E Selvaggi adesso
aiuterà il migliore

La stagione 2010 sta per cominciare. Squadre, raduni, preparazione, programmi... E c’è chi è passato dall’incubo della disoccupazione al sogno di correre con Alberto Contador. È il caso di Mirko Selvaggi

MILANO, 10 gennaio 2010 - Dall’incubo al sogno, dalle stalle alle stelle, dall’inferno al paradiso. È la favola che sta vivendo Mirko Selvaggi, 24 anni, toscano di Pieve a Nievole, nel 2008 alla svedese Collstrop, nel 2009 alla fallita Amica Chips, nel 2010 alla corazzata Astana.

Selvaggi, dall’inferno...
"Prima lo scioglimento della squadra per motivi economici. Poi una caduta in allenamento, frattura del radio e dell’ulna, insomma del polso sinistro, operazione chirurgica, una placca con 11 viti che mi toglieranno solo alla fine di quest’anno. Dico la verità: ero proprio giù di corda".

...al paradiso.
"Per me il Natale è arrivato con più di un mese in anticipo, e con un magnifico regalo. Il 17 novembre ricevo una telefonata, è ’Martino’, Beppe Martinelli, il mio direttore sportivo all’Amica Chips. ’Preparati’, mi fa, ’domani si firma’. Vero: il giorno dopo mi arriva, per email, il contratto con l’Astana, lo stampo, lo firmo, lo rispedisco immediatamente via corriere".

Poi?
"Il primo raduno a metà dicembre. È qui che incontro Contador. Non me lo aspettavo, non me lo immaginavo così, ma è un ragazzo semplice, disponibile, cordiale, alla mano. Come se non avesse vinto, non dico due Tour e un Giro — e come li ha vinti — e tutte le altre corse, ma neanche una corsetta. Presentazione di tutti i corridori, ci stringiamo la mano, mi capita anche di sedermi a tavola vicino a lui, parliamo anche. Lui capisce benissimo pure l’italiano".

""Non mi aspettavo un Contador così alla mano""

Per uno così...
"...si darebbe anche l’anima. Come minimo. Confidando anche nel mio metro e novantaquattro, cercherò di essere all’altezza della situazione".

La sua situazione?
"Nonostante la stagione gettata via, non ho mai smesso di pedalare. Dopo la frattura, ho continuato ad allenarmi, sia in palestra sia sulla strada. Facevo il corridore anche se non correvo, ma sperando. Devo dire grazie a ’Martino’, mi ha regalato proprio una bella opportunità, anzi, più che bella, bellissima, anzi, più che bellissima".

Programmi?
"Anche qui, da non credere se si pensa che la squadra conta su 28 corridori, tutti di alto livello. La prima parte della mia stagione sarà intensissima. Debutto a Besseges, poi il Giro del Mediterraneo, esordio italiano al Laigueglia, quindi Strade Bianche, Tirreno-Adriatico, Milano-Sanremo, il Nord con la Tre Giorni di La Panne, la Gand-Wevelgem, il Giro delle Fiandre e la Parigi-Roubaix, infine il Giro di Romandia".

E il Giro d’Italia?
"Dopo il Romandia si farà il punto della situazione. Per me correre il Giro sarebbe il massimo. Il capitano sarà Alexander Vinokourov".

Lei, gregario?
"Ovviamente sì. Non sono un vincente, non sono abituato a vincere né a lottare per vincere. Ma mi piace aiutare, lavorare, fare l’uomo-squadra, essere un uomo-squadra".

Che cosa chiede al 2010?
"Da adesso in poi non chiedo più nulla, se non la salute. Devo solo dare".

""La corsa più bella è il Fiandre, sembra un concerto di Vasco Rossi""

Dunque?
"Tutto questo è un grande stimolo per allenarmi con coscienza e serietà. Se devo seguire le mie tabelle, preferisco essere da solo. Se faccio la distanza, allora mi unisco agli altri della zona. Io e Fabio Sabatini che veniamo da Montecatini, Manuele Mori ed Enrico Magazzini che arrivano da Fucecchio, punto d’incontro a Stabbia, uno dei tre angoli di quello definito ’il Triangolo delle Bermuda’. Altri compagni di allenamento: da Nibali a Bernucci, da Anzà a Ginanni...".

Un bel gruppo.
"E d’estate, quando si passa davanti alla gelateria di Paolo Fornaciari, noi urliamo e lui risponde. Qualche volta ci scappa una sosta e un cono".

Rispetto agli altri anni?
"Per me l’inverno è fatica, è palestra, è bici da corsa ma è anche mountain bike, che insegna a guidare, soprattutto in discesa, e che aiuta la forza, e che allena più muscoli, e che offre la possibilità di trovare percorsi stupendi".

Selvaggi, la corsa più affascinante?
"Il Fiandre. Un ambiente, un’atmosfera... Il clima no: pioggia e vento. Quando si va sul palco a firmare, e poi ci si gira verso la piazza, vedi una folla pazzesca. Come essere a un concerto di Vasco Rossi. In Belgio il ciclismo è rock. Il ciclismo è in Belgio quello che il calcio è in Italia".

Marco Pastonesi © RIPRODUZIONE RISERVATA

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