L'inverno dell'ingegner Pinotti
"Sarà l'anno di Nibali"

Si chiude qui la rassegna corridori d'inverno. Non che l'inverno sia finito: è che cominciano le corse. In questi due mesi abbiamo parlato con velocisti, conosciuto gregari, ritrovato i più esperti, scoperto i più giovani. L'ultimo della serie è il campione italiano della cronometro, Marco Pinotti.

L'ingegner Marco Pinotti. Afp
L'ingegner Marco Pinotti. Afp

MILANO, 15 gennaio 2011 - Ingegnere, scrittore, giornalista, ecologista, corridore e rappresentante dei corridori, cronoman, ambasciatore del ciclismo senza portafoglio, nonché marito e padre. Marco Pinotti è tutto questo, e molto di più.

Ingegnere Pinotti, vacanze tranquille?
"Giramondo per lavoro, casalingo in vacanza. E’ il tempo giusto per riprendere i propri spazi".

Corridore Pinotti, e la preparazione?
"Una mattina, ai primi di novembre, fuori non c’era neanche il sole, ma dentro sì: sono salito in bici e ho ricominciato. Non che abbia mai smesso. In quello che io chiamo periodo di transizione, cioè dalla fine della stagione all’inizio di quella nuova, in tutto quattro settimane, andavo in piscina e, ogni tre o quattro giorni, non resistevo al richiamo della bici e facevo un giro. Perché della bici non ho mai la nausea, non arrivo mai al punto di non poterla più vedere".

Anche la mountain bike?
"Solo per distrarmi o scaricarmi, mai per allenarmi: non sono padrone della tecnica, spendo più energie nell’attenzione che nell’applicazione. E’ che mi piace la bici da strada, la sento mia, so quando e come spingere".

"Il mio 2010? Fino ai primi di settembre ne ero soddisfatto. Poi ho preso un’infezione alle vie respiratorie, che si è trasformata in otite, e ho dovuto rinunciare ai Mondiali. Sono riuscito a finire la stagione, ma senza la condizione giusta"

E pedala da solo o in compagnia?
"Metà delle volte da solo, metà in compagnia, gruppetti al massimo di sei, con Vanotti e Possoni e qualche amatore che, per rispetto e prudenza, rimane alla ruota. Invece a me piace stare davanti, vedere la strada, guardare i paesaggi".

E con la squadra?
"Già fatto un ritiro, dal 5 al 16 dicembre, in California. Quattro giorni a Morgan Hills, dalla Specialized, un centinaio di chilometri a sud di San Francisco. E sei giorni di lavoro, vicino a Santa Monica e Malibu, un centinaio di chilometri a nord di Los Angeles. Tra un posto e l’altro, come tra Milano e Roma, e una decina di gradi in più. Strade ideali e, incredibilmente, poco traffico, poca gente".

E’ rimasto l’unico italiano della Columbia.
"Non si è mai soli. Andata via Noemi Cantele, ci sono ancora Valerio Piva, direttore sportivo, e Marcello Bartoli, massaggiatore".

"Il programma del 2011? Maiorca, Oman, Strade Bianche, Tirreno-Adriatico, un paio di classiche al nord, Amstel Gold Race e Freccia Vallone, Romandia e Giro. Un Giro da scalatori. Non lo correrò da capitano ma, diciamo, da uomo importante""

La Columbia è una multinazionale.
"Nel 2010 c’erano corridori di 18 Paesi. Il corridore italiano è considerato meno innovativo e più tradizionalista nei modi e nei metodi, ma con più storia e migliori abitudini in cucina. E questo ha ancora un suo valore".

Pinotti, il suo 2010?
"Fino ai primi di settembre ne ero soddisfatto. La vittoria al cronoprologo del Giro di Romandia, piazzamenti in tappe e in classifiche di corse a tappe, il nono posto al Giro, la vittoria al Campionato italiano a cronometro... Poi ho preso un’infezione alle vie respiratorie, che si è trasformata in otite, e ho dovuto rinunciare ai Mondiali. Sono riuscito a finire la stagione, ma senza la condizione giusta".

E il 2011?
"Più o meno lo stesso programma del 2010, almeno nella prima parte fino al Giro. Maiorca, Oman, Strade Bianche, Tirreno-Adriatico, un paio di classiche al nord, Amstel Gold Race e Freccia Vallone, Romandia e Giro. Un Giro da scalatori. Non lo correrò da capitano ma, diciamo, da uomo importante".

"SI chiude un anno con due morti dolorose. Ballerini era un punto di riferimento del ciclismo italiano. Sassi, che non ho mai conosciuto personalmente, lo era per il ciclismo pulito. Il valore di una persona si capisce anche da chi gli sta intorno"

Il 2010 è stato l’anno di due morti dolorose.
"Ballerini e Sassi. Ballerini era un punto di riferimento del ciclismo italiano, Sassi, che non ho mai conosciuto personalmente, lo era per il ciclismo pulito. Il valore di una

persona si capisce anche da chi gli sta intorno".

Il 2011 è a cavallo fra due fantastici compleanni.
"Magni e Martini: 90 anni. Sono la storia del ciclismo. E sono ancora così belli, lucidi, saggi".

Questo sarà l’anno di...
"Di Nibali, se non che lo è stato anche il 2010 con il terzo posto al Giro e il primo alla Vuelta. E poi lo sarà anche del mio compagno di squadra Cavendish".

E la sorpresa dell’anno?
"Se Contador non correrà, la sorpresa potrebbe essere il vincitore del Tour".

A proposito di Contador, giusto che corra o no?
"No, se non è in grado di giustificare la sua positività. La storia della bistecca sembra un po’ vaga. Ci vogliono prove più concrete".

"Contador? Se non è in grado di giustificare la sua positività non è giusto che corra. La storia della bistecca sembra un po’ vaga. Ci vogliono prove più concrete"

E a proposito di pene, due anni lontano dalle corse sono sufficienti?
"Lo erano, ma poi il tempo passa in fretta, le carriere si allungano... e il corridore punito rientra. Rientra perché il ciclismo è uno sport così bello, o per spirito di rivalsa, o per mancanza di altre prospettive di lavoro. Ma se l’intento è far cambiare mestiere, o almeno idea, forse bisognerebbe allungare la squalifica".

Certi studi dimostrano che certi benefici rimangono anche dopo due anni.
"Almeno per certe sostanze".

Altri sport sembrano più coinvolti nel doping che il ciclismo.
"Se si riferisce a quanto emerge da certe indagini e rivelazioni in Spagna, ce lo aspettavamo. Già se ne parlava all’epoca dell’Operacion Puerto".

"Brembate di sopra, il paese di Yara Gambirasio, dista da Terno d’Isola, il mio, cinque o sei chilometri. Qui non si parla d’altro della scomparsa di Yara. Con emozione, discrezione, preoccupazione e impotenza"

E allora perché il ciclismo è più facilmente scoperto?
"Forse perché il mondo del ciclismo ha preso più coscienza del male del doping e vuole combatterlo, invece altri sport lo seppelliscono. Ma il fenomeno del doping colpisce la società in generale".

E’ una società malata?
"Gravemente. Brembate di sopra, il paese di Yara Gambirasio, dista da Terno d’Isola, il mio, cinque o sei chilometri. Qui non si parla d’altro della scomparsa di Yara. Con emozione, discrezione, preoccupazione e impotenza".

Che società lascerà a suo figlio Davide?
"Ha un anno, ha appena cominciato a camminare, ogni giorno esplora il mondo. Speravo di potergli lasciare un mondo migliore. Più pulito, in tutti i sensi".

Dal primo gennaio vietati i sacchetti di plastica.
"Almeno quelli. Era ora".

Marco Pastonesi© RIPRODUZIONE RISERVATA

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