"Dicevo di essere tranquillo. Ma la realtà era diversa. A volte cerchi di convincerti, e dimostrare, di qualcosa che non c'è". L'analisi dell'"annus horribilis" di Damiano Cunego comincia così. Con parole mai dette. La cornice del pomeriggio di Verona è il cielo terso e un sole benedetto che "entra" di prepotenza in salotto. Definirlo almeno di buon auspicio si può.
ambiente — La prima novità del Cunego "2.0" è proprio questa: il ritorno alle origini. Damiano si era trasferito in Svizzera con la moglie Margherita e i figlioletti Ludovica e Christian. Ma non ha funzionato. "Non era casa nostra, non ci sentivamo a nostro agio. Abbiamo insistito un po', prima di ritornare sui nostri passi. Sì, questa cosa mi ha tolto serenità. E la preparazione fisica ha cominciato ad andare nel verso sbagliato subito, tra maltempo e gare saltate. Quindi ho sempre inseguito una condizione che non arrivava mai, ho preso un paio di volte di febbre, insomma è andato tutto storto. Sa quale è stato l'unico giorno in cui mi sono sentito bene in gruppo? L'ultimo, la Japan Cup. Sono arrivato terzo, un risultato che di sicuro non mi cambia la vita. Ma può essere il nuovo punto di partenza. In certe gare di fine anno ho aiutato i miei compagni. Era giusto così e mi ha fatto piacere, ma la mia dimensione resta quella del capitano. Del vincente".
Slancio — Ritorno alle origini non è un modo di dire. Cunego ha preso una bella casa all'imbocco della salita delle Torricelle, il simbolo del circuito iridato che nel 1999 lo lanciò al titolo iridato juniores. "E' stato casuale", sorride mentre poco lontano sonnecchia un nuovo "ospite": un bellissimo gatto persiano di tre mesi ribattezzato... "Gatto", omaggio della moglie Margherita al felino (rosso) del mito Audrey Hepburn in "Colazione da Tiffany". L'anno che sta finendo ha portato in dote a Cunego (che debutterà a gennaio in Argentina: mai così presto) un solo successo. Lecito avere più di un dubbio sulla possibilità di rivederlo al massimo livello: nel 2014 il successo al Giro d'Italia avrà 10 anni, la doppietta Amstel-Lombardia 6. La prima impressione però è quella di un Cunego diverso a livello verbale: nessun silenzio imbarazzato, occhi mai bassi, nessuna titubanza anche nelle risposte "difficili". "Non sono un mago nelle pubbliche relazioni, è vero. Non sono bravo. Ma ho altre doti. E non è vero che mi sono lasciato male con tante persone. Con Martinelli, per esempio, ci sentiamo ancora. Con Damiani non ci furono problemi particolari con me, ma generali, con la squadra. Mi è stato anche rimproverato di essere rimasto troppo tempo in Lampre. Ma io qui mi trovo ancora molto bene e non sono assolutamente pentito. Nel ciclismo non è facile trovare l'ambiente ideale. A me questa squadra piace molto".
Motivazione — E il ritornello del Cunego - da domani a Darfo Boario Terme con il team - appagato "che non si allena poi tanto"? E quello del corridore e uomo "radiocomandato", incapace di pensare con la propria testa? "Per carità. Mi alleno duramente e ho anche i testimoni (sorride, ndr). Nella vita e in corsa, poi, i consigli si ascoltano e le decisioni si prendono. E chi le prende sono io". L'ultimo affondo è per l'inchiesta di Mantova. Cunego, che è tra i 28 rinviati a giudizio (martedì 10 l'udienza filtro), non aveva mai voluto commentare la consulenza del professor Sandro Donati e della dottoressa Roberta Pacifici, in cui si parlava di "avvenuta assunzione di Epo" da parte del veronese, "confermata indirettamente in un sms e una telefonata tra Brent Copeland (ritornato ora da team manager) e Sergio Gelati". "Non conosco gli autori di questa consulenza. Si tratta di fesserie. Sono anni che aspetto che questa storia si chiarisca. Sono sinceramente stufo, mi sento preso in giro. Ma ho anche fiducia, perché alla fine chi è onesto ha ragione. E io lo sono".