un Giro più duro di quanto non sembri, con tutte le salite in fila la terza settimana: Oropa, Montecampione, Zoncolan. Con Niemecz cercherò di fare classifica, mentre Ulissi punterà alle tappe. Ma vedrò strada facendo. Sono in scadenza di contratto e voglio fare bene. Però ci sono avversari forti: dal colombiano Quintana, favoritissimo, allo spagnolo Rodriguez, all'australiano Evans; a Michele (Scarponi, ndr), che ha l'esperienza giusta. Si vedrà. Io so solo che cercherò di dare il massimo, come sempre".
 
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