Simone Petilli in azione. BETTINI

Simone Petilli in azione. BETTINI

Ha il dono della giovinezza (21 anni) e della leggerezza (scalatore). E ha anche la forza dei propri sogni. Simone Petilli, lombardo e lacustre di Dervio, al suo secondo anno da professionista: pronti-via.

Petilli, il 2014?
“L’esordio a Donoratico: finito la corsa, ho capito che qui non si scherza, perché quando il gruppo apre il gas, si fa fatica perfino a rimanere a ruota. La seconda a Laigueglia: entrato nella fuga, mi era sembrato di avere già quasi vinto. La gioia alla Coppi e Bartali: 11° nella generale e 1° nella classifica riservata ai giovani. La delusione alla Vuelta Castilla e Leon: l’ultimo giorno è stato storto e sono uscito dai primi 20 della generale. L’amarezza al Giro di Slovenia: 18° nella generale e secondo fra i giovani, ma dietro a Yates. La scoperta alla Vuelta Colombia: 11 tappe, mai facili tra altura e ritmo, ne sono uscito più forte e maturo. Chiuso con Agostoni, Tre Valli Varesine, Milano-Torino, Emilia e Beghelli. In tutto 45 giorni di corsa”.

E il 2015?
“Cambiato squadra, da Area Zero-D’Amico alla Unieuro-Wilier-Trevigiani, con Carboni, Chinello e Tecchio. Sempre a livello Continental, però con un calendario più ricco e anche con qualche corsa internazionale fra gli Under 23. Esordio con la squadra a Donoratico, ma prima, con la maglia della Nazionale, al Tour de San Luis, in Argentina”.

Il contatto azzurro?
“Con Marino Amadori, il c.t. degli Under. Un’opportunità fantastica, anche per il mio compagno di squadra Ballerini. Così ho anticipato la preparazione invernale per fare bella figura. Da un mese palestra, camminate in montagna e mountain bike, da due settimane, tutti i giorni, in bici su strada”.

Continental: che ciclismo è?
“Siamo dei quasi professionisti, con la possibilità di correre ancora fra i dilettanti ma intanto di acquisire esperienze fra i professionisti. E così capire se, in questo mondo a pedali, c’è posto anche per noi”.

Lei che cos’ha capito?
“Che ci posso stare. E questo mi rende felice. Ho scoperto di poter tenere la distanza e di poter contare sul recupero, due caratteristiche importanti per le corse a tappe”.

E i grandi?
“Di Cancellara mi ha impressionato la classe: non passa mai inosservato. Di Contador mi ha stupito – per così dire – il magnetismo: tutti sembrano correre su di lui. E di Nibali mi ha colpito la tranquillità: sa dove stare. Ma quando, alle Tre Valli Varesine, è caduto pochi metri davanti a me, e sono riuscito a schivarlo per poco, ho pensato che nessuno è invulnerabile”.

Sempre innamorato della bici?
“Quando ti prende, non ti molla più”.