Dematteis, benedetto il nonno
Dopo l'apprendistato della prima stagione da pro, il cuneese che conosce l'occitano racconta dell'amore per la bici ispirato dal parente e l'avventurosa iniziazione alle due ruote
Miculà Dematteis è nato il 14 novembre 1983
Miculà Dematteis è nato il 14 novembre 1983
MILANO, 29 dicembre 2006 - Totes los èssers umans naisson liures e egals en dignitat e en dreches. Son dotats de rason e de consciéncia e se devon comportar los unes amb los autres dins un esperit de fraternitat. Capito? Ma sì, anche se non è italiano e neanche francese, ma occitano, l’antica lingua d’oca, quella che si parla ancora adesso dalla Catalogna al Cuneese.
A Rore di Sampeyre, nel Cuneese, è nato Miculà Dematteis. Volendo, lui parla occitano. Meglio di no, almeno qui.
Dematteis, cominciamo da?
«Mio nonno paterno, Luigi. Alla fine degli anni Cinquanta partecipò a una spedizione per la traversata delle Alpi, a piedi, da est a ovest. La completarono solo in due: lui e Walter Bonatti. Quando avevo nove anni, mi portò, in giornata, in cima al Monviso: 3848 metri. E quando ne avevo 12, mi propose di accompagnarlo in Francia, sul Massiccio Centrale».
Sempre a piedi?
«Stavolta in bici. Ne avevo una da corsa, azzurra, cambi sul tubo obliquo, pedali con i cinghietti, e "il sacchetto" — così lo chiamava il nonno — tra tubo reggisella e freno posteriore. Lì dentro c’era il minimo indispensabile per stare via quattro giorni. Il resto nelle tasche».
E poi?
«Si pedalava dalla mattina alla sera, la prima e l’ultima notte le abbiamo passate nel cascinale di un amico del nonno, le altre due in un’osteria e in una pensione. Questa esperienza mi ha segnato».
Un tipo originale, suo nonno.
«Ingegnere a Torino, tre o quattro anni alla Fiat, poi in proprio. E’ lui che ha progettato l’ultima parte della strada del Colle di Sampeyre e alcuni impianti di risalita. Poi ha cominciato a scrivere libri sull’architettura delle case contadine e dirige ancora una collana per la casa editrice Priuli Verlucca. A un certo punto della sua vita si è innamorato della bicicletta: casa-Capo Nord e ritorno, casa-Delta del Danubio e ritorno, casa-Jugoslavia-Grecia-traghetto-Egitto-tutto il nord Africa-Gibilterra-Spagna-Francia-casa».
E i suoi genitori si fidavano?
«Mio padre è un muratore, e con mia madre alleva cavalli Merens. Animali rustici, di montagna, di piccola taglia, stanno al pascolo tutto l’anno, e sono originari dei Pirenei. Un anno gli è venuto in mente di far vedere ai cavalli da dove erano venuti. Così abbiamo fatto dalle Alpi ai Pirenei a cavallo. Avevo 15 anni».
Un’educazione molto pratica.
«Sono andato anche a scuola. Regolarmente. Diplomato agrotecnico. E ho finito un anno prima del previsto. Un giorno il preside entra in classe e ci fa: "Vi leggo questo comunicato anche se siete tutti cafoni e non ve ne farete niente". Riguardava la possibilità di fare gli ultimi due anni in uno. Ne parlai con i miei, ci provai, e fui promosso. Io, se mi metto in testa una cosa, prima o poi la raggiungo».
E con il ciclismo?
«Mi ero messo in testa di provarci, e ci ho provato, poi di diventare professionista, e lo sono diventato, adesso mi sono messo in testa di poterlo fare seriamente, e sono convinto di farcela. Non conosco i miei limiti, non so fin dove andrò. Però mi sono messo in testa che questo sarà il mio lavoro per qualche anno, spero una decina. Il 2006 è stata la prima stagione da pro’, ho dovuto prendere le misure alla categoria, alle corse, agli avversari. Tutte novità».
Risultati?
«Tre quindicesimi posti. Il primo nella terza tappa della Coppi Bartali. In fuga con Pinotti e Stangelj, ripresi a 6 chilometri dall’arrivo, quel giorno ha vinto Cunego. Poi nella seconda tappa, la più dura, e nella classifica finale del Regio Tour, in Germania».
Che cosa dice il nonno?
«E’ contento. Forse è contento perché io sono contento. La bici mi riempie la vita. Perché mi tiene in contatto con la natura, mi fa scoprire paesaggi e persone, mi rilassa quando sono nervoso, mi tira su quando mi sento giù. Mi dà disciplina e senso del dovere. Il ciclismo è il mio lavoro e la mia vita: tutto gli gira intorno».
Dematteis, come si dice ciclismo in occitano?
«Ciclisme».
E bicicletta?
«Bicicleto».
E buon anno?
«Bun an».