Besseges, il terzo giorno a Baroncini s’è accesa la riserva

08.02.2022
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L’altra faccia giovane dell’Etoile de Besseges, complementare a quella di Johannessen e Tiberi raccontata stamattina, è il debutto di Baroncini. Filippo è un neoprofessionista e, come il norvegese, lo scorso anno ha lasciato il segno fra gli U23 vincendo il mondiale di Leuven. Ha però un anno in meno e uno più di Tiberi, con cui condivide la maglia della Trek-Segafredo.

Il suo inverno era cominciato con una tendinite al ginocchio che lo ha bloccato per due settimane e alla corsa francese non doveva neppure andarci. Poi la positività di un compagno al Covid ha costretto la squadra a rivederne i piani. E il battesimo, originariamente previsto il 10 febbraio al Tour de la Provence, è stato anticipato di otto giorni. Ugualmente in Francia. La risposta alla prima domanda dà l’idea del clima di festa…

La squadra ha lavorato per Skujins dopo che Pedersen ha ceduto sul Mont Bouquet
La squadra ha lavorato per Skujins dopo che Pedersen ha ceduto sul Mont Bouquet
Come è andato il debutto?

Bene, a pecora per tutto il tempo (ride, ndr), però me lo aspettavo. Un po’ perché il livello era comunque alto, un po’ perché sono stato chiamato all’ultimo e mi sono mancati quei 10 giorni di rifinitura prima del debutto. Ma va bene così, sono contento di aver rotto il ghiaccio. Il ginocchio è a posto, si guarda avanti.

Livello tanto alto?

Abbastanza, per questo sono soddisfatto di me. Il primo giorno mi sono mosso bene nel ventaglio con Pedersen e gli altri. Il secondo ho tirato tutto il giorno perché Mads ci teneva a conservare la maglia e nel finale un po’ ho sofferto. Il terzo giorno ho tirato meno, ma più intensamente e si è accesa la riserva. Non sono al top. D’inverno soffro sempre un po’ a trovare la condizione. Ma poi quando carburo, mi dura a lungo.

Credi che il problema al ginocchio ti abbia rallentato?

Ho perso due settimane di allenamento che in un periodo di un mese e mezzo si sentono. Poco male, vorrà dire che avrò forze fresche più avanti.

In squadra come va?

Mi trovo molto bene, c’è tranquillità anche fra compagni, ma al contempo si lavora davvero al massimo livello. Il mio obiettivo principale di questa parte di stagione saranno le prime classiche del Belgio, dove non ci saranno Pedersen e gli altri, che entreranno in azione più avanti.

Stai parlando di Het Nieuwsblad?

Quelle lì e tutte le classiche fiamminghe che portano al Fiandre. Per allora dovrò tirare fuori un po’ di gamba e sono sicuro che arriverà. Andrò all’Algarve e troverò caldo e tappe lunghe che mi torneranno utili, anche per la Strade Bianche in cui mi piacerebbe farmi vedere.

Baroncini e Tiberi, due italiani giovani che hanno scelto la Trek-Segafredo per crescere
Baroncini e Tiberi, due italiani giovani che hanno scelto la Trek-Segafredo per crescere
Come è cambiata rispetto allo scorso anno la quotidianità alle corse?

Mi sembra tutto molto più rilassato. Le tappe partono più tardi, quindi la sveglia è tranquilla. Troviamo tutto pronto sul bus, possiamo lasciare su le scarpe e il casco che da dilettanti dovevamo portarci in albergo. Il bus è davvero una seconda casa, ha tutti i comfort…

Che effetto fa arrivare ai raduni e vedere la gente che vi aspetta?

E’ divertente, ci pensavo l’altro giorno. Li vedi sotto che fanno quelle facce di ammirazione e incuriosite. Ci fa sentire importanti.

I francesi sanno presentare bene i corridori, quante volte hanno raccontato del tuo mondiale?

Ogni giorno alla partenza, nell’intervista, e questo viene davvero apprezzato molto dal pubblico. Io sono un freddo, certe cose fanno piacere, ma per fortuna non si trasformano in pressione. Mi fanno sorridere, però.

Sul bus si fa anche la riunione prima di partire?

L’abbiamo fatta tutti i giorni tranne l’ultimo. Tatticamente ci siamo giocati la doppia opzione di Pedersen all’inizio e poi di Skujins che è stato bravo a rimanere in classifica. Sapevamo che nell’arrivo in salita Mads non avrebbe retto.

A proposito di crono, l’hai fatta forte o per portare la bici al traguardo?

L’ho fatta forte, non avevo mai spinto tanto forte con la nuova bici. Ho avuto buone sensazioni e buoni wattaggi, certo non al livello di Ganna (Filippo ha chiuso a 1’15” dal piemontese che ha vinto, ndr), ma sapevo che avrei sofferto perché 5 chilometri per me sono pochi. Distanza da prologhi, in cui soffro sempre. Ma voglio lavorarci, dedicarmi ad aumentare la capacità lattacida. Invece nelle crono lunghe per ora posso difendermi meglio e quella dell’Algarve sarà lunga 32 chilometri e sono curioso di provarci.

Nella crono, Baroncini ha pagato dazio a Ganna, ma i 5 chilometri erano pochi per le sue qualità
Nella crono, Baroncini ha pagato dazio a Ganna, ma i 5 chilometri erano pochi per le sue qualità
Come va sulla bici?

Bene, ho riportato le misure e non ho pensato di cambiarle, perché mi sembrano a posto così.

C’è stato un giorno di crisi vera?

Il terzo. Ho tirato e poi sono stato il primo a staccarmi. Mancavano 25 chilometri e ancora due salitelle. Ho sudato freddo. Ho continuato. E poi per fortuna ho incontrato Oliveira e Lawless e ho capito che con loro sarei rimasto nel tempo massimo. Anzi, mi dicevano di andare più piano, che non serviva tirare tanto…

Ti sei rimboccato le maniche?

C’è da lavorare, ma c’è anche una buona base. So in cosa devo migliorare. Nella sfiga di aver anticipato il debutto, sono contento perché ho rotto il ghiaccio. E adesso ho i primi riferimenti e le idee più chiare.