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Pinotti gentleman della crono
"Mi piace questo percorso"
Il bergamasco, miglior specialista azzurro del tic-tac, al suo settimo Mondiale sfida oggi i grandi favoriti nella prova contro il tempo: "Sarà dura contro Cancellara, Wiggins e Grabsch, ma sto bene e il tracciato mi si addice". (Cliccando sul link in alto a destra, aggiornamenti in tempo reale sulla crono)
GAZZADA (Varese), 24 settembre 2009 - Non è da questi particolari che si giudica un corridore. Però Marco Pinotti non butta via le cartacce, ma se le ficca in tasca; non lancia le borracce, ma le restituisce all’ammiraglia; non urla e non bestemmia, perché sa che le parole, anche sussurrate, hanno un loro peso specifico; scrive articoli (per "L’Eco di Bergamo") e libri ("Il doping ecologico" con il suo preparatore Omar Beltran) di ciclismo; ha un naso antico e usa mezzi modernissimi (Twitter). Ed è campione nazionale e azzurro a cronometro.
Mondiale numero?
"Questo è il settimo (domani, lui parte alle 14.41, ndr). Tutti a crono. Il migliore piazzamento la prima volta, decimo a Plouay, in Francia. Ma a dire la verità, era anche il Mondiale in cui c’erano meno corridori forti".
- Il bergamasco Marco Pinotti, 33 anni. Afp
Questo?
"Il percorso mi si addice. C’è uno strappone, a metà gara, 900 metri, ma quelli più duri sono 500, punte al 9-10 per cento, userò il 44x21. E la seconda parte dovrebbe essere più veloce della prima".
Previsioni?
"Mi piacerebbe migliorarmi. Entrare fra i primi nove. Ma non si parte mai battuti. Io dico sempre: si parte - tutti - con due gambe e lo stesso tempo. Poi si vedrà".
Favoriti?
"Tre su tutti: Cancellara, Wiggins e Grabsch. Ma in una prova secca, Grabsch ci guadagna. Poi gli altri. Un anno fa, fra il quarto e il quindicesimo, c’erano solo 55 secondi".
Lei come sta?
"Bene, e sono ben preparato. Quarto nella crono, recente, al Giro del Missouri".
A proposito di Missouri: che mondo è?
"La corsa è ben organizzata e molto seguita. Un sacco di gente che prende una settimana di vacanza e fa dalla prima all’ultima tappa. Il ciclismo come una scusa per scoprire nuovi posti".
La sua squadra, la Columbia-High Road, è stravincente. Perché?
"Perché fa scelte oculate, puntando e lanciando giovani di grandissimo valore. Perché trasmette entusiasmo: penso a Hincapie, un vecchio campione, lì ha passato due anni ed è rinato, divertendosi. E perché è una multinazionale, cioè ingaggia corridori, e anche direttori sportivi, da tutto il mondo, e questo significa un grande arricchimento culturale".
Cavendish?
"Egocentrico, come tutti i campioni e i vincenti. Per spingerlo all’impresa, basta dirgli: scommetto che non ce la fai, vedrai che quello ti batte".
Boasson Hagen?
"Un talento naturale. Stagista, sottoposto ai test, i tecnici dissero: con lui ci divertiremo. Carattere opposto a quello di Cavendish".
"Non si parte mai battuti. Io dico sempre: si parte con due gambe e lo stesso tempo. Poi si vedrà"
Greipel?
"Fra lui e Cavendish c’è una grande rivalità, ma che sta facendo bene a tutti e due. Ha fisico statuario e applicazione tedesca".
Martin?
"Continua a crescere e non si capisce ancora dove potrà arrivare".
Che cosa pensano, all’estero, degli italiani?
"Il ciclismo italiano continua ad avere un grande fascino e seduzione, a cominciare dalle corse e dai luoghi. E’ storia del ciclismo. Però è un mondo che sa anche di vecchio, e che avrebbe bisogno di rinnovarsi. Invece quello che stupisce, ma in negativo, è la frequenza dei casi doping".
Perché, altrove?
"I Paesi anglosassoni hanno più cultura sportiva, e anche più coscienza. Io sostengo che le cose stanno cambiando anche in Italia: il ciclismo si sta ripulendo. Sarà anche perché si ha paura delle sanzioni. Ma è come succede sulle strade: all’inizio ci si allaccia la cintura di sicurezza per non prendere la multa o per non perdere i punti, poi lo si fa automaticamente per salvarsi la vita".
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