MCipollini, tutte nella scia di Re Leone

| 01/03/2011 | 09:00
Meglio le donne: lui l’ha sempre pensato. Meglio il ciclismo femminile ri­spetto ad un ciclismo maschile po­co “macho”. Lui l’ha detto a chiare lettere a Philippe Brunel, in un articolo rilanciato su tut­toBICI lo scorso mese: «Questo ciclismo fatto di pacche sulle spalle non mi diverte neanche un po’. Mi sembrano un branco di femminucce». Lui e lei, in un ciclismo che si fonde e si con­fon­de. Lui e lei, che parlano la stessa lingua, sotto lo stesso obiettivo, da­vanti allo stesso fo­tografo, per la stessa ragione.
Lei è una campionessa, lui è sta­to un campione. Lui è un personaggio, lei vorrebbe diventarlo. Lei è Mendrisio 2009, lui è Zol­der 2002. Lui è veloce, lei un po­chino più lenta, perché preferisce di gran lunga la salita. Lei è salita sul podio al Giro d’Italia, lui è sfrec­ciato in maglia rosa e ci­cla­mi­no. Lui è per tutti il “Re Leo­ne”, lei è più semplicemente  “Ta­ti”.
Lei è Tatiana Guderzo, lui è Ma­rio Cipollini. Uniti da sempre dal­l’amore per le due ruote, quest’anno sa­ranno più vicini che mai. Tatiana sarà infatti una del­le punte del team che porta il nome di Mario, la MCi­pol­lini-Gior­da­na.
Per la stagione d’esordio nel pro­fes­sionismo, il team di pa­tron Fe­derico Zec­chetto ha in­gaggiato le mi­gliori atlete del panorama internazionale e ha proposto a SuperMario una collaborazione per questo progetto coniugato tutto al femminile. In occasione di un servizio fotografico realizzato nella sede del Ma­glificio Giordana il mese scorso, abbiamo in­con­trato il campione e le “sue” donne. Tra una foto e l’altra, Cipollini e Guderzo si sono scambiati pen­sieri e opinioni. Vi proponiamo il lo­ro schietto botta e risposta.
Tatiana: allora Mario, come andiamo?
Mario: Benone, mi diverto a mettermi in posa con delle belle ragazze come voi.
T: Beh anche per noi la vista non è ma­le… Gli anni passano, ma sei sempre bel­lo in forma.
M: Ho smesso di correre a livello agonistico, ma continuo a praticare sport, ovviamente esco in bici, mi alleno in palestra e ho scoperto lo sci. Pensa che mi sta tornando la voglia di gareggiare e non è detto che non lo faccia. Ho un progettino in testa…
T: Quale?
M: Disputare le prossime olimpiadi invernali a Sochi per il Principato di Monaco. È un’idea, ma ci sto già lavorando. 
T:
Non ci giro attorno nemmeno io: ma davvero pensi che i corridori siano diventate delle femminucce?
M: Tu da atleta di livello mondiale non credi che i ciclisti di un tempo non ci siano più? Senza andare troppo in là con gli anni pensa alle sfide tra Arm­strong e Ullrich e fai il paragone con quelle di oggi. Non c’è storia. Se penso a Andy Schleck che abbraccia Al­berto Contador sul Tourmalet dopo essersi giocato la vittoria del Tour de France ancora non credo ai miei occhi. Per me in corsa non ci può essere fair play: è una guerra. L’avversario va ri­spettato, ma in quel momento è un ne­mico da combattere.
T: Non hai tutti i torti. A questo proposito, penso che tu faccia proprio bene a in­vestire nel ciclismo femminile. Noi donne siamo competitive di natura. Sarà che nell’ambiente femminile per strappare un contratto devi darti davvero da fare, per trovare qualcuno che investa su di te devi lottare a denti stretti e per di­ven­tare qualcuno devi vincere davvero tanto. Come in altri settori della società, dobbiamo fare il doppio della fatica di voi uomini per emergere.
M: Non posso contraddirti: voi donne avete l’agonismo nel dna. Che si tratti di bellezza, vestiti, lavoro volete sempre essere le migliori. Nello sport do­vete affrontare tanti sacrifici e rinunciare in parte alla vostra femminilità, tutto ciò non vi è riconosciuto a dovere. Ol­tre agli allenamenti quotidiani, basta pensare che per mantenere la linea dovete stare più attente di noi. È una questione di ormoni, partite svantaggiate anche lì…
T: Già, parole sante. Io poi ingrasso solo al pensiero di mangiare, ma come ti dicevo, nella “lotta tra i sessi” noi recuperiamo terreno grazie alla tenacia. Per farti un esempio: io so che prima di un appuntamento importante devo fare una dieta ferrea per almeno 40 giorni. È dura, ma la fame di vittoria mi fa passare quella che nutro per i dolci.
M: Allora ho fatto bene a investire su di voi!
T: Certamente. Siamo un bel gruppo. For­se ci manca qualche rotella, ma ab­biamo gambe, grinta e buon umore da vendere. Ognuna ha qualcosa da dire e avrà modo di esprimersi al meglio. Non trovi che si percepisca già chiaramente lo spirito di squadra che si respira nel nostro team? Dobbiamo solo trasferirlo in gara e fare in modo che il nostro entusiasmo, la nostra voglia di fare si traduca in risultati. Non è facile ma è possibile. Poi se dall’alto della tua esperienza ci darai anche qualche consiglio, saremo a cavallo.
M: Volentieri! Per voi sono disponibile a tutto. Ho altri impegni nel mondo del ciclismo (consulente del team Katusha, ndr) e non solo, ma vorrei diventare un punto di riferimento per te e le tue compagne. Se avrete voglia e ne sentirete la necessità, vi aiuterò con piacere sia a livello tecnico che in termini di visibilità.
T: Per quanto riguarda la comunicazione senz’altro ci puoi dare una mano. Sai che quando correvi guardavo il prologo del Gi­ro solo per vedere che body avresti in­dos­sato? Negli ultimi cinque anni le cicliste italiane hanno vinto quattro mondiali, ma c’è ancora gente che quando dico che pratico ciclismo sembra non farsene una ragione e mi richiede «Sì, ma che lavoro fai?». Se dici che ti stai preparando per il Giro d’Italia, si stupisce perché non sa nemmeno dell’esistenza di una corsa a tappe per donne.
M: Per valorizzare il ciclismo femminile secondo me dovreste puntare molto di più sul vostro lato sexy. Pensa a Pao­la Pezzo, i media si sono accorti di lei nel ’96 ad Atlanta, non solo perché vinse l’oro Olimpico ma perché tagliò il traguardo con la maglia aperta, che lasciava intravedere il reggiseno.
T: Ok, ma è avvilente che per far parlare di noi si debba ricadere sempre e solo sull’aspetto fisico.
M: Non lo metto in dubbio, ma purtroppo è un dato di fatto. Ti faccio un altro esempio: le pallavoliste della na­zionale italiana. Chi sapeva della loro esistenza prima che facessero un calendario? Non dico che dobbiate essere volgari o puntare solo sull’aspetto fisico, ma dovreste valorizzare la vostra femminilità. Che ne dici di una divisa con del pizzo o delle scarpe da corsa con il tacco?
T: Mah, vorrei fare qualcosa in prima persona per valorizzare il ciclismo fem­mi­ni­le, ma non so se sia questa la strada giu­­sta. Comunque sei tu l’esperto d’im­ma­gine, quindi ne riparleremo. Ora devo an­dare. Quando ci rivedremo?
M: Magari in ritiro a Lucca. Avrei vo­glia di pedalare con voi. Dovrei riuscire ancora a starvi dietro…
T: Penso di sì. Ti aspettiamo volentieri, così ci facciamo altre due chiacchiere. Ciao!
M: Ci conto. Nel frattempo fate le brave… Mangiate poco.

da tuttoBICI di febbraio a firma di Giulia De Maio
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