Freire festeggia Aggiano, rimprovera Valverde e su Armstrong...

| 07/02/2009 | 10:22
Oscar Freire non poteva certo mancare all’inaugurazione del nuovo negozio di biciclette del suo grande amico, ex-compagno di squadra e di stanza nel periodo delle gare, Elio Aggiano. E così, dopo un volo aereo che dalla Spagna lo ha portato a raggiungere la Toscana a mezzogiorno in punto, è poi stato prelevato da un’auto e portato fino a Castelmartini, piccola frazione del Comune di Larciano dove Aggiano ha inaugurato il nuovo negozio di bici e affini denominato “Cicli Banzai”, che gestirà insieme all’altro ex-ciclista pistoiese Paolo De Geronimo. Nella veste di ospiti d’onore, tra le oltre 200 persone presenti, c’erano Giovanni Visconti, Dario Cioni, Brett Lancaster, Francesco Ginanni, Rinaldo Nocentini, Alessandro Proni, Andrea Tafi, Paolo Fornaciari, Maximilian Sciandri e Luca Scinto. Ma le luci della ribalta sono state tutte per lui, per “Oscarito” Freire Gomez, il simpaticissimo ”tricampeon del mundo” che è apparso già in ottima forma atletica e assai disponibile a parlare di sé, del ciclismo attuale e ovviamente dell’amicone tosco-pugliese Aggiano, a confema del suo carattere estroverso e della sua universalmente riconosciuta empatia. Ecco le impressioni del sempreverde asso iberico, molto compiaciuto dalla grande accoglienza riservatagli. «Non potevo mancare a questa bellissima festa, una vera kermesse popolare come non se ne vedono mai in Spagna e che dimostra come da queste parti il ciclismo sia ancora molto sentito. Elio per me è stato più che un amico, quasi un fratello. Quando ho debuttato tra i professionisti, nel 1998 con la Vitalicio Seguros, abbiamo legato subito, in gara e fuori, grazie al suo carattere esuberante e alla sua simpatia irresistibile. Sì, posso affermarlo senza tema di smentita, Aggiano era un vero uomo squadra, con una battuta riusciva a sdrammatizzare le situazioni più difficili anche se ogni tanto sembrava un poco “loco”…. Ma il suo carattere aperto e ottimista mi è sempre piaciuto e oggi sono qui per augurargli buona fortuna nella sua nuova attività, anche se mi ha detto che allo stesso tempo farà il direttore sportivo di una squadra dilettantistica (la Monsummanese-Grassi-Calzaturificio Sergio Natalini-NDR)». Freire è giunto in Toscana dalla Spagna, dove su iniziativa del sindaco di Santander è stato nominato proprio in questi giorni ambasciatore per la candidatura di questa città a Capitale Europea della Cultura 2016. «In Cantabria abbiamo avuto una stagione tremenda: in pratica non ha mai smesso di piovere dai primi di novembre ad oggi e così non mi sono potuto allenare molto, ma non è un problema poiché ho messo su pochi chili e io sono un atleta che non ha bisogno di parecchi chilometri per entrare in forma; il meteo è stato addirittura migliore in Svizzera, nel Canton Ticino, dove risiedo durante la stagione agonistica». E a proposito di stagione ciclistica 2009, i suoi obiettivi non sono affatto difficili da indovinare. «Dopo il ritiro con la Rabobank al quale prenderò parte nei prossimi giorni, disputerò le gare d’inizio stagione con in testa il primo obiettivo 2009, quella Milano-Sanremo che vorrei tanto riuscire a vincere per la terza volta, anche se sono consapevole del fatto che per trionfare nella “Primavera” bisogna essere assistiti dalla fortuna, soprattutto nel finale, poiché spesso non basta essere in ottima forma. Prima della Sanremo sarò alla Tirreno-Adriatico, un’altra gara nella quale mi sono sempre trovato bene. In seguito parteciperò al Tour de France, alla Vuelta di Spagna e quindi cercherò di presentarmi al top al mondiale di Mendrisio, che si correrà su delle strade che conosco come le mie tasche. Sarà un mondiale impegnativo, ma il tracciato non mi spaventa affatto e ce la metterò tutta per centrare quel poker di vittorie che mi farebbe entrare per sempre nella storia del ciclismo. Se andasse male cercherò poi di rifarmi in Australia». E come mai questo poker non è stato centrato nel 2008, su di un tracciato ben più congeniale a Freire?. «Gli azzurri sono stati eccezionali e la nostra nazionale ha commesso dei gravi errori tattici. Io non ero al top, ma la squadra spagnola è risultata nettamente al di sotto delle aspettative, infatti ognuno ha corso per sè. Soprattutto Valverde ha commesso un grave errore non seguendo nell’azione decisiva Cunego e in seconda battuta Rebellin, dimenticando del tutto i compiti che gli erano stati affidati alla vigilia. La sua indecisione ha rovinato definitivamente i nostri piani, ma comunque voglio rendere onore agli italiani e al bravissimo Ballan: sono stati perfetti, una vera squadra, molto compatta, ma a Mendrisio vogliamo la rivincita…». Freire guarda anche al suo futuro e a quello dello sport da lui più amato. «Vorrei gareggiare per altri due anni, o almeno fino a quando non riuscirò a vincere la mia quarta maglia iridata, che è ormai il mio chiodo fisso. Tuttavia mi rendo conto che nel ciclismo attuale serpeggia una grave crisi: i grandi sponsor sembrano essere sempre meno interessati al nostro sport, che i media mettono spesso in cattiva luce a causa delle note vicende che non è necessario stare nuovamente a ricordare; un po’ incide anche la grave crisi economica che sta attanagliando la Spagna e tutta Europa, ma purtroppo non è solo quella la ragione dela fuga di capitali dal mondo del ciclismo…». Per i suoi figli, Marcos e l’altro in arrivo a giugno, il campione della Rabobank non prevede un futuro da ciclista. «No, è meglio che diventino o calciatori o tennisti, come il mio amico Rafael Nadal… Guadagnerebbero di più e farebbero meno fatica, di sicuro. Comunque, a parte tutto, l’importante è che pratichino uno sport poiché una disciplina sportiva oltre a formare il fisico forma anche il carattere di un giovane e mai come oggi i giovani hanno bisogno di obiettivi e svaghi sani». Sul clamoroso rientro di Lance Armstrong Freire ha un’idea precisa. «E’ un ottima operazione pubblicitaria ma dal punto di vista sportivo mi lascia perplesso. Una cosa è certa, quando io dirò basta con il ciclismo non tornerò assolutamente indietro, mi sembrerebbe una situazione patetica. E molto probabilmente non resterò nemmeno nell’ambiente ciclistico: voglio provare a fare altre cose che mi interessano, quando arriverà il momento...». Molti lo definiscono il miglior velocista in circolazione o almeno il più completo tatticamente, ma lui si schernisce. «Non è possibile fare una graduatoria assoluta dei migliori velocisti attuali: ognuno dei più forti velocisti ha dei picchi di eccellenza e quindi sarebbe più giusto dire che esistono velocisti che sono i numeri uno soltanto in alcuni periodi ben precisi della stagione agonistica. Dico questo senza voler sminuire campioni come Boonen, Petacchi, McEwen o Bennati. Tuttavia tra i giovani il più forte mi sembra essere, senza ombra di dubbio, Mark Cavendish». L’ultima domanda è doverosa: ma per la storia, vale più la vittoria in un campionato mondiale o in un Tour de France?. «Per me non si possono paragonare i successi in gare in linea con quelli in gare a tappe; certo è che se riuscissi a vincere per la quarta volta il mondiale, allora vorrei proprio vedere chi potrebbe negare a me e al mio record di entrare di diritto nella storia del ciclismo di tutti i tempi, con la stessa dignità di coloro che hanno vinto il Tour de France per sette volte...». di Stefano Fiori
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