Petito riparte dalla Liquigas
Il laziale che ama le corse del Nord torna con una squadra del ProTour. "La cosa che più mi feriva era essere dimenticato: mi sono rimesso in discussione e ora sono il vecchio che avanza"
Petito in trionfo alla 4 giorni di Dunquerque. Afp
Petito in trionfo alla 4 giorni di Dunquerque. Afp
MILANO, 21 novembre 2006 - Un anno fa sguazzava nel fango, azzurro del ciclocross e disoccupato della strada. Adesso, a 35 anni 9 mesi e 20 giorni, Roberto Petito pedala verso il ProTour. Nel 2007 sarà verde Liquigas.
- Che cos’è successo?
"Dopo 13 anni di professionismo, da professionista, mi sembrava una follia smettere così. La cosa che più mi feriva era essere trascurato, dimenticato, abbandonato da un ambiente cui, come gregario, avevo dato tanto. Chiedete a Cipollini e Petacchi, Bartoli e a Museeuw. Allora mi sono rimesso in discussione".
- Poi?
"Fabio Bordonali ha regalato a me e Fabio Baldato una possibilità: una stagione nella Tenax-Salmilano. A trasmettere la nostra esperienza a un bel gruppo di giovani. Non è un caso che il 2006 sia stata, dopo quattro anni di piazzamenti, una stagione di vittorie. Ha vinto Baldato, ha vinto Pidgornyy, ha vinto Bossoni e ho vinto anch’io".
- La Quattro giorni di Dunquerque.
"Tappa e classifica finale. Gli avversari ci avevano sottovalutato. nvece siamo stati all’altezza, anzi, superiori all’altezza. Non è stato ciclismo, ma scacchi: con una regia perfetta abbiamo mosso le pedine giuste fino a dare scacco matto. Mi arrivano ancora lettere di complimenti per quella impresa".
- Chissà che gioia.
"Macché. Mi dispiaceva per i compagni. Un po’ perché, nella mia vita, sono sempre stato io ad aiutare gli altri. Un po’ perché stavolta gli altri erano tutti giovani, pieni di voglie e di speranze. Però, forse anche grazie a quel successo, l’abbinamento con la Tenax, che a un certo momento sembrava in dubbio, è stato confermato anche per il 2007".
- Poi il Fiandre.
"Il successo a Dunquerque ci ha aperto la strada, ed è arrivato l’invito per il Fiandre. Io sono entrato nella fuga giusta, poi ho chiuso decimo".
- C’è chi la chiama Van Petito.
"Mi piace il Nord: il vento, la pioggia, il pavé, quel pubblico, il Belgio. Il Fiandre è la mia corsa ideale. Poi la Roubaix, dove però hai bisogno di fortuna. E la Sanremo: nel ’97 sono andato via sul Poggio e sono venuti a prendermi, direttamente, i signori Jalabert, Museeuw e Bartoli. Nel ’98 sono arrivato nono. Ancora adesso i miei sogni finiscono sempre in via Roma".
- E dopo tutto questo, come ringraziamento, se n’è andato in un’altra squadra.
"Al Brixia Tour sono andato da Bordonali e gli ho detto: "Fabio, prima che te lo vengano a dire altri, ti confesso che sono in trattative con la Liquigas". Lui ha capito e mi ha appoggiato: un anno, magari l’ultimo, in una squadra del ProTour è un’occasione da non perdere. Un anno fa sembrava che lo slogan fosse: largo ai giovani. Adesso: il vecchio che avanza. Ma nel senso: il vecchio che va avanti. Forse perché si è capito che a certe qualità non si può rinunciare".
- Ha ripreso la preparazione?
"Da una settimana, senza stress. Faccio un po’ di fondo. Pianura e misto, per ora collinette di 100-150 metri, più avanti non oltre i 500 metri. A parte qualche giorno di tramontana in gennaio e febbraio, qui a Civitavecchia il clima è dolce".
- Da solo o in compagnia?
"Da solo o con Luigi Sestili. Fascia e berretto (lo so, dovrei mettere il casco, ma è più forte di me), il walkman solo quando faccio il lungo, il resto l’ho buttato via. Niente cardio, niente srm: vado a braccio, anzi, a gamba. Ormai sono oltre la scienza".
- E l’allergia alle graminacee?
"La prevenivo con i vaccini, ma da tre anni ho rinunciato anche a quelli. Ormai sono anche oltre la medicina".