| 30/03/2011 | 09:04 Federico Rocchetti non andrà col papà a montare serramenti e neanche a fare panini, almeno per un po’. «Non ci speravo quasi più, invece è arrivata la chance che ogni giovane ciclista sogna. Lo scorso anno mi sono laureato campione italiano Elite e ho vinto l’Oscar tuttoBICI: il contratto ha coronato il sogno di una vita». Hai 25 anni, sei bergamasco e hai esordito con la De Rosa Ceramica Flaminia ma facciamo un passo indietro: da dove nasce la tua passione per la bicicletta? «Mi sono avvicinato al ciclismo per imitare mio fratello Massimo. Ho iniziato a correre da G1, ma se avessi potuto avrei iniziato anche prima». Cosa rappresenta il ciclismo nella tua vita? «È la mia vita. Da piccolo era un divertimento, uno sport come un altro per tenermi in forma. Anno dopo anno la passione è cresciuta e da quando mi sono diplomato è un impegno a tempo pieno, un lavoro a tutti gli effetti». Che atleta sei? «Sono abbastanza completo, vado piano su tutti i terreni. A parte gli scherzi, non sono un super in nessuna specialità ma me la cavo bene dappertutto. Ho buone doti in discesa, devo migliorare nelle cronometro». Che persona sei? «Sono parecchio introverso. Con chi non conosco faccio fatica a lasciarmi andare; per farti un esempio, rilasciare questa intervista mi imbarazza non poco». Qual è stata la tua vittoria più importante? «Senza dubbio il campionato italiano vinto a Motta di Livenza, che mi ha dato la possibilità di arrivare al professionismo. Altrettanto importante è stata la prima vittoria tra gli Under 23: il 1° maggio di tre anni fa ha segnato una svolta nella mia carriera. Ero al 4° anno da dilettante, in base ai risultati ottenuti avrei deciso se continuare a gareggiare o appendere la bici al chiodo, la vittoria mi ha dato la motivazione di cui avevo bisogno per continuare a crederci». Dopo la maglia tricolore “quel giorno” è arrivato. «Sì, a settembre ho avuto una soddisfazione paragonabile alla vittoria tricolore. Grazie al lavoro del mio procuratore Fabio Perego ho firmato un contratto con la De Rosa Ceramica Flaminia, il che mi rende davvero orgoglioso. Quando ho avuto la buona notizia non stavo più nella pelle». Sei anni tra i dilettanti ad aspettare che qualcuno si accorgesse di te, ma ne è valsa la pena. «I primi tre anni mi allenavo la metà degli altri perché andavo ancora a scuola (diplomato in Ragioneria), poi ho avuto un po’ di problemi fisici, ma non ho mai mollato. Nel 2009 ho vinto sei corse, ma non ho ricevuto alcuna proposta: ormai non credevo di farcela a diventare un prof, ma non ho mai mollato. In molte occasioni mi è passata per la testa l’idea di smettere, per fortuna ho tenuto duro e ho trovato qualcuno che crede in me. Spero di ripagare la fiducia». Quali sono i primi obiettivi che ti sei prefissato? «Su tutti, capire a cosa posso puntare e imparare il mestiere. Sono felice di essere in una squadra di giovani, abbastanza piccola e che non prenderà parte a tante corse internazionali perché credo che la miglior cosa sia crescere gradualmente. La storia è piena di ragazzi che catapultati in un mondo totalmente diverso da un giorno all’altro si sono persi; io posso ritenermi fortunato perché ho trovato una squadra in cui poter maturare con serenità, senza troppe pressioni». Che gara ti piacerebbe vincere? «Non ne ho idea. Fossi un fenomeno ti direi un Giro d’Italia o un Lombardia, ma conosco i miei limiti quindi volo basso. A piccoli passi vedrò dove posso arrivare. Certo una tappa al Giro sarebbe un bel traguardo». Quale atleta vorresti emulare? «Guerini è un atleta da prendere come esempio. È una persona seria, umile e che andava davvero forte. Avvicinarmi a quanto ha fatto lui per me sarebbe il top». Come ti vedi in futuro? «Non sono mai stato un campione, quindi mi vedo un buon gregario: un atleta che in gruppo fa il suo dovere, che lavora bene e che qualche soddisfazione personale può togliersela». Se non fossi diventato ciclista, cosa pensi avresti fatto? «Mi sarebbe piaciuto fare il fornaio, ma non ho idea di come si facciano i panini. Più probabilmente avrei fatto l’operaio, sarei finito con mio papà e mio fratello a montare serramenti. In realtà, a parte andare in bici, non so fare nulla: come avrai capito non ho le idee chiare sul mio futuro». di Giulia De Maio da tuttoBICI di Marzo
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