Sport

L'INTERVISTA

La ripartenza di Basso
"Ecco perché ho fallito"

Dopo la delusione dice "aspettatemi ancora non finisco con il Tour". E su Nibali: "Io e lui siamo gli Schleck d'Italia, ci aiuteremo. Non sono vecchio ma solo un po' troppo perfezionista"
di EUGENIO CAPODACQUA

2 minuti di lettura
Ivan Basso, smaltita la delusione del Tour de France?
"Per forza. Devi digerire tutto e presto: il ciclismo non ti permette di adagiarti, sia quando le cose vanno bene che quando vanno meno bene".

Ha capito il perché di quel flop?

"Ecco, penso di aver fatto tutte le cose per bene".

Però puntava al podio ed è finito 8°. Sicuro di non aver commesso qualche errore?
"Sicuro. Rifarei tutto. Poi quella brutta caduta sull'Etna a 40 giorni dal via della corsa...".

Ecco, al solito, la caduta.
"Non sto certo lì a frignare. Non è un alibi. Però ci sono delle riflessioni oggettive da fare. Le conseguenze sono state davvero pesanti. A parte i punti attorno all'occhio, e la vista indebolita, ho avuto problemi con le vertebre cervicali che mi hanno fatto perdere sensibilità ai polsi e mi hanno impedito di lavorare sulla bici da crono. E si è visto subito nella cronosquadre iniziale dove abbiamo beccato 1'20". Non riuscivo a stare in posizione aerodinamica. Poi ho dovuto prendere antibiotici per parecchi giorni. Infine ho dovuto recuperare il tempo perduto. Possono pure criticarmi, ma io ho la coscienza a posto. Ho coperto più di 40.000 metri di dislivello in salita in un mese prima del Tour".

Forse anche troppo.
"Mah, forse. La testa spesso mi tradisce. Sono un perfezionista al limite del maniacale. Dentro di me non accettavo che l'incidente mi avesse condizionato così tanto. Ma la testa mi aiuta anche a ripartire, ed è quello che sto facendo".

Soffriva troppo il cambio di ritmo degli avversari.
"È vero. Succede quando la condizione non è quella ottimale. Spingi di più per compensare il ritmo che ti manca".

Sulle salite sembrava legnoso, duro, mai brillante. Non sarà il caso di cambiare qualcosa nell'allenamento?
"No. Non credo. È solo un problema di condizione. Comunque con un Evans così forte e gli Schleck quest'anno c'era ben poco da fare, si lottava per il 4° posto".

Intanto adesso la stagione è andata.
"È il rischio che si corre quando si mette al centro il Tour de France. Ma farò le altre corse: Emilia, Lombardia, non aspetterò di certo il prossimo anno per cercare di vincere".

Ripunterà tutto sulla corsa francese anche l'anno prossimo?
"Nulla è deciso. Possibile che faccia Giro e Tour se i percorsi non saranno troppo duri o che ne faccia una sola".

Al Giro, oltre agli avversari, avrà la concorrenza interna di Nibali. Fatale che ci sia rivalità...
"Non è detto. Non capisco perché per gli Schleck, essere in due col ruolo di leader costituisca un vantaggio e per me e Vincenzo no. C'è un rapporto chiarissimo fra di noi e una generazione di differenza. Vincenzo è il futuro. Posso pensare che più divento vecchio e più vado forte? Sarei uno stupido a mettermi in competizione. Lui è stato importante per il mio Giro 2010. Io potrei esserlo per lui di qui in avanti. Voglio dire: noi siamo gli Schleck d'Italia. L'unica differenza fra me e Vincenzo è che non siamo fratelli. Ma io potrei essere il valore aggiunto per lui al Giro e lui per me al Tour o viceversa".

Gli anni passano anche per lei, si sente sempre motivato?
"Motivatissimo. Ho passato momenti ben peggiori: ho superato due anni di squalifica per le vicende doping. Non mi sento vecchio, credo ancora di poter competere per il podio".
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