L'INTERVISTA. Ignazio Moser, gli schiaffi e la Roubaix

| 31/03/2011 | 08:42
Sappiamo tutti che Ignazio Moser è figlio del grande Francesco, ma questo diciannovenne trentino al primo anno tra i dilettanti in maglia Lucchini Maniva Ski è anche molto altro.
Stufo di essere presentato come “il figlio di Moser”?
«No, sono orgoglioso del nome che porto e di quello che ha fatto papà, mi va benissimo».
Facciamo un gioco: sono vietate le parole “figlio”, “Moser” e “Sceriffo”. Che titolo diamo a questa intervista?
«Che domanda difficile! Ormai sono talmente abituato a essere definito “figlio di…” che non saprei davvero che risponderti. Magari col tempo i giornalisti mi troveranno un soprannome…».
Tutti dicono che fisicamente ricordi papà da giovane.
«Sì, in effetti abbiamo caratteristiche simili. Sono alto 1.89 mt e peso 85 kg, ho il classico fisico da passista veloce».
Vi assomigliate anche di carattere?
«Forse più che fisicamente. Come lui, sono molto determinato, non mi fermo facilmente davanti agli ostacoli, non mi piace perdere e sono parecchio permaloso. Di lui si ricorda il grande carisma, il suo imporsi nel gruppo che riesce naturale anche a me; senz’altro ho ereditato anche un’altra caratteristica di tutta la famiglia Moser: la caparbietà».
Cosa studi?
«Sono all’ultimo anno dell’istituto agrario, tra qualche mese mi tocca l’esame di maturità. A scuola me la sono sempre cavata, ma non mi sono mai ammazzato di studio; diciamo che come in bici cerco di non spendere troppo (ride, ndr). In questi mesi sto decidendo cosa fare una volta concluse le superiori: immagino sia dura conciliare l’università con gli impegni sportivi, quindi credo opterò per il ciclismo a tempo pieno».
A parte pedalare, cosa ti piace fare?
«Tra scuola e bici mi resta poco tempo per coltivare particolari hobby. Diciamo che sono un gran tifoso dell’Inter, seguo quindi spesso le partite, e appena posso sto con i miei amici. Mi piace andare a ballare e divertirmi».
Da quando corri?
«Da G1, ma fino ai 13/14 anni ho “corricchiato”, nel senso che praticavo altri sport (calcio, sci discesa, nuoto, ndr) e non gareggiavo con costanza. Da Esordiente ho deciso di concentrarmi solo sullo sport che più mi appassionava, senza pressioni di alcuno. Ho staccato per un anno da Junior, ma la stagione scorsa sono tornato in sella perché andare in bici è ciò che più mi diverte e mi dà soddisfazione».
Ricordi la tua prima corsa?
«Sì, era a Storo (TN), vicino casa, l’ho vinta. Ricordo che mi aveva portato mamma perché papà aveva da fare, ma che eravamo tutti felicissimi del mio buon inizio».
Di papà sappiamo tutto o quasi, parliamo degli altri componenti della tua famiglia e del loro rapporto con le due ruote.
«Mamma Carla non è né favorevole né contraria al fatto che io corra in bici, mi supporta in tutto quello che faccio e visto che il ciclismo mi rende felice, lei è felice che lo pratichi; i miei due fratelli non hanno mai corso, ma respirano ciclismo da una vita. Carlo, che ha 27 anni, è il mio primo tifoso e Francesca, che di anni ne ha 29, quando ero giovanissimo per un paio di anni è stata addirittura la mia allenatrice. Io, il piccolo di casa, sono l’unico a correre (sorride, ndr)».
Fidanzato?
«Sì, con Tamara, che non ha nulla a che fare col ciclismo».
Film preferito?
«Troy, con Brad Pitt».
Ultimo libro letto?
«”…Però, Zanardi da Castelmaggiore!”di Alex Zanardi. Non sono un gran lettore, ma mi è davvero piaciuto tanto».
Programma tv imperdibile?
«Nessuno, guardo davvero poca tv».
Cantante del cuore?
«Keisha. Di musica ne ascolto molta, soprattutto dance e rock, ma non disprezzo gli altri generi».
Con chi ti alleni di solito?
«Da quando ho mosso le mie prime pedalate il mio compagno di allenamento fisso è mio cugino Moreno, per la scuola però ultimamente mi alleno spesso da solo»
La stagione è iniziata bene, hai già conquistato una vittoria.
«Esatto, ho vinto a Lissone due domeniche fa. Nonostante mi fossi allenato tutto l’inverno con grande costanza, sinceramente non mi aspettavo di fare così bene fin da subito, avevo un po’ paura del salto di categoria».
E ora?
«Un primo obiettivo l’ho centrato quindi sono sereno, il prossimo appuntamento a cui tengo molto è la Parigi-Roubaix del prossimo 29 maggio. È la corsa dei miei sogni, far bene con gli atleti migliori del mondo sarebbe una grande emozione».
Guardando più in là ti immagini ciclista o cos’altro?
«Vorrei davvero diventare un corridore professionista. Avendo una forte passione per l’enologia, eredità anche questa di famiglia, in alternativa mi piacerebbe dedicarmi all’azienda agricola Moser. Ho due belle possibilità per il mio futuro, sono fortunato!».
Papà è stato un numero uno del ciclismo, tu cosa vorresti diventare?
«Mi piacerebbe fare bene nel mondo delle due ruote. Non so se sarò in grado di essere un numero uno, ma anche diventassi un numero cinque o un numero dieci non sarebbe male. L’importante è essere tra i primi, si vedrà…».
Papà tempo fa ha detto: «L'esperienza conta e quando sei giovane è importante farne tanta, senza avere paura di prendere qualche schiaffo di troppo». Sei disposto a prenderne di schiaffi in faccia o sei un “figlio di papà”?
«Per gli schiaffi sono nato pronto e, proprio per il cognome che ho, ne ho presi tanti e tanti altri ne prenderò. Chiamandomi Moser devo dimostrare più dei miei avversari, tutti si aspettano molto da me, non so se sia giusto o sbagliato, ma spero di non deludere le aspettative di nessuno, a partire dalle mie».

Giulia De Maio

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COMMENTI
31 marzo 2011 15:15 thepirate
questo si che è un atricolo interessante!! ooooooohh yeeeah

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