"Il Belgio? E' casa mia"
Filippo Pozzato rientra dopo la Sanremo e punta forte sulle classiche del pavé: "Il Fiandre è la più dura, ma anche la più facile se hai le gambe. Alla Roubaix ti serve fortuna"
Filippo Pozzato, 25 anni, professionista dal 2000. Bettini
MILANO, 3 aprile 2007 - In valigia s’è portato l’inseparabile iPod e le immancabili riviste d’auto. Una valigia bella grossa: Filippo Pozzato è in Belgio da domenica e ci rimarrà per altre due domeniche, le prossime, quelle di Giro delle Fiandre e Parigi-Roubaix, inframmezzate dalla Gand-Wevelgem. L’avvicinamento agonistico comincia oggi, con la Tre Giorni di La Panne.
Pozzato, si farà vedere già davanti?
"E’ una corsa ideale per preparare il Fiandre, ma il primo pensiero è fare qualcosa di buono per la squadra. Poi, se sarò davanti, i freni non li tiro di certo".
Come ha recuperato dopo la Sanremo?
"A causa del virus intestinale che mi ha condizionato in corsa, non ho toccato la bici per tre giorni. Poi mi sono allenato a Montecarlo. Nonostante il brutto tempo, ho lavorato bene".
Fiandre, Gand-Wevelgem, Roubaix. Le descriva.
"Il Fiandre è la più dura, ma anche la più facile. Nel senso che se hai le gambe, sei davanti. La Gand è la più difficile da interpretare. La Roubaix, rispetto alle altre due, è quella dove la fortuna gioca il ruolo maggiore".
Deve sceglierne una da vincere. Quale?
"Il Fiandre. Comunque, anche se vincessi la Gand, che è un gradino più sotto, non la butterei via".
Quale potrebbe essere la sua carta in più?
"La squadra. Abbiamo già vinto abbastanza, ma potevamo raccogliere ancora di più. Stiamo andando molto forte. Dalle punte a quelli che cominciano a tirare al mattino, come Da Dalto e Kuchynski".
Gli uomini-chiave?
"Paolini, che ha esperienza e classe. Quinziato, già fondamentale quando ho vinto all’Het Volk. Petito, che al Fiandre è spesso stato protagonista".
Pensa che la Quick Step sarà sempre la squadra-faro?
"Boonen, Bettini, Van Petegem... sì, sarà così. Ma la Liquigas è alla loro altezza. Non sono alieni, si possono battere".
Altri pericoli stranieri?
"Cancellara, Hoste, Gilbert, Nuyens".
Soprattutto dopo l’Het Volk, lei per il Belgio non è più uno straniero.
"Quando vinci, i tifosi crescono. Comunque è vero, il Belgio ciclisticamente parlando è un po' casa mia. E verranno a fare il tifo i genitori, la mia fidanzata Chiara, un po' di amici".
Qual è la prima cosa da fare per vincere?
"Partire cattivi, concentrati. Stare davanti quanto più spesso si può. Interpretare bene tutto, dal vento ai segnali che arrivano da compagni e avversari".
Come al solito c’è anche l’incognita maltempo.
"Per ora è bello, c’è il sole e non fa neppure tanto freddo. Comunque, alcune delle vittorie più belle le ho ottenute sotto la pioggia. L’Het Volk, Amburgo, una tappa al Giro di Germania... e anche se penso alla Sanremo dell’anno scorso, all’inizio pioveva. Per molti può essere un problema, soprattutto psicologico. Per me è il contrario: so che vado bene, è una carica in più".